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Il Foglio Rassegna Stampa
19.07.2021 Che cosa insegna la storia di Mila
Analisi tratte dal Figaro e dall'Express

Testata: Il Foglio
Data: 19 luglio 2021
Pagina: 5
Autore: la redazione del Foglio
Titolo: «'Il calvario di Mila è il prezzo della nostra pusillanimità collettiva' - 'Si continua a bruciare le ragazze in nome del bene'»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 19/07/2021, a pag. V, l'analisi dal Figaro dal titolo 'Il calvario di Mila è il prezzo della nostra pusillanimità collettiva'; l'analisi dall' Express dal titolo 'Si continua a bruciare le ragazze in nome del bene'.

Ecco gli articoli:

'Il calvario di Mila è il prezzo della nostra pusillanimità collettiva'

Mila (16) noemde de islam een 'schijtreligie', nu heeft ze de hele dag  politiebescherming nodig | Trouw
Mila

“Abbiamo vinto e vinceremo ancora". La giovane Mila era splendente di emozione e di dignità davanti alle telecamere, al termine del processo dei suoi molestatori, racconta Céline Pina, fondatrice del movimento "Viv(r)e la République". "Le immagini di questa giovane ragazza ritta in piedi, nonostante la violenza dell'ingiustizia che si è abbattuta su di lei e la realtà delle minacce che la tormentano, erano commoventi, così come il sorriso allo stesso tempi fiero e protettivo del suo avvocato (Richard Malka, storico avvocato di Charlie Hebdo, ndr). Ma ciò non toglie che la sentenza abbia lasciato un gusto amaro. Anzitutto perché nessuno dei condannati sembra aver preso coscienza dei suoi atti. Ma anche perché non fa arretrare nessuna delle minacce che incombono su Mila. Se persino una ragazzina, per una frase infelice su un social network che riguarda Allah o Maometto, è presa come bersaglio in nome dell'islam e si fa perseguitare da un gruppo di pazzi furiosi, è lei che sarà distrutta e il vostro governo, così come la giustizia, daranno l'impressione di trattarlo come un fastidioso fatto di cronaca. Ma il peggio è che, da quattro a sei mesi con la condizionale, è una pena simbolica. Vista la loro mancanza di presa di coscienza, questa pena è letteralmente e realmente insignificante per la maggior parte di loro. In compenso, la distruzione della vita di Mila è reale. Così come la loro partecipazione a questo violento raid sui social network In spregio alla realtà dei fatti, questi dichiarano persino di ignorare l'esistenza di un raid contro Mila, nonostante la maggior parte vi abbia partecipato dieci mesi dopo lo scandalo provocato dal video, quando l'affaire agitava ancora i social (...). Il problema è che questi accusati (tranne uno) restano convinti di aver ragione. Ritengono che il loro atto sia legittimo e non vedono perché debbano dare risposte per quanto fatto. Durante il processo sono stati limpidi. Ai loro occhi Mila è `razzista', dunque merita l'inferno sulla terra e si sono incaricati di mettere in pratica la sentenza. Ognuno porta la propria pietra per lapidarla meglio, ma siccome è l'accumulazione che ferisce e finisce per uccidere, spiegano beatamente che la loro pietra non è la più importante. Sono tanto piccoli quanto vigliacchi. Nonostante il processo e il dolore di Mila e della sua famiglia, sono incapaci di scusarsi e continuano con le loro squallide giustificazioni. Vivono la condizionale come un modo per scusarli, come se la società, attraverso la voce del procuratore, dicesse loro che in fondo tutto ciò non è così grave... E il messaggio è stato perfettamente recepito. C'è da dire che i molestatori hanno capito che non rischiavano molto fin dalla requisitoria. Il risultato non si è fatto attendere: nel bel mezzo del processo, Mila ha ricevuto una nuova scarica di minacce (...). Il razzismo, che è un rifiuto di accordare l'uguaglianza, non ha nulla a che vedere con la blasfemia. La quale, in quanto critica virulenta di una religione, rientra perfettamente nel diritto e non dovrebbe suscitare alcun dibattito serio in un paese in cui la libertà d'espressione è uno dei pilastri della società politica. Questa argomentazione che giustifica e scatena la collera, e facilità anche l'attacco sui social, non nasce dal nulla. E' l'islam politico, coadiuvato dai suoi sostenitori in una parte della sinistra, a diffondere questo modo di trasformare lo sforzo di sopportazione, imposto dall'esistenza della libertà d'espressione per tutti, in violenza nei confronti di un gruppo. Intrattenendo questa storia, alimentano la vittimizzazione, giustificano la violenza e allo stesso tempo favoriscono tutte le rivendicazioni. Questa influenza dell'islam politico è constatata dagli insegnanti della scuola della République, poiché il 50 per cento di essi dichiara di censurarsi durante le lezioni. L'istituzione, tuttavia, non la contrasta (...). La scuola è l'immagine della nostra società e il calvario di Mila è il prezzo della nostra pusillanimità collettività. Per ora, la parte che dà il tono e ha accesso ai media fa finta di non capire che ciò che sta accadendo a Mila è indegno di un paese civile, e che, anche se sono incoscienti, i suoi molestatori sono dei barbari. Barbari che prosperano solo perché siamo incapaci di emettere collettivamente un giudizio potente su questa storia, che non ha nulla di un fatto di cronaca e che è rivelatrice non solo della nostra epoca, ma anche del peso delle rappresentazioni dell'islam politico".

