Riprendiamo da LIBERO di oggi, 12/07/2021, a pag. 12, con il titolo 'Europa, sveglia: la Cina è un pericolo', l'intervista di Giovanni Terzi a Joey Siu.
Joey Siu
Joey Siu ha 22 anni ed è uno dei tanti volti della lotta per la democrazia, in stile "Davide contro Golia", dei cittadini di Hong Kong che si battono contro l'oppressione dell'immenso potere della Cina. Joey è attivista con l'Ong "Hong Kong Watch" da quando è stata costretta a lasciare Hong Kong, nel settembre 2020. La intervisto assieme a Laura Hart, del Comitato Globale per lo Stato di Diritto "Marco Pannella" e liaison regionale per l'Assemblea inter-parlamentare sulla Cina (IPAC). Nonostante la giovanissima età, Joey Siu ha già mostrato sacrificio personale e determinazione quando, con il suo cortometraggio "Do not split", aveva raccontato le infuocate manifestazioni di Hong Kong del 2019.
II tuo cortometraggio "Do Not Split" è stato nominato agli Oscar quest'anno, e al contempo bannato da Pechino. Cosa ne pensi? «La decisione del Partito Comunista Cinese di vietare la proiezione di "Do Not Split" sia a Hong Kong che nella Cina continentale mette in mostra il forte timore di Pechino che il suo popolo possa sapere cosa è successo e quanto sta accadendo nella comunità internazionale. Non vuole in alcun modo che il popolo possa conoscere il mondo esterno ed essere esposto ai valori condivisi dai Paesi del mondo libero: libertà, democrazia e stato di diritto. Inoltre, il divieto su "Do Not Split" è anche una evidente illustrazione della continua e crescente oppressione a Hong Kong, e molto presto sarà esattamente come tutte le altre città nella Cina continentale».
Ombre cinesi su Hong Kong
Che cosa accadrà ad Hong Kong? «Sarà bandita dai contatti con il mondo esterno, dalle informazioni fornite dai media esterni e dalla comunità internazionale».
E questo per colpa del Partito Comunista Cinese? «Si tratta davvero dell'espansione aggressiva del Pcc e della sua ambizione estrema di espandere la sua influenza in ogni angolo del mondo, in totale dispetto dell'attuale ordine internazionale basato sulle regole. Lavora intensamente per imporre il proprio ordine mondiale senza rispetto per i diritti umani, la democrazia o la libertà. Credo che il mondo stia iniziando a rendersene conto, ma non abbiamo ancora fatto abbastanza per formulare delle politiche che possano effettivamente contrastare questa espansione del governo di Pechino».
Dalle manifestazioni di oltre un milione di persone nel 2019 all'esilio nel 2020, in un anno di isolamento aggravato a causa della pandemia Covid-19. A livello personale, qual è stato l'impatto? «Quando il movimento è iniziato nel 2019, i cittadini di Hong Kong si organizzavano in mille modi tra raduni e manifestazioni in tutta la città, ogni singolo giorno. Ma a causa della crescente brutalità della polizia prima e dell'attuazione della Legge sulla Sicurezza Nazionale è diventato molto difficile o addirittura impossibile scendere in piazza o partecipare a qualsiasi tipo di raduno politico. Quando la legge sulla sicurezza è stata imposta, nel luglio 2020, ero ancora lì, e in quel momento capì che dovevo sospendere il mio attivismo internazionale perché è considerata una delle violazioni più gravi. Però speravo ancora di poter rimanere a Hong Kong, e sono rimasta per aiutare uno dei miei amici. Poi insieme ad altri attivisti e manifestanti abbiamo deciso di scappare dalla Cina perché costretti all'esilio».
E come vi state organizzando adesso? «Ci stiamo organizzando in comunità di diaspora, preparando proteste e promuovendo la causa pro democrazia nell'arena della politica internazionale. Dopo un annodi arresti continui, la settimana scorsa abbiamo visto l'apertura del primo maxi processo contro i 47 sotto la Legge sulla Sicurezza Nazional, tra cui Joshua Wong. Ci sono le paure per le torture inflitte ad attivisti come Andy Li, che era stato detenuto nella Cina continentale».
Qual è il messaggio che vorresti arrivasse oggi al mondo intero? «Vorrei che il mondo prestasse attenzione alla sorte dei prigionieri politici a Hong Kong. Quasi ogni singolo personaggio pro democrazia importante è ora o dietro le sbarre o stato costretto all'esilio. E penso a loro dietro le sbarre, a Joshua Wong, Jimmy Lai, Benny Tai... Non solo rischiano pene di reclusione oltre i dieci anni o addirittura l'ergastolo, vi è anche l'altissima possibilità che vengano estradati nella Cina continentale, dove si sa che l'unico processo possibile è tutto fuorché trasparente. Nessuno sa quali saranno le conseguenze per questi combattenti per la democrazia. Quindi, se potessi inviare un messaggio a loro nome, esorterei la comunità internazionale a far luce sulla loro sorte».
