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Un inafferrabile momento di felicità. Eros e sopravvivenza in Isaac B. Singer
Fiona S. Diwan
Guerini e associati euro 24
“Tornare a Singer ogni tanto fa bene, è un po’ come la lettura dei Salmi o di Leopardi: evidentemente rappresenta in Italia, non solo per gli ebrei, una cura efficace contro i mali del vivere. E per questo non invecchia mai” (Alberto Cavaglion)
Ci sono autori che non smettono mai di “parlare” ai propri lettori anche a distanza di anni dalla morte, attraverso le loro opere che – come scrive Italo Calvino – “esercitano un’influenza particolare sia quando s’impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale”. Fra questi un posto privilegiato occupa Isaac Bashevis Singer, lo scrittore ebreo polacco, premio Nobel per la letteratura nel 1978 i cui racconti e romanzi si rivelano, sempre di più con il trascorrere del tempo, tasselli insostituibili nella storia della narrativa del Novecento, capaci di incontrare da una generazione all’altra nuovi lettori. Chiunque si accosti a un racconto o a un romanzo di Singer non può che rimanere incantato dall’ironia, dalla profonda e disincantata sapienza umana che esprime e che ne fanno uno degli ultimi veri “cantastorie” dei tempi moderni.
Per questo la pubblicazione del pregevole saggio di Fiona Diwan, giornalista, studiosa di ebraismo oltre che direttrice del mensile Bet-Magazine e del sito web Mosaico, “Un inafferrabile momento di felicità. Eros e sopravvivenza in Isaac B. Singer” (Guerini e associati), è un’occasione preziosa per rivisitare l’opera di questo narratore di lingua yiddish a trent’anni dalla sua morte e dopo l’uscita postuma di due romanzi mai apparsi in volume, sebbene pubblicati a puntate anni fa sul quotidiano yiddish Forverts: “Keyla la Rossa”, edito da Adelphi nel novembre 2017 in anteprima mondiale in traduzione italiana dall’inglese e “Il Ciarlatano” uscito in Italia sempre con Adelphi nell’ottobre 2019. Entrambi erano conservati insieme a taccuini zeppi di appunti nell’Archivio Singer, allo Harry Ransom Humanities Center dell’Università di Austin nel Texas. Due opere – argomenta Fiona Diwan – “che giungono oggi a riproporre in maniera ulteriore quello che moltissimi studiosi hanno definito l’autobiografismo esasperato, quasi ossessivo, di Singer, l’intreccio indissolubile tra scrittura e vita, biografia e opera letteraria a partire dall’uso di una giostra di pseudonimi finalizzati alla costruzione di svariate personalità letterarie, per finire nel gioco di specchi con cui Singer osserva se stesso attraverso gli occhi dei propri personaggi-feticcio, ciascuno, invariabilmente, suo doppio letterario”.
Fiona Diwan Nell’opera di Singer, che riassume il senso della sua vita, il passato e il rimando costante al passato ebraico-polacco assume una funzione centrale. Gli anni della gioventù trascorsa tra Bilgoraj e Varsavia in Via Krochmalna al n. 10, quel microcosmo sfolgorante di odori, voci, storie improbabili ma di straordinaria concretezza, rimangono lo scrigno magico, il baule dal quale Bashevis continuò a trarre alimento per gran parte della sua produzione letteraria. E’ proprio dal balcone al primo piano di una casa in via Krochmalna, nel quartiere ebraico di Varsavia, che Fiona Diwan ci regala l’immagine dell’adolescente Yitzchok Singer, un punto di osservazione privilegiato da cui il futuro scrittore cattura conversazioni, assiste a litigi furibondi, a contrattazioni commerciali, osserva i bambini che giocano e i giovani che si scambiano promesse d’amore. Un’immagine che mi ha riportato alla mente il romanzo dell’autrice israeliana Rina Frank “Ogni casa ha bisogno di un balcone” (Cairo, 2005), in cui la protagonista (Rina), una bimba di origini rumene vede sfilare dalla terrazza di un quartiere povero di Haifa degli anni Cinquanta la vita di quel nuovo, strano paese che nasce dalle rovine dell’Europa e raccoglie i suoi abitanti da almeno due continenti. Tutto questo le fornirà lo spunto per le rutilanti storie dei suoi romanzi. Tornando a Singer… seguiamo fin prime pagine del saggio l’evolversi della vicenda umana dello scrittore yiddish che si trova a vivere in una casa austera e a confrontarsi con un rigorismo ebraico la cui intransigenza lo porterà a diventare un ribelle tormentato e malinconico, “uno scrittore dall’identità scissa, perseguitato dal senso di colpa per il tradimento del proprio passato chassidico e delle generazioni di mistici rabbini che l’hanno preceduto”.
