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Avvenire Rassegna Stampa
16.07.2021 'Il sole dei morti', di Ivan Smelėv
Recensione di Alessandro Zaccuri

Testata: Avvenire
Data: 16 luglio 2021
Pagina: 1
Autore: Alessandro Zaccuri
Titolo: «Ivan Smelėv, la veritą che grida e bisbiglia»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 16/07/2021 a pag. 1, con il titolo "Ivan Smelėv, la veritą che grida e bisbiglia", la recensione di Alessandro Zaccuri.

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Alessandro Zaccuri

Il sole dei morti - Smelev, Ivan Sergeevic - Ebook - EPUB con Light DRM |  IBS
La copertina (Bompiani ed.)

L’ora della rivoluzione č arrivata anche in Russia, ma non č andata come previsto.Al posto della libertą, una nuova oppressione. Al posto dell'uguaglianza, altre ingiustizie. Al posto della prosperitą promessa, la fame che incattivisce e uccide, perņ almeno non fa distinzione. In Crimea, nel biennio terribile 1920-1921, la carestia č ovunque, nelle ville dei signori e nelle case dei contadini. Si sopravvive come si pub, quando si pub. Abbrustolendo i semi dell'uva e macinando mandorle, mungendo gli ultimi residui di latte dalle mucche ischeletrite e sperando che il capretto, fattosi grande, dia abbastanza grasso per superare il prossimo inverno. A meno che qualcuno non se la rubi prima, quella bestia prodigiosa. E allora gił con le lacrime e con le maledizioni, avanti con le recriminazioni e le accuse. Di questa umanitą disperata fa parte Ivan Smelėv, che prima della Rivoluzione di Ottobre era uno scrittore di successo e dell'epopea bolscevica, per un momento, aveva immaginato di poter diventare il cantore. Adesso č come imprigionato nella sua dacia in Crimea, costretto a giustificarsi perfino dei libri in suo possesso. Che sono, tra l'altro, i libri che lui stesso ha scritto, ma nel regime comunista esistono solamente regole, non eccezioni. Anzi, no: le eccezioni sono contemplate, ma vanno tutte a favore del caporione di turno e della sua banda di razziatori e fracassatori. Dove passano loro, non resta che desolazione. «L'immondezzaio incombe, dilaga- annota Smelėv-. C'č modo di sfuggirgli? Sģ, nel Nulla».

Ivan Shmelyov - Wikipedia
Ivan Smelėv

Parole tanto pił tremende se si considera che l'autore non era affatto un nichilista. Devoto alla tradizione ortodossa, Smelėv (che era nato a Mosca il 3 ottobre 1873) mori improvvisamente nei pressi di Parigi il 24 giugno 1950, nel medesimo giorno della sua ammissione in monastero, alimentando una sorta di pia leggenda che fa di lui un santo e, forse, addirittura un martire. In esito in Francia dal 1923, all'indomani della Seconda guerra mondiale si era dovuto difendere dall'accusa di collaborazionismo per aver pubblicato una serie di articoli sull'unico giornale in lingua russa attivo a Parigi e controllato, come prevedibile, dagli occupanti nazisti. Anche in quell'occasione, Smelėv si era rifatto, in maniera tanto sincera quanto ingenua, a una motivazione spirituale: «Sia pure attraverso un foglio nemico - aveva sostenuto - intendevo "bisbigliare" la veritą ai miei lettori». Si tratta, in definitiva, dello stesso compito che viene assolto da Il sole dei morti, uno dei capolavori di Smelėv, ammirato a suo tempo da Thomas Mann e finora mai pubblicato in Italia, nonostante una traduzione fosse in cantiere gią nel lontano 1937, con un ritardo comunque considerevole rispetto all'edizione originale, apparsa in Francia nel 1923. ll libro esce ora da Bompiani, magnificamente curato da Sergio Rapetti, lo studioso (e animatore editoriale) al quale si devono contributi fondamentali alla conoscenza della letteratura russa contemporanea, a partire dall'opera di Solzenicyn. ll sole dei morti č, appunto, la cronaca dei mesi terribili trascorsi dallo scrittore nella Crimea dilaniata dalla miseria e dal sospetto. Ed č un libro che non bisbiglia: grida. Č il diario di una solitudine, appena mitigata dalla presenza accennata della moglie, ma resa ancora pił acuta dall'apprensione per la sorte del figlio, che ne frattempo č gią stato liquidato come controrivoluzionario. Del resto, basta poco per essere bollati come nemici del popolo. La colpa di Smelėv e dei suoi compagni di sventura, infatti, consiste sostanzialmente nel trovarsi a soggiornare in una localitą considerata un ricettacolo di borghesi (non per niente, una ventina di anni prima Cechov aveva ambientato La signora con il cagnolino tra gli alberghi lussuosi e le spiagge indolenti di Jalta). Smelev sopporta pił degli altri, e non soltanto perché pub fare affidamento su qualche gallina non meno tenace di lui. Da scrittore e da credente, contempla il Nulla che incombe, ma non se ne lascia conquistare, neppure quando il mistero della Nativitą di Cristo sembra profanato dall'apparizione di un «bambino-morte», senza dubbio la pił straziante fra le numerose figure infantili che si affacciano durante il racconto, spesso per domandare una briciola di pane o per annunciare un'ulteriore sventura. Anche in questo universo devastato, perņ, la Provvidenza trova modo di manifestarsi, per esempio attraverso il dono inatteso recapitato per conto di un vecchio tataro poco disposto a fare distinzione fra il Dio dei cristiani e l'Altissimo del Corano. Smelėv č fin troppo consapevole di vivere in un tempo apocalittico, la minaccia dell'Anticristo č troppo evidente per poter essere ignorata. Eppure, a suo modo, lo scrittore non smette di sperare nella Risurrezione. Non diversamente da lui si comporta l'amico medico, quello che a Londra aveva comprato un orologio nella convinzione che, presto o tardi, avrebbe segnato l'avvento della rivoluzione. Ora che tutto č compiuto, ha trasformata in bara per la moglie l'angoliera nella quale la defunta conservava le sue confetture preferite. Chissą che colpo di scena, ripete, quando alla fine dei tempi lei se ne uscirą dall'armadio, tutta profumata di albicocca: «Lascerą a bocca aperta gli Arcangeli! E lo stesso Domineddio...».

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