Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/06/2021, con il titolo "González Laya: 'Con l’Italia pronti a riallacciare il dialogo tra israeliani e palestinesi' " l'intervista di Alessandro Oppes.
E' credibile quella che la ministra degli Esteri spagnola definisce per ora "solo un'idea"? Avrà un seguito in una concreta proposta di pace? Le iniziative promosse da Paesi europei sono di solito sbilanciate contro Israele, sarà così anche questa volta? In quale misura l'Italia sarà coinvolta? La notizia è comunque grave, seguiremo con attenzione gli sviluppi.
Ecco l'intervista:
Alessandro Oppes
Arancha González Laya
Un’idea nata a Madrid per celebrare nel modo più utile possibile la ricorrenza di un grande evento che ebbe come sede proprio Madrid: la grande Conferenza di pace del 1991. La ministra degli Esteri spagnola, Arancha González Laya, a Matera per il summit dei capi delle diplomazie del G20, conferma a Repubblica che il governo Sánchez sta lavorando da mesi alla proposta di una nuova iniziativa di dialogo tra Israele e Palestina.
Come nasce questa iniziativa? «Ci è sembrato che si dovesse utilizzare l’efemeride per qualcosa di positivo, senza farci molte illusioni, perché è vero che riprendere una trattativa, interrotta da tempo, richiede molta energia politica, un consenso internazionale, stabilità all’interno dei Paesi. Ma eravamo coscienti di non poter lasciar passare questa opportunità. Così ne ho parlato con il collega Luigi Di Maio, e abbiamo cominciato a lavorare. Non pensiamo di mettere sul tavolo proposte concrete. Però vogliamo dare un sostegno politico a questa iniziativa. E riportare al centro del negoziato il Quartetto, che venne creato proprio a Madrid, perché sostenga questo sforzo. Al momento siamo modesti nelle nostre ambizioni, perché sappiamo che è un tema complicato. Siamo due Paesi mediterranei, impegnati nel Medio Oriente, due Paesi dell’Unione Europea che vogliono aiutare in questo negoziato tra Israele e Palestina».
Perché insieme all’Italia? «Perché mi pare che abbiamo una grande sintonia. Dall’arrivo al governo di Conte in Italia, lo scorso anno, abbiamo iniziato un processo di dialogo a tutti i livelli, per vedere in quali temi potevamo avere affinità. E certamente questo è uno di quei temi. Nella politica nel Mediterraneo, nel processo di pace, nell’impulso a una politica comune dei Paesi del sud dell’Ue, nella gestione congiunta del fenomeno migratorio. Sono tutte questioni nelle quali Italia e Spagna sono nella stessa sintonia».
C’è la stessa sintonia ora con il presidente Draghi? «Assolutamente sì. Non è cambiato nulla. E difatti nella recente riunione di Barcellona tra Draghi e Sánchez abbiamo avuto modo di constatare fino a che punto si tratta di una visione condivisa, perché non sono cambiate le basi. Cambiano le persone, però restano gli stessi interessi strategici fondamentali».
C’è una bozza di documento Italia-Spagna sulla quale si stanno già pronunciando altri partner europei? Si stanno facendo passi avanti su questa iniziativa per il Medio Oriente? «Al momento non ci sono documenti, c’è una nostra idea che ovviamente abbiamo condiviso con i soci comunitari. Ma non spetta a noi presentare una proposta formale, il nostro obiettivo è mettere a disposizione tutta l’energia politica necessaria. Lo stiamo facendo a Bruxelles e ne parleremo anche con Israele e Palestina in un viaggio che Luigi Di Maio ed io faremo tra la fine di luglio e l’inizio di agosto».
Però si può dire che, per poter avanzare nel processo di pace, individuate come base necessaria il riconoscimento dei confini anteriori alla Guerra dei Sei Giorni e Gerusalemme come capitale dei due Stati? «Diciamo che Italia e Spagna pensano che il punto di partenza devono essere le risoluzioni delle Nazioni Unite: due Stati che vivono uno accanto all’altro in pace e sicurezza e con Gerusalemme come capitale. Questo è ciò che dicono le risoluzioni dell’Onu, e non saremo noi a cambiarle. Però, nella distanza che c’è tra la situazione attuale e le risoluzioni dell’Onu c’è spazio per creare motivi di fiducia reciproca tra le parti: distribuire vaccini ad esempio è una misura positiva; cercare progetti comuni in settori d’interesse reciproco, dal commercio al turismo. Bisogna cercare cose concrete che creino fiducia».
La normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Israele e una parte del mondo arabo contribuisce ad alimentare la speranza che l’iniziativa italo-spagnola possa avere successo? «Alla Spagna è sempre parso molto importante e positivo che si sia arrivati a una normalizzazione dei rapporti tra Israele e alcuni Stati dell’area. Non si può costruire la pace se uno non parla con i suoi vicini. Questa però è una condizione necessaria ma non sufficiente, perché manca un tassello fondamentale che è la normalizzazione delle relazioni tra Israele e Palestina».
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