Afghanistan: via gli Usa, arrivano Cina e Turchia Commento di Marco Bonito
Testata:La Ragione Autore: Marco Bonito Titolo: «Goodbye America»
Riprendiamo dalla RAGIONE di oggi, 13/07/2021, a pag. 6, l'analisi di Marco Bonito dal titolo "Goodbye America".
Conosciuto come "la tomba degli imperi" — vecchio pantano per i britannici prima, per i sovietici e per gli americani poi — l'Afghanistan rischia di ripiombare nel caos. Il governo è più debole che mai. Il presidente Ashraf Ghani è stato un attore del tutto assente degli accordi di Doha (Qatar) del febbraio 2020, con cui i talebani hanno negoziato il ritiro delle truppe statunitensi dal territorio. Con gli americani, che simbolicamente abbandoneranno il campo l' 11 settembre (ma forse anche il 31 agosto) sono tornati a casa anche i militari della coalizione atlantica. La Nato ha partecipato attivamente alla missione afgana con due operazioni: l'Isaf fino al 2014 e Sostegno risoluto dal 2015, quest'ultima con il compito di addestrare le forze di sicurezza locali e favorire la transizione verso uno Stato di diritto. Ma come aveva ammesso lo stesso Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, sul campo si lasciano «molti problemi non risolti». Ed evidenti. Con il ritiro americano è ripresa l'avanzata dei talebani, gli 'studenti' delle scuole coraniche mai compresi (e anche per questo mai del tutto sconfitti) dalle potenze straniere. I ribelli in poco tempo hanno conquistato gran parte del confine con il Tagikistan e lo scalo di Islam Qala, città di frontiera con il vicino Iran, dunque uno dei principali avamposti commerciali della regione. Gran parte del nord e del nord est è sotto il loro controllo. Mentre Kabul vacilla in attesa di capire le prossime mosse dell'alleato a stelle e strisce, Cina e Turchia puntano gli occhi sul Paese montuoso dell'Asia meridionale. La Turchia, membro della Nato, fa il doppio gioco. Da un lato si muove a stretto contatto con Washington, confermando «il momento positivo — scrive la rivista "Limes" — nelle relazioni turco-americane», dall'altro lavora per inglobare Kabul nella sua sfera d'influenza musulmana. Da anni Ankara garantisce la sicurezza dell'aeroporto della capitale afgana e vorrebbe continuare a farlo anche dopo il ritiro della coalizione internazionale. Senza troppi strappi, però, perché le partite più importanti il presidente Recep Tayyip Erdogan le gioca in Siria e nel Mediterraneo. Nel frattempo la Cina, guardinga, sta sul trespolo. Ufficialmente ha definito «irresponsabile» l'abbandono americano, criticando la destabilizzazione provocata sul territorio. Il caos potrebbe avere ripercussioni in Pakistan, dove sono tanti gli interessi infrastrutturali (Belt and road iniziative) di Pechino. II Pakistan è il Paese dell'Asia centrale che ha ricevuto il maggior numero di investimenti nell'ambito del Bri. In tale contesto la Cina potrebbe — Mosca permettendo — coinvolgere maggiormente l'Afghanistan nel corridoio sino-pakistano e fare da garante nella «diplomazia regionale», come scrive Giuliano Battiston su "Ispi". Il Dragone rosso, però, farà bene a non dimenticare qual è il posto dove muoiono gli imperi.