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La Repubblica Rassegna Stampa
12.07.2021 Niente elezioni a Ramallah: il potere a vita del 'dittatore moderato' Abu Mazen
Commento di Sharon Nizza

Testata: La Repubblica
Data: 12 luglio 2021
Pagina: 31
Autore: Sharon Nizza
Titolo: «La rivolta di Ramallah contro l’Anp: 'Basta Abu Mazen, vogliamo votare'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/07/2021, a pag. 31, l'articolo di Sharon Nizza dal titolo "La rivolta di Ramallah contro l’Anp: 'Basta Abu Mazen, vogliamo votare' ".

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Sharon Nizza

Ora Abu Mazen è un amico dei terroristi
Abu Mazen

«Abbas vattene, vogliamo le elezioni», «Basta con il regime militare». Per la terza settimana consecutiva gli slogan accompagnano le manifestazioni a piazza Manara nel centro di Ramallah, così come a Hebron e Betlemme. Gli slogan rimangono, ma l’affluenza va diradandosi. Ieri a piazza Manara hanno sfilato poco più di un centinaio di manifestanti. «Pensi sia poco? È moltissimo considerata la minaccia a cui è sottoposta la gente», dice Nabil che parla a nome del Movimento nazional democratico.

Lunedì scorso durante un sit-in , qui sono stati arrestati diversi attivisti, giornalisti e avvocati. Questa volta la presenza di Hady Amr nell’area, il vicesegretario di Stato Usa per la questione israelo-palestinese ha frenato la polizia. «Andiamo via da qui», dice mentre il raduno si sta disperdendo Diab, uno dei pochi che acconsente a parlare con la stampa straniera. «È verso la fine che caricano». Poco dopo circolano notizie di un giovane fermato. L’ondata di proteste è nata dopo la morte di Nizar Banat, popolare attivista contro la corruzione, critico dell’Anp, deceduto il 24 giugno poche ore dopo che la polizia palestinese l’aveva arrestato a Hebron. La famiglia e i sostenitori di Banat parlano di omicidio causato dalle percosse delle forze di sicurezza. Stati Uniti e Ue hanno chiesto di fare chiarezza e l’Anp ha istituito una commissione d’inchiesta. Le proteste sono nate per chiedere “Giustizia per Nizar”, ma qui nessuno crede che giustizia sarà fatta. «Per prassi attendiamo il risultato della commissione interna, ma avvieremo una procedura alla Corte penale internazionale», dice a Repubblica Gandhi Amin, avvocato della famiglia Banat. Al funerale e alle prime manifestazioni hanno partecipato migliaia di persone chiedendo le dimissioni del governo e di Abu Mazen. Immagini che non si vedevano da anni. Qualcuno si è chiesto se fosse l’inizio di una “primavera palestinese”. «Non mi piace questo termine, abbiamo visto cosa è successo in Egitto, in Tunisia, in Siria», dice Osama, attivista di Gerico. «Non è qualcosa di personale contro Abu Mazen: chiediamo elezioni democratiche».

Convocate per il 22 maggio scorso da Abu Mazen, sono state annullate da lui stesso a fine aprile sostenendo che Israele vietava di tenerle a Gerusalemme Est, circostanza smentita dalle autorità israeliane e che in molti hanno visto come una scusa per evitare quella che si prospettava come una disfatta totale per il Fatah, il partito del presidente, dopo che si era diviso in tre liste. Una delle liste concorrenti era quella di Nissar al-Qudwa, nipote di Arafat, che nei giorni scorsi ha attaccato duramente l’Anp per la repressione. Ci sono altre voci critiche: Hanan Ashrawi, che già a dicembre si era dimessa dall’Olp in protesta contro la gestione Abu Mazen. O Dalal Erekat, figlia dello storico capo negoziatore Saeb Erekat, che ha fatto sentire la sua in un editoriale sul Jerusalem Post dal titolo «Non la Palestina che sognavamo, né che ci è stata promessa». In Israele non sembrano prestare troppa attenzione. «La maggior parte dei palestinesi si tiene lontana da questi raduni», dice Michael Milstein dell’Università di Tel Aviv. Il sondaggista palestinese Khalil Shkaki rileva che la popolarità di Abu Mazen è in caduta libera, specie dopo gli 11 giorni di conflitto in cui Hamas ha guadagnato popolarità. Oggi Hamas è stimata al 41% dei consensi rispetto al 30% di Fatah. A piazza Manara la maggior parte dei manifestanti sono laici e progressisti, ma non temono la vittoria di Hamas. «Si sono presentate 36 liste: vogliamo la possibilità di scegliere, con il monitoraggio della comunità internazionale», dice Nabil. È questo che vi aspettate dall’Europa? «Dall’Europa non ci aspettiamo più nulla: sostengono Abu Mazen e i corrotti, perché è quello che fa comodo a loro e a Israele».

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