'Si continua a bruciare le ragazze in nome del bene'

Live voice (s) - Literature:
Richard Malka

Narcisismo dei social network, antirazzismo deviato... L'avvocato Richard Malka ripercorre l'affaire Mila ed esorta: "Bisogna continuare la battaglia. Bisogna proteggere la luce anche quando l'oscurità vince".
L'Express: "E' stato molto criticato il silenzio di figure e associazioni neofemministe, abitualmente più reattive a impegnarsi contro le cybermolestie o l'omofobia, di cui è stata vittima Mila fin dall'inizio. Come interpreta questo silenzio?".
Richard Malka: "Nel migliore dei casi, si tratta di vigliaccheria. Di paura mascherata da un atteggiamento benpensante. E nel peggiore dei casi, si tratta di un'adesione opportunistica allo spirito del tempo. Alcune femministe fanno carriera dicendo: 'Je ne suis pas Mila'. Ci si sente a posto con la coscienza e si fa parlare di sé a spese di questa giovane ragazza. In realtà, avanzano soprattutto le tenebre. Queste persone riescono curiosamente a convincersi di essere progressiste, legittimando, con il loro rifiuto di reagire e il loro barcamenarsi, il terrore imposto a un'adolescente. Non so come facciano".

EX: "Non c'è forse un malinteso attorno agli slogan `Je suis Mila' o `Je suis Charlie'? Non vuole dire necessariamente che si è d'accordo, né che si `simpatizzi' con Mila o Charlie Hebdo, ma che si considera, anzitutto, che ció che fanno o dicono non è illegale, e che in nessun caso "meritano" di essere molestati o uccisi...".
RM: "Giusta osservazione... E distante anni luce dal grado di riflessione di quelli che si esprimono, delirando, su internet (...). Quando si dice `Je suis Charlie', non vuol dire naturalmente che si apprezza il contenuto del giornale: nessuno lo chiede. Ció significa semplicemente - e vale la stessa cosa per Mila-che si aderisce a dei princìpi che hanno fondato la nostra società, la nostra Repubblica, il nostro modo di vivere. Che si riconosce che la critica delle religioni è libera, totalmente libera, perché siamo in un paese laico, e non in una teocrazia. Bisogna essere coerenti: se si vuole andare a vivere in un paese dove la blasfemia è severamente punita, si puó fare perché ce ne sono. Penso al Pakistan o all'Iran. Ma non sono sicuro che i giovani che insorgono contro Mila o Charlie Hebdo possano esprimersi nello stesso modo in queste società. In ogni caso, non è la nostra cultura né il nostro sistema giuridico. Aggiungerei che ogni persona può opporsi al diritto alla blasfemia, ma democraticamente, militando per la soppressione di questo diritto, ma non minacciando, molestando e ancora meno uccidendo!".

EX: "Il processo ai molestatori di Mila ha dato luogo a una sorta di battaglia delle narrazioni. Alcuni commentatori hanno messo in avanti la grande diversità dei profili culturali e religiosi degli accusati per affermare che si tratta di derive `usuali' dei social, senza alcun rapporto con l'ideologia. Altri sostengono che la giustizia abbia `selezionato' dei profili per insabbiare la questione dell"islamismo'. Cosa ne pensa?".
RM: "La quasi totalità degli accusati citava frasi che Mila non aveva mai pronunciato. Certo, non leggono i giornali, non consultano nemmeno Wikipedia (...). La loro unica fonte di informazione sono i trending topic su Twitter. Ma c'è anche un pervertimento totale dell'antirazzismo. Tutti i molestatori, senza eccezione, affermavano di agire in nome dell'antirazzismo. Un 'antirazzismo', dunque, che permette loro di voler lapidare e linciare un'adolescente di sedici anni e mezzo per delle frasi che non ha pronunciato... Voi mi direte, il paradosso non è nuovo: è in nome del bene che un tempo venivano bruciate le `streghe'. Si continua a bruciare le ragazze in nome del bene. Ad ogni generazione, `il male cambia volto', ci dice la Bibbia. Il male di questa generazione è forse questo. Una fonte di violenza, ad ogni modo".

EX: "Ció non va anche oltre lo scontro tra teocrazie e regimi laici? Dai tempi di Voltaire e della sua battaglia in favore del cavaliere de La Barre, decapitato per blasfemia, la Francia è da sola su questa questione. Ancora oggi, Charlie o Mila sono simboli incomprensibili per gli anglo-sassoni...".
RM: "Siamo stretti tra l'islam politico che fa proseliti e il pensiero anglosassone estremamente virulento nei nostri confronti. Siamo effettivamente soli nel mondo. Gli uni e gli altri parlano di `diritto al rispetto': questa nozione folle è tossica. Dicono `diritto al rispetto', ma non rispettano nulla. E tanto per cominciare: `in nome di Dio', non rispettano la vita umana. Dicono `rispetto' come se fosse un codice mafioso. Tra l'altro, per molti, non è rispetto ma paura. Il rispetto è la fraternità. Non ho mai visto qualcuno proferire minacce di morte per fraternità... Dunque sì, siamo abbastanza soli nel mondo. E dunque? Forse è proprio la ragion d'essere di questo popolo apportare al mondo un pensiero umanista, che permetta di vivere insieme. Che fa sì che ci concentriamo su ció che ci unisce e non su ció che ci distingue".
(Traduzione di Mauro Zanon)

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