Dopo l'ultima legge sui beni confiscati agli ebrei, è giunta l’ora di tagliare i ponti con il governo polacco
Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
La Polonia è sommersa dall'antisemitismo, ed è il governo stesso di Varsavia a impostare il tono pieno di odio nel momento peggiore delle relazioni tra polacchi ed ebrei dalla caduta del comunismo, avvenuta più di 30 anni fa. Non provo alcun piacere nel fare questa considerazione, è di nuovo successo dopo così tanto tempo. È l'inevitabile conseguenza della decisione del parlamento polacco, dominato dal Partito Legge e Giustizia (PiS) al potere e dai suoi alleati ultranazionalisti, di approvare una legge all'inizio di questo mese che di fatto blocca per sempre le richieste di restituzione delle proprietà da parte delle vittime della Shoah e dei loro diretti discendenti. È paradossale che un partito chiamato “Legge e Giustizia”, sia così legato al furto e alla discriminazione, ma questa è l’attuale realtà in Polonia. Tre anni dopo l'istituzione di una legge che incoraggia i procedimenti civili contro gli storici che affermano “falsamente” che alcuni polacchi abbiano collaborato con i nazisti occupanti nella caccia e nel massacro degli ebrei - come le prove schiaccianti dimostrano invece per migliaia di loro - il governo PiS sta ancora una volta adeguando la sua narrativa ufficiale della Shoah in Polonia, da dove ebbero origine 3 milioni dei 6 milioni di ebrei vittime dei nazisti. (Ho di nuovo, per inciso, un’ottima occasione per ribadire che questi erano ebrei vittime; donne, uomini e bambini sterminati solo perché ebrei, e non perché “cittadini polacchi di origine ebraica”, una frase che alcuni politici nazionalisti senza scrupoli hanno usato per descrivere la Shoah come una tragedia polacca, e non come una tragedia ebraica.)
Mateusz Marowiecki
L’obiettivo di fondo della nuova legge è quello di affermare, contro ogni documentazione storica, che né la Polonia né gli stessi polacchi hanno alcuna responsabilità per la sorte subìta dagli ebrei, che sono ipocritamente ricordati come “nostri compatrioti” dagli stessi nazionalisti, come se la brutale storia dell'antisemitismo polacco che precedette di molto l'occupazione tedesca non fosse mai esistita. Ebrei assassinati? E’ tutta colpa della Germania. Sinagoghe ridotte in cenere? E’ tutta colpa della Germania. Confisca delle proprietà ebraiche? E’ tutta colpa della Germania. Nel trasmettere questo messaggio, gli alti dirigenti polacchi, dal Primo Ministro Mateusz Marowiecki in giù, hanno giocato incredibilmente sporco. Nonostante tutto il suo fervore anticomunista, il governo PiS trova scomodo riconoscere che la questione qui non verte sull'occupazione tedesca, ma sul fatto che il regime del dopoguerra, appoggiato dai sovietici, si sia impegnato in una seconda ondata di furti nazionalizzando le proprietà degli ebrei assassinati dai nazisti. Secondo una commissione di esperti nominata dal governo israeliano nel 2007, le proprietà senza eredi rilevate dai comunisti in Polonia avevano un valore complessivo di circa 30 miliardi di dollari, che riguardava più di 1 milione di singole proprietà. La retorica che ha accompagnato l'abbandono da parte della Polonia dei suoi obblighi ai sensi della Dichiarazione di Terezin del 2009 – che impegna Varsavia e altri 46 governi in termini morali alla restituzione delle proprietà confiscate agli ebrei della Shoah – è stata intrisa di metafore antisemite. Abbiamo avuto un primo assaggio di cosa comportasse questo veleno l'anno scorso, quando l'ambasciatrice dell'amministrazione Trump in Polonia, Georgette Mosbacher (che non è ebrea), è stata sottoposta a vili abusi antisemiti e sessisti dopo che aveva esortato il governo Marowiecki a rispettare la Dichiarazione Terezin. Nelle ultime due settimane, Marowiecki ha deliberatamente giocato sulla credenza diffusa che i sopravvissuti alla Shoah siano guidati dall'avidità finanziaria tipicamente “ebraica”.
