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La Repubblica Rassegna Stampa
03.07.2021 Il premier iracheno: 'Amici dell'Iran'. La 'pace' a senso unico
Lo intervista Vincenzo Nigro

Testata: La Repubblica
Data: 03 luglio 2021
Pagina: 15
Autore: Vincenzo Nigro
Titolo: «L’iracheno Al Kadhimi: 'A Usa e Iran diciamo: ora lavorate per la pace'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 03/07/2021, a pag. 15, con il titolo "L’iracheno Al Kadhimi: 'A Usa e Iran diciamo: ora lavorate per la pace' " l'intervista di Vincenzo Nigro.

Il primo ministro iracheno Mustafa Al Kadhimi viene presentato da Vincenzo Nigro come un leader della pace, quando invece ha posizioni concilianti escluvisamente verso l'Iran degli ayatollah, minaccia numero uno alla pace e alla stabilità in Medio Oriente. Al Kadhimi è favorevole a un accordo tra Usa e Iran, che permetterebbe a Teheran di avvicinarsi sempre più velocemente alla Bomba.

Ecco l'intervista:

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Vincenzo Nigro

Iraqi PM Kadhimi off to good start as he tackles government mismanagement |  | AW
Mustafa Al Kadhimi

Mustafa Al Kadhimi è un personaggio che solo il Medio Oriente poteva produrre. Il primo ministro iracheno, 54 anni, nella sua vita ha avuto il tempo di essere studente perseguitato da Saddam Hussein, per poi fuggire all’estero e diventare giornalista in Gran Bretagna. È rientrato in Iraq dopo la fine del dittatore, è diventato direttore di giornali nel suo Paese, per passare poi a fare il capo dei servizi segreti dal 2016 al 2020. Dal maggio del 2020, dopo le centinaia di morti che le milizie dei partiti avevano fatto selvaggiamente fra i manifestanti dell’"autunno iracheno" del 2019, Al Kadhimi è il primo ministro di un Paese in bilico nella regione più in bilico del mondo.

Primo ministro, a Roma ha incontrato il Papa, che conferma il suo amore paterno per il Paese dei primi cristiani. È stato ricevuto dal primo ministro Mario Draghi a Palazzo Chigi. Quale è l’Iraq che ha presentato? «Abbiamo evitato l’abisso in cui l’Iraq stava precipitando, perché questo era il mio Paese nell’autunno del 2019. Abbiamo superato il punto di un potenziale collasso. Ma adesso le sfide che abbiamo innanzi sono ancora poderose. E per questo sono venuto a Roma per confrontarmi con il vostro presidente del Consiglio Mario Draghi ».

Qual è ancora il livello della sfida, la pericolosità del Daesh in Iraq? «Il Daesh è ancora molto pericoloso. In molte aree, soprattutto in quelle desertiche, stanno provando a riorganizzarsi. A Sud di Kirkuk, nell’area di Salaheddin, in aree del sud del Paese. Negli ultimi mesi abbiamo messo a segno dei colpi molto importanti per eliminare i loro capi. E questo dimostra due cose: la collaborazione della nostra intelligence con i nostri alleati è molto più efficace. Ma anche che la popolazione irachena adesso ha visto bene cosa è stato l’Islamic State, quali sono le distruzioni che hanno portato all’Iraq e a loro stessi. I cittadini iracheni non vogliono più il Daesh. I terroristi non sono più in grado di creare nuovi santuari come anni fa, ma sono presenti, provano a riorganizzarsi e a colpire».

Per questo lei insiste nel dire che il lavoro della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti è ancora importante, come ha ripetuto a Mario Draghi? «Assolutamente, anche se la minaccia attuale del Daesh è ridimensionata, senza il supporto anti- terrorismo dei nostri alleati saremmo ancora deboli. E per questo ho chiesto all’Italia di rimanere in prima linea nell’addestramento del nostro personale e in tutte le attività che le vostre forze armate in questi anni hanno svolto molto bene».

L’Italia dall’anno prossimo guiderà la missione Nato in Iraq… «E infatti io mi aspetto un ruolo maggiore dell’Italia nella prossima fase, l’Iraq è pronto a rafforzare la cooperazione militare con l’Italia, la formazione e lo sviluppo del lavoro nella lotta alla criminalità organizzata, al riciclaggio di denaro e ad altre attività vietate, beneficiando della vostra esperienza ».

Torniamo alla politica irachena: lei dice che siete riusciti a salvare l’Iraq dal baratro, quando le proteste di piazza venivano represse da gruppi armati fuori dal controllo del governo. Rimane il problema delle milizie armate che oggi vorrebbero fare politica nel suo Paese. «Le milizie sono nate per rispondere alla necessità di combattere il Daesh. Bisogna rispettare la dignità di chi ha combattuto per difendere l’Iraq. Ma se adesso alcuni esagerano è perché lo Stato è debole: ci vorrà tempo, ma bisogna capire che il monopolio delle armi deve essere dello Stato, lo faremo con un lavoro che abbiamo avviato con convinzione».

L’Iraq da anni è al centro di una contesa fra due grandi protagonisti, gli Stati Uniti e l’Iran. Le chiedono di continuo di schierarsi: lei chi sceglierebbe fra i due? «Io scelgo senza esitazione l’Iraq, la difesa del suo popolo e dei suoi interessi».

E allora parliamo innanzitutto dell’Iran… «È il nostro principale vicino, abbiamo 1.500 chilometri di confine in comune, una lunga storia condivisa. Adesso in Iran ci sarà un nuovo governo: a loro mi rivolgo invitando loro e tutti nella nostra regione a cogliere le opportunità di un periodo di stabilizzazione ».

Sembra che il confronto con gli Usa sia ancora aperto, ci sono attacchi continui di milizie filoiraniane contro basi americane. «Abbiamo chiesto agli iraniani e agli americani di evitare di regolare i loro conti in Iraq. Per anni siamo stati il terreno di uno scontro, di una guerra che ha portato lutti e distruzione. All’America e all’Iran diciamo basta, scegliamo una modalità di confronto politico per risolvere le divergenze, tutti beneficeranno dei frutti di una pacificazione».

Gli Stati Uniti rimarranno un partner importante per l’Iraq? «Gli Stati Uniti sono decisivi nella lotta al Daesh, saranno decisivi nella stabilizzazione del nostro Paese, della regione intera. Con la nuova amministrazione Biden credo che potremo fare passi avanti verso una fase di dialogo regionale. Ma anche l’Europa è amica dell’Iraq, guardiamo a Paesi che hanno superato le loro fasi post-belliche, che stanno puntando sullo sviluppo economico per stabilizzare le loro dinamiche. Sono un esempio da studiare. Vogliamo far parte dei Paesi che le crisi le gestiscono, non di quelli che le innescano e le cavalcano».

Sta seguendo il negoziato sul nucleare fra Usa e Iran? Pensa che ci sarà un accordo? «Un accordo è importantissimo, è decisivo per la regione. E si può trovare. Un successo nei negoziati di Vienna aiuterà la regione, servirà anche a stabilizzare il mio Paese».

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