Diwan sottolinea inoltre come nella vita di Singer emerga un sentimento di profonda malinconia “un senso di dissipazione e di angoscia per tutto quello che poteva essere e non era stato…quell’inafferrabile pienezza di un istante di felicità intravista e mai raggiunta”. Alla fine, anche per il più inveterato dei nichilisti non resta che l’eros, “uno dei pochi mezzi a disposizione per attutire il dolore di vivere, lenire il senso di perdita”. Nel secondo capitolo della prima parte del saggio l’autrice ci dà contezza di alcune delle numerose posizioni critiche e dei contributi di alcuni studiosi all’opera di Singer privilegiando quelli più pertinenti, per temi e argomenti, ai due romanzi recentemente pubblicati, Keyla la Rossa e Il Ciarlatano, la cui ampia trattazione occupa la seconda e la terza parte del libro. In sintesi, sono due le linee di interpretazione della sua opera: una che appartiene a studiosi yiddishisti per i quali Singer essendo un autore yiddish va letto in questa lingua per capirlo meglio, anche in virtù del fatto che le sue versioni inglesi sono vere e proprie riscritture del testo; l’altra scuola di pensiero sostiene che è legittimo leggere Singer in inglese poiché egli stesso decise di esistere in traduzione preservando la sua integrità artistica con il suo “secondo originale”, ovvero traducendo personalmente la propria opera. E’ uno studio ampio e molto articolato dell’ambientazione, della psicologia dei personaggi, dello stile narrativo quella che l’autrice riserva ai due nuovi romanzi usciti postumi in volume, Il Ciarlatano e Keyla la Rossa. Una disamina accurata nei dettagli e rigorosa dal punto di vista storico-letterario che ci fa entrare nel cuore dei romanzi con autentica emozione e spirito di osservazione, grazie ad una scrittura fluida che nonostante le tematiche affrontate trasporta il lettore nell’”officina creativa” di Singer.
Lasciamo al piacere del lettore scoprire le peculiarità dei due romanzi: Il Ciarlatano ambientato a New York all’epoca della Seconda Guerra Mondiale e pubblicato in Yiddish per la prima volta a puntate sul Forverts tra dicembre 1967 e maggio 1967 e Keyla la Rossa, una gangster-novel, genere letterario sinora mai praticato da Singer e che comunque resterà un unicum. Una storia che si dipana in un sottobosco malavitoso di scassinatori, criminali e ruffiani dapprima in una Varsavia vibrante, miserabile e stracciona e poi nel disastrato Lower East Side di New York, terra d’esilio dove emigrano i protagonisti, pubblicata a puntate sul Forverts nel 1976-1977, una data sulla quale tuttavia non tutti gli studiosi sono concordi. Assunto che nell’opera di Singer si individuano quelli che l’autore chiama i suoi due originali: quello in yiddish, la lingua in cui scriveva e pubblicava i suoi testi sui quotidiani e il “secondo originale” in lingua inglese, la cui traduzione sorvegliava attentamente, destinato ad un pubblico più ampio, Fiona Diwan sollecita il lettore con una domanda che ne racchiude molte altre. Perche Singer non ha portato a compimento la traduzione e la successiva pubblicazione in inglese dei due romanzi? La conoscenza di queste due opere può offrire una nuova prospettiva, un’angolazione inedita per valutare l’opera di questo prolifico autore e scoprire quindi un Singer “nascosto”? Sono interrogativi complessi che l’autrice affronta nell’ultima parte del saggio con rigore e sapienza narrativa analizzando le tesi dei critici, del biografo ufficiale Paul Kresh e lasciando il lettore libero di individuare le ipotesi di risposta più plausibili.
Non possiamo che essere grati a Fiona Diwan per aver esplorato con questo pregevole studio la genesi e lo sviluppo dei due romanzi inediti che consentono di rivisitare l’opera di Singer da una diversa angolatura, analizzandoli in relazione con le opere maggiori e “inseguendo, attraverso i personaggi e le loro storie, – come scrive Antonia Arslan nella postfazione – le tracce dei temi ispirativi che sono ossessivamente all’origini dell’opera di Singer”. Il saggio, arricchito dall’introduzione della studiosa Roberta Ascarelli e dalla postfazione della scrittrice Antonia Arslan, si completa con il glossario, la Cronologia della vita e delle opere di Isaac Bashevis Singer e una preziosa bibliografia che farà la gioia dei lettori appassionati della narrativa di questo scrittore immortale.
Giorgia Greco takinut3@gmail.com |
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