"La Polonia non pagherà certo per i crimini tedeschi: né zloty, né euro, né dollari", ha giurato il Primo Ministro, poco prima che il suo viceministro degli Esteri, Marcin Przydacz, apparisse in diretta TV per rassicurare i polacchi che la protezione militare offerta loro dagli USA di fronte alla minaccia russa non era a rischio, malgrado la presenza di una “ampia e influente” comunità ebraica in America. In un'intervista separata, un altro funzionario del PiS – Ryszard Legutko, un accademico cattolico arciconservatore e membro del Parlamento europeo – ha opportunamente elaborato lo sfogo di Marowiecki. “Si tratta sicuramente di soldi, è ovvio”, ha detto Legutko al notiziario wPolityce . “Per le proprietà di cittadini polacchi di origine ebraica” — fate attenzione a quella frase — “che morirono nella Shoah, per la confisca di quei beni, in risarcimento di quei beni, ma anche per sfogare queste fobie anti-polacche che sono molto forti in alcune comunità ebraiche.” Questo veleno antisemita sta già dilagando per le strade, in un Paese in cui vivono ancora solo 8.000 ebrei, ma che ha prontamente utilizzato la sua ricca eredità ebraica per migliorare la sua immagine internazionale. Giovedì scorso, i sostenitori della gioventù polacca di estrema destra e antisemita (MW) hanno scaricato una pila di mattoni fuori dall'ambasciata israeliana a Varsavia, insieme a un cartello scritto a mano che diceva: “Ecco la vostra proprietà.”
Sulla sua pagina Facebook, il MW ha dato questa spiegazione della sua prodezza: “Solo per essere chiari, loro non meritano nulla, nemmeno un mattone. Ma abbiamo deciso di mostrare tutte le pretese che potevano perseguire scaricando una tonnellata di macerie presso l'ambasciata israeliana. Abbiamo leggermente superato il valore di ciò che è rimasto dopo la guerra…Ecco la vostra proprietà!” In termini sostanziali, non c'è nessuna differenza tra la posizione sulla proprietà ebraica del MW, un'organizzazione neofascista, e il governo PiS, i cui rappresentanti sono ancora salutati con rispetto a Bruxelles, Washington, DC e altre capitali. Uno è semplicemente più rude e più provocatorio dell'altro. Entrambi meritano la stessa risposta sprezzante da Israele e dal mondo ebraico. Fortunatamente, né Israele né le organizzazioni di difesa ebraiche stanno prendendo alla leggera questi insulti polacchi, mentre il governo degli Stati Uniti ha anche espresso chiaramente il suo disappunto per la legge. Il Ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid, che in passato si è scontrato con Varsavia per il suo revisionismo sulla Shoah, ha condannato la decisione del parlamento polacco come "un'orribile ingiustizia e una vergogna che danneggia i diritti dei sopravvissuti alla Shoah, dei loro eredi e dei membri delle comunità ebraiche esistenti in Polonia da centinaia di anni.” Di recente, il Presidente israeliano uscente Reuven Rivlin, che per contro era un buon amico del governo polacco sia personalmente che politicamente, ha detto al suo omologo polacco, Andrzej Duda, in una lettera: “Ho deciso di rivolgermi a voi affinché il vostro stimato governo consideri le conseguenze di tale legge (corsivo mio).” Ronald Lauder – il Presidente del Congresso Ebraico Mondiale, che in passato aveva affrontato alcune critiche per aver trattato il governo polacco con i guanti – ha enunciato con rammarico la sua conclusione “che è giunto il momento per la comunità ebraica internazionale di rivalutare il nostro rapporto con un governo che si sta comportando con un'insensibilità inimmaginabile e che sta emulando le peggiori tradizioni della storia polacca, e non quelle migliori e più esaltanti.”
Negoziare con il governo polacco si è rivelato frustrante quanto negoziare con l'Autorità Palestinese (AP): qualunque intesa a breve termine possa essere talvolta raggiunta, i progressi reali sono sempre frenati da rimostranze ideologiche e storiche profondamente radicate, che sono a loro volta sostenute da credenze popolari antisemite. Tuttavia, nel caso polacco non esistono i problemi di sicurezza quotidiana che richiedono un rapporto con l'Autorità Palestinese. Certo, molti sostenitori del governo polacco amano argomentare che se non fosse per la presenza di Varsavia nell'UE, Bruxelles tratterebbe Israele in modo ancora più meschino, ma questa affermazione è una presunzione e niente di più. Come ha dimostrato il recente conflitto tra Hamas e Israele, governi e leader politici in Germania, Austria, Regno Unito e altri Paesi europei, non hanno avuto bisogno dell’intervento del governo polacco per esprimere la loro comprensione per le difficoltà di Israele, con un’empatia che sarebbe stato difficile immaginare 20 anni fa. L'approvazione della legge sulla restituzione necessita quindi di una rottura almeno temporanea dei legami tra l'attuale governo polacco e lo Stato di Israele e i gruppi ebraici di tutto il mondo. La Polonia ha inferto un'altra dolorosa ferita al popolo ebraico; non dovremmo onorare i suoi autori trattandoli come interlocutori onesti, e certamente non come partner nell’attuale commemorazione della Shoah.
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate