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La Repubblica Rassegna Stampa
18.07.2021 Iran senza acqua, torna la protesta contro il regime
Cronaca di Gabriella Colarusso

Testata: La Repubblica
Data: 18 luglio 2021
Pagina: 13
Autore: Gabriella Colarusso
Titolo: «In piazza perché manca l’acqua la rivolta che scuote l’Iran»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 18/07/2021, a pag.13, con il titolo "In piazza perché manca l’acqua la rivolta che scuote l’Iran", la cronaca di Gabriella Colarusso.

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Gabriella Colarusso

Iran to Use Ancient Remedy for Its Water Crisis | Iran Front Page
Siccità in Iran

Da quattro giorni il Sud-Ovest dell’Iran è in rivolta per la mancanza d’acqua, una crisi dovuta alla siccità e ai cambiamenti climatici che hanno colpito le zone umide della mezzaluna fertile, ma anche agli interventi infrastrutturali che negli anni hanno deviato il corso di fiumi e paludi, drenando le risorse idriche, e alla corruzione. Il Khuzestan è una provincia al confine con l’Iraq, è il cuore petrolifero del Paese, dove vivono diverse minoranze etniche, soprattutto arabi. Giovedì scorso sono iniziate le prime manifestazioni ad Ahvaz, il capoluogo della regione, contro il razionamento dell’acqua e il blocco di alcune centrali idroelettriche che ha ridotto le forniture di energia. Le proteste si sono estese ad altre città e nella notte tra venerdì e sabato un manifestante è stato ucciso a Shadegan, a circa 100 km da Ahvaz. Le autorità sostengono che la vittima, un ragazzo sulla trentina, sarebbe stato colpito da altri manifestanti. L’agenzia di stampa governativa, la Yjc, sostiene che nei cortei ci fossero membri di un gruppo separatista arabo che è considerato una organizzazione terroristica dal governo iraniano, ma l’opposizione accusa invece le forze di sicurezza di aver sparato sulla folla. Nelle immagini condivise sui social, che non è stato possibile verificare in maniera indipendente, si vedono le forze di sicurezza circondare i manifestanti mentre bruciano degli pneumatici per bloccare le strade. Gli agenti indossano elmetti e tute mimetiche. Ci sono notizie anche di una seconda vittima, al momento non confermate. Venerdì il governo ha inviato una delegazione nella regione per provare a mediare con i manifestanti ed evitare che la situazione esploda. Il dossier per ora è nelle mani del vicepresidente iraniano, Eshaq Jahanguiri, un riformista che si era candidato alle ultime elezioni presidenziali ma è stato escluso dal consiglio dei Guardiani. Nei mesi scorsi il ministro dell’energia, Reza Ardakanian, aveva attribuito la mancanza d’acqua alla "più grave siccità da 50 anni".

Il cambiamento climatico, il riscaldamento delle temperature e la crescita della popolazione nelle aree urbane, che ha fatto aumentare i consumi, sono alcune delle ragioni alla base della crisi idrica. Ma le cause hanno a che fare anche con l’intervento umano e le politiche infrastrutturali e industriali che hanno alterato l’ecosistema della zona aprendo un fronte politico anche con il vicino Iraq, che con l’Iran condivide non solo i giacimenti di petrolio ma anche i corsi d’acqua. Il livello dell’acqua nelle zone umide di Horolazim e Shadegan, così come nei fiumi Karun, Karkheh e Jarrahi si è progressivamente abbassato mentre è aumentato l’inquinamento. L’industria estrattiva ha drenato risorse idriche, così come la coltivazione della canna da zucchero, avviata già agli inizi degli anni ‘60; ma un elemento che ha influenzato profondamente l’ecosistema dell’intera provincia è stata la costruzione di numerose dighe, che hanno lasciato i letti dei fiumi asciutti aumentando la salinità dell’acqua e della terra. Come per Iraq, che soffre una crisi idrica ed energetica simile a quella del Sud-Ovest iraniano, l’acqua sta diventando in Iran una questione anche di sicurezza e un fattore di instabilità politica. Per giunta in una zona attraversata già da tensioni molto forti. Da fine giugno i lavoratori del settore petrolifero e petrolchimico nel Khuzestan hanno dato vita a una serie di scioperi per chiedere salari più alti e migliori condizioni contrattuali. Si tratta soprattutto di lavoratori precari ai quali si sono uniti però anche altri operai dell’indotto che accusano il governo di non redistribuire equamente la ricchezza generata dal petrolio. Due crisi che saranno il primo banco di prova per Ebrahim Raisi, l’ultraconservatore che è stato eletto presidente il 18 giugno nelle elezioni con la più bassa partecipazione al voto nella storia della Repubblica islamica.

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