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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
27.06.2021 Storia e mito di Masada
Commento di David Bidussa

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 27 giugno 2021
Pagina: 3
Autore: David Bidussa
Titolo: «L'epopea di Masada raccontata in tre atti»

Riprendiamo dal SOLE24ORE/DOMENICA di oggi, 27/06/2021, a pag.3 con il titolo "L'epopea di Masada raccontata in tre atti" il commento di David Bidussa.

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David Bidussa

Mai più Masada cadrà. Storia e mito della fortezza di Erode - Samuele Rocca  - Libro - Salerno - Mosaici | IBS
La copertina (Salerno ed.)


Masada è un mito moderno», esordisce Samuele Rocca nelle prime pagine del suo libro. Un mito che interagisce con la memoria, attività sociale più che una facoltà mentale, riflessione simbolica collettiva più che stock individuale di ricordi. Processo che non è solo ricordo e che segue due percorsi distinti e interagenti: da una parte un'azione che avviene sempre nel presente, che riordina passato ed è volta a stabilire scale di priorità in relazione a parole, attori, atti, gesti del passato riletti o valorizzati nel presente. Dall'altra il fatto che il racconto della scena del passato ha come obiettivo trovare una «morale della storia». In entrambi i casi: una metafora del passato che influenza il modo di pensare (e soprattutto di agire) nel presente. Un caso di uso politico del passato. Consapevole di questo «gioco narrativo», Rocca ripercorre con precisione e competenza la lunga storia di Masada, proponendo un percorso in tre tappe distinte. La prima: una storia genealogica del sito, ovvero una storia della sua trasformazione nel tempo fino a quando diviene un luogo strategico. La seconda: una ricostruzione la più attenta possibile della scena che avviene a Masada nel 73 d. C. La terza: un'analisi del «risveglio» dopo il «lungo sonno» che intorno a quella vicenda c'è stato in pieno '900. La prima descrizione fisica di Masada, ricorda Rocca, la fornisce Giuseppe Flavio nella Guerra giudaica (Lib. VII, 280-284), un libro ancora fondamentale per ricostruire la scena del luogo, anche se con alcuni distinguo Importanti che Rocca non manca di ricordare. Giuseppe Flavio - precisa Rocca - non rende evidente che cosa sia Masada prima di quel tempo.

Samuele Rocca | Salerno Editrice | Editrice Antenore
Samuele Rocca

Masada diviene un luogo di posizionamento strategico nel periodo della rivolta dei Maccabei (intorno al 160 a.C.). II suo ruolo è duplice: da una parte controllare i percorsi di scambio tra Mediterraneo ellenistico e zone interne che guardano alle strade che conducono verso la Persia; dall'altra essere un punto di presidio politico e militare. È l'ultima tappa di una trasformazione che si è avviata con la distruzione del primo Tempio (fine VI secolo a. C.) e che ha un'accelerazione con la comparsa di Roma sulla scena mediorientale (metà II secolo a.C.). È in quel periodo - due secoli prima che entri nella storia - che viene introdotto un nuovo tipo di fortezza fondato su due principi: l'inaccessibilità e la non presenza di fonti d'acqua che obbliga a dotare la fortezza di un sistema idrico. Seconda scena: la dinamica dell'evento. E si passa alla seconda tappa.

A lungo il tema dell'ultima scena di Masada (sia che si sia risolta in un atto collettivo e volontario di darsi la morte oppure nel resistere fino all'ultimo e non arrendersi) ha richiamato l'attenzione degli storici. Rocca sceglie di concentrarsi sulla composizione del gruppo umano che a Masada coabita e insieme agisce. Gruppo composto di molti attori: di genere (uomini e donne), di diverse identità culturali e politiche e non solo di «entusiasti» e di «fondamentalisti», diremmo oggi. Dunque a Masada non c'erano solo combattenti ideologicamente votati al martirio e alla testimonianza del sacrificio supremo. E tuttavia non ci sono tracce di fuga. Non ci sono resti umani di tutti i 960 presenti come narra il racconto. Andò davvero come lo racconta Giuseppe Flavio? 1 due discorsi di Eleazar ben Yair, leader della setta dei Sicari, ma anche capo dei difensori di Masada fecero da premessa alla scelta del suicidio/ omicidio collettivo furono proprio quelli? E la decisione è quella della morte volontaria? L'autore, giustamente, non sceglie un epilogo definito perché i documenti, compresi i risultati degli scavi archeologici, non consentono di giungere a una conclusione certa, ma presenta una scena che si compone di molte scelte. E tuttavia, a dimostrazione che i miti politici, non sono storia, ma «riordino di fatti storici», quella scena, a lungo dormiente nel vissuto dell'ebraismo diasporico, torna nel corso del '900. Qui sta la terza questione, ovvero la storia dell'uso politico. Il tema della resistenza al l'ultimo uomo, senza cedere o venire a patti cui segue la sconfitta è avvertita come radicale e irreversibile nell'esperienza diasporica.

Masada, significativamente, è un luogo non visitato nella cultura ebraica. Segna un lutto. Torna invece come exemplum nel Novecento fino ad assurgere a «luogo di memoria». Qui risiede un problema storiografico rilevante che riguarda la costruzione della civil religion israeliana. Negli anni del mandato inglese (fino al 1948) Masada si configura come un luogo dove si è soli e isolati rispetto sia ai nemici sia alla propria gente nei cui confronti si assume una posizione di contrapposizione e di esemplificazione. Dopo il 1967 Masada diventa simbolicamente l'ultimo rifugio, la sola alternativa. Non c'è possibilità di futuro dopo Masada e non c'è possibilità alternativa di fuga da Masada. Tema che l'autore affronta ripercorrendo gli scavi archeologici, soprattutto di Yigal Yadin (il capo di Stato maggiore tra il 1949 e il 1952, che era un archeologo), come terreno che costruisce discorso pubblico intorno a tre codici: volontà di esserci nella storia, disponibilità al sacrificio, determinazione a non fare compromessi. Paradigmi che cinematografia, serial televisivi e letteratura fanno propri. Da qui derivano le domande che Rocca consegna al lettore nelle ultime righe del libro: è giunto il momento di lasciarsi alle spalle l'immagine del suicidio collettivo come fondamento di identità? È oggi il tempo di darsi un nuovo codice identitario? Ovvero: c'è futuro se lo sguardo si fissa ancora su Masada?

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