Il macellaio di Teheran è più frequentabile di Netanyahu?
Analisi di Michelle Mazel
Ebrahim Raisi
Si dice che le grandi cancellerie abbiano tirato un sospiro di sollievo alla notizia della formazione di un nuovo governo in Israele che ha mandato Benjamin Netanyahu ai banchi dell'opposizione. Il Ministro degli Esteri francese, in particolare, ha annunciato che, dopo questo allontanamento, ora avrebbe intenzione di programmare un viaggio in Medio Oriente per far avanzare la soluzione del problema palestinese. In altre parole, la mancanza di progressi su questo dossier è stata solo dovuta all'intransigenza, ovvero, all'estremismo mostrato dal Premier uscente. Qualcuno al Quai d'Orsay deve aver dimenticato di spiegargli che la composizione della nuova coalizione difficilmente perora questa causa. Non abbiamo sentito queste stesse cancellerie francesi esprimere riserve all'annuncio della vittoria di Ebrahim Raisi alle elezioni presidenziali in Iran. Una vittoria ristretta, certo (62% dei voti con un tasso di astensione superiore al 50%) ma comunque sia, una vittoria. Conosciamo bene la soluzione che lui sostiene per risolvere la questione palestinese: semplicemente annientare “l'entità sionista”. Non è una novità: era anche l'obiettivo dei suoi predecessori che, peraltro, lo perseguivano in modo aggressivo.
Benjamin Netanyahu
Gli europei, come disse così bene Joseph Borrel, allora Ministro degli Esteri spagnolo e in seguito responsabile della politica estera dell'Unione europea, possono “conviverci.” Tuttavia, la sua nomina alla Presidenza, sebbene attesa, è stata accolta con un certo disagio. È perché ha una reputazione piuttosto diabolica. È stato spesso chiamato “il boia” o “il macellaio” di Teheran a causa della sua responsabilità per l'ondata di esecuzioni effettuate in Iran nel 1988. Si dice che siano state almeno tremila e forse dieci volte tante; i condannati furono sommariamente impiccati. In quanto tale, il signor Ebrahim Raisi è stato soggetto a sanzioni sia dagli Stati Uniti che dall'Unione europea per violazioni dei diritti umani. Questo significa che non vedremo più i leader europei venire a far visita al nuovo Presidente nel suo palazzo di Teheran? Ovviamente no. A dire di nuovo la verità, lui non si distingue dalla maggior parte dei politici del suo Paese, per i quali la nozione di “diritti umani” - e ancor meno quella di “Diritti delle Donne” o delle minoranze religiose – è un’invenzione occidentale che non li obbliga in alcun modo. Questo è senza dubbio il motivo per cui vengono loro risparmiate le condanne che piovono su Israele per delle violazioni reali o immaginarie di questi diritti. Inoltre, i firmatari del JCPOA - il trattato nucleare concluso con l'Iran sotto la guida del Presidente Obama nel 2015 ma dal quale l'amministrazione Trump si è ritirata nel 2018 - proseguiranno a Vienna le trattative per trovare un compromesso che renda possibile il ritorno degli Americani. Due di questi firmatari, Russia e Cina, si sono affrettati a congratularsi con il nuovo Presidente. E per questo grande quotidiano che è Le Monde, Raisi, definito “un ultraconservatore” ha “un tono più sfumato” sul nucleare. Insomma, dormite in pace, brava gente.
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".
|