Un tuo messaggio ai compagni in carcere? «Gli vorrei dire che tutti noi - sia chi è rimasto a Hong Kong che chi è stato costretto in esilio - continuiamo a fare del nostro meglio per sostenere la lotta per la liberà e la democrazia a Hong Kong. A livello personale vorrei anche inviare un messaggio ad Andy Li che è comparso davanti al tribunale di Hong Kong pochi giorni fa. E stato molto doloroso vederlo costretto a dichiararsi colpevole di collusione con forze straniere quando sappiamo che il suo unico crimine è stato quello di spargere la voce sul movimento democratico di Hong Kong».
A seguito della chiusura forzata dell'Apple Daily, il Parlamento europeo ha adottato giovedì la sua terza risoluzione su Hong Kong dall'imposizione della Legge sulla Sicurezza Nazionale, l'anno scorso: chiede sanzioni mirate sulle autorità di Hong Kong, una fine ai trattati di estradizione e il boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi invernali a Pechino nel 2022. Ai giornalisti, una fonte della Commissione europea ha risposto che "la situazione a Hong Kong non è ancora abbastanza grave". Come gli vorresti rispondere? «Innanzitutto voglio sottolineare e ringraziare gli sforzi compiuti dal Parlamento europeo. Allo stesso tempo, le posizioni dalla Commissione europea sono stati molto deludenti, a partire dal loro rifiuto di imporre sanzioni mirate ai funzionari cinesi e di Hong Kong che violano continuamente i diritti umani. E quasi incomprensibile che ciò accada in Europa, dove così tanti Stati membri sono stati paladini dei diritti umani, dei diritti LGBTQI+ e delle questioni ambientali. Ma quando si tratta delle atrocità commesse dal Partito Comunista Cinese, molto spesso sono gli ultimi a rispondere. Non abbiamo ancora visto nessuna azione concreta dalla Commissione europea».
Fino a due anni fa, sebbene la situazione stesse deteriorando evidentemente, pochi in Occidente credevano la situazione a Hong Kong sarebbe precipitata così rapidamente. Lo stesso tenore lo sentiamo in questi giorni circa la probabilità di un azione determinata per la riunificazione con Taiwan. Cosa ne pensi, sottovalutiamo quel rischio? «Gli sviluppi in Cina tra il 2019 e oggi dovrebbero farci capire quanto siano fragili la democrazia e la libertà, e quanto facilmente questi valori possano essere distrutti non solo dal Pcc ma da qualsiasi altra possibile tirannia nel mondo. Inoltre, dall'esempio di Hong Kong il mondo deve cogliere l'allerta circa il pericolo del Pcc, anche perché è una delle superpotenze del mondo con tante di ricchezze e risorse. Non dobbiamo dimenticare che si sono già infiltrati in molte delle organizzazioni internazionali e in ogni settore delle nostre società, compresi il settore privato e quello dell'istruzione. Sono praticamente in ogni angolo del globo. Quindi non dobbiamo mai sottovalutare l'abilità, la determinazione e l'ambizione del Pcc di espandere la sua influenza globale. Dobbiamo essere molto attenti su quel che il Pcc potrebbe fare a Taiwan, e in realtà a tutti gli altri Paesi del mondo. Proprio per questo serve una politica coordinata per contrastare questa espansione aggressiva. La Cina non aspetterà. Non sappiamo mai quando potrebbe invadere Taiwan. Non sappiamo mai quando lo potrebbe fare anche in altri Paesi o regioni del mondo. La comunità internazionale lo deve capire e agire di conseguenza».
Sei in primo piano a combattere con l'organizzazione "Hong Kong Watch", con testimonianze davanti al Congresso americano e al Parlamento canadese. Quali le tre azioni da intraprendere immediatamente se si vuole cercare di avere un impatto? «Ci sono molte cose da fare, specialmente dai leader del mondo libero. La prima cosa urgente è fornire dei programmi di "scialuppa di salvataggio" per le persone di Hong Kong che si trovano costretti a fuggire le persecuzioni politiche. Bisogna offrire loro l'opportunità di venire nei nostri Paesi e di trovare una residenza sicura. In secondo luogo la comunità internazionale dovrebbe adottare immediatamente e in modo coordinato delle sanzioni mirate in stile Magnitsky contro i funzionari cinesi, nonché le imprese che sono coinvolte nelle violazioni dei diritti umani a Hong Kong, Turkestan orientale e Tibet. E uno strumento molto semplice e al contempo molto efficace. Al terzo punto metto sicuramente il boicottaggio delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022. Sappiamo come il Pcc le utilizzerà come una grande occasione per rafforzare il proprio soft power, sfruttando l'evento sportivo internazionale per espandere la sua influenza e promuovere la propaganda. Nessuno di noi, nessuno dei nostri politici, nessuno dei nostri diplomatici, nessuno dei nostri atleti dovrebbe essere abusato per le campagne di propaganda del Pcc che cerca di coprire i suoi crimini a Hong Kong, i suoi campi di concentramento nel Turkestan orientale e la sua occupazione del Tibet. A lungo termine poi vorremo ovviamente vedere una politica sulla Cina più coordinata con azioni concrete da diversi Paesi, inclusi gli Stati Uniti, l'Unione Europea, il Regno Unito, e tutti gli altri Paesi disposti a sostenere e difendere i nostri valori condivisi».
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