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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Chi difenderà i piccoli palestinesi? 09/07/2021
Chi difenderà i piccoli palestinesi?
Commento di Michelle Mazel

(traduzione di Yehudit Weisz)


Wadi Ara, the place to be
Wadi Ara

Questa sembra una storia di altri tempi. Immagini che vorremmo credere tratte da un film, e non dalla realtà. Accade oggi a Wadi Ara, in ebraico Nahal Iron, una valle lunga venti chilometri attraversata dalla strada principale che collega il Nord d’Israele al lago di Tiberiade. Situate interamente all'interno dei cosiddetti confini del 1948, ci sono località popolate principalmente da arabi israeliani che mostrano regolarmente la loro solidarietà all'Autorità Palestinese, ma che non hanno alcun desiderio di farne parte. La polizia israeliana non è benvenuta lì. Il muro di sicurezza che separa la valle dai Territori Palestinesi è a meno di un chilometro di distanza. Il 7 luglio scorso il secondo canale della televisione israeliana ha trasmesso immagini edificanti girate lungo le strade della regione: quando il semaforo diventa rosso, dei bambini spaventati, di appena sei anni, si infilano tra le auto ferme, bussano ai finestrini dei conducenti e chiedono l’elemosina con la mano tesa. Devono agire rapidamente per tornare sul marciapiede in tempo, perché quando il semaforo diventa verde le auto sfrecciano via.

Wadi Ara Archives - Hand in Hand

Per tutto il giorno, fino al tramonto, nel caldo opprimente dell'estate, questi bambini sfidano la morte. Ci sono già stati dei feriti; un bambino di sei anni giace ora tra la vita e la morte, in un ospedale israeliano. Circa sei anni fa circolava già un rapporto su questo stesso fenomeno, che faceva trapelare l’ipotesi di predatori sessuali in cerca di facili prede. Chi potrebbe venire in loro aiuto? Non sono bambini locali, ma arrivano dai Territori Palestinesi così vicini. Non vi rientrano tutti i giorni. Spesso trascorrono la notte in una conduttura dell'acqua in disuso dove si proteggono dalle intemperie. Ci sono dei materassi, delle coperte. E qualcuno che li sorveglia. O meglio li dirige. Perché non è con entusiasmo che questi bambini si cimentano quotidianamente in questo compito pericoloso. E non “lavorano” per se stessi, ma per il profitto dei loro padroni che sono arabi, da una parte e dall’altra della Linea Verde. Una piccola parte del denaro raccolto va alla famiglia del bambino. Il “capo” si incarica di far passare i suoi piccoli lavoratori oltre il muro o la barriera di separazione. A volte li accompagna un “pezzo grosso” per assicurarsi che facciano bene il loro lavoro e per costringerli a lanciarsi tra le macchine nonostante la loro paura. In assenza di cooperazione tra le forze di sicurezza palestinesi, che non fanno nulla per impedire questo traffico, la polizia israeliana è impotente. Le sue pattuglie potrebbero benissimo arrestare alcuni ragazzini terrorizzati, che non sanno nulla e non direbbero nulla; gli altri si affrettano a nascondersi tra i cespugli finché la polizia non se ne va. La stampa occidentale non parla di queste cose. D’altra parte è anche vero che sarebbe molto difficile dare la colpa a Israele.

Immagine correlata
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".


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