Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 21/06/2021, a pag.12, con il titolo 'Il presidente Raisi cercherà nuovi equilibri, l’Iran guarderà più a Est' l'intervista di Gabriella Colarusso all'ex ministro degli Esteri iraniano Amir-Abdollahian.
Gabriella Colarusso
Amir-Abdollahian
La politica estera dell’Iran negli ultimi anni «è stata sbilanciata verso l’Occidente», bisogna trovare «un nuovo equilibrio guardando di più anche a Est, alla Cina, alla Russia». Negli ambienti diplomatici di Teheran, Hossein Amir-Abdollahian è considerato uno degli uomini più capaci e influenti. Un conservatore moderato, con un sostegno politico che va ben oltre il ministero degli Esteri o il Parlamento e arriva direttamente dai Guardiani della rivoluzione, cosa che gli ha permesso di attraversare due presidenze di segno opposto — la populista di Mahmud Ahmadinejad e la moderata di Hassan Rouhani — mantenendo sempre il ruolo di viceministro degli Esteri. Dal 2016 è consigliere speciale per gli Affari internazionali del presidente del Parlamento, oggi il conservatore Mohammad Bagher Qalibaf, e il suo nome in queste ore è tra i più quotati come possibile ministro degli Esteri nel futuro governo di Ebrahim Raisi.
Il capo delegazione dell’Iran nei negoziati di Vienna, Abbas Araqchi, ha detto che sono stati fatti progressi significativi: l’accordo con gli Stati Uniti per il ritorno all’accordo nucleare è vicino? «La nostra squadra sta negoziando, sono stati fatti ottimi progressi, ma ci sono anche delle grandi divergenze da risolvere. La sfiducia nei confronti degli Stati Uniti getta un’ombra pesante su questi negoziati. Gli americani non sono ancora riusciti a dimostrare che sono seri e che gli errori del passato non verranno commessi nuovamente. Tornare all’accordo Jcpoa è nell’interesse nazionale iraniano a patto che le controparti rispettino i loro impegni».
L’Iran di Ebrahim Raisi guarderà di più alla Cina e alla Russia? «Gli sviluppi a livello internazionale ci danno delle indicazioni. Sulla scena politica si stanno affacciando dei nuovi protagonisti, la Cina è uno di questi, si trova nel nostro continente, l’Asia, ed è normale che l’Iran guardi in maniera speciale alla cooperazione con Pechino e Mosca. Lo sguardo del governo Rouhani era rivolto all’America e all’Occidente e soprattutto nei primi cinque anni di mandato sono state ignorate le opportunità che stavano ad Est. La Guida suprema Ali Khamenei ha più volte ammonito il governo del signor Rouhani esortandolo a fare attenzione alle diverse regioni del mondo, non solo a una. Credo che il dottor Raisi troverà un nuovo equilibrio. Ciò non significa che non vogliamo fare attenzione all’Europa e all’Occidente».
L’Iran ha firmato un memorandum di intesa con la Cina, ma gli investimenti promessi per ora non sono arrivati per via delle sanzioni Usa. Anche il rapporto con la Cina dipende dall’accordo sul nucleare? «I cinesi rispettano gli impegni sui loro investimenti anche nelle condizioni di sanzioni, quindi senza che l’accordo venga firmato. Ma nel caso in cui si tornasse all’accordo nucleare ci saranno grandi opportunità di investimento in Iran per tutti i Paesi».
Ebrahim Raisi
L’accordo con Pechino ha suscitato molte critiche in Iran da parte della società civile, ma anche di pezzi dell’establishment che lo considerano un cedimento al "neocolonialismo cinese". Qual è la sua opinione? «Le relazioni tra Teheran e Pechino sono basate sul rispetto reciproco, entrambe abbiamo una civiltà molto antica. La Via della Seta passava attraverso l’Iran. Non consideriamo la Cina in nessun modo una minaccia per la sovranità e l’indipendenza dell’Iran. Al contrario degli Stati Uniti e del Regno Unito, non c’è nessun procedente storico di atti di colonialismo della Cina in Iran».
La Russia di Putin per l’Iran è un alleato strategico? «Negli ultimi anni abbiamo avuto una esperienza davvero di successo nella cooperazione con la Russia: la lotta congiunta al terrorismo in Siria. E questo ci ha fatto arrivare a collaborare anche in altri settori, dalla difesa all’economia, e per la lotta al terrorismo nell’intera regione».
In Iraq ci sono stati i primi contatti con i sauditi. Siete pronti alla ripresa delle relazioni diplomatiche con Riad? «Da alcune settimane sono iniziati i negoziati tra Iran e Arabia saudita mediati dall’Iraq, ma i progressi fatti sono stati minimi. Quando l’Arabia Saudita interruppe i suo rapporti diplomatici con l’Iran, io ero il viceministro responsabile del dossier saudita: non rispondemmo diametralmente e non chiedemmo ai loro diplomartici di lasciare l’Iran. Questa politica prosegue. Per noi è importante che la politica estera sia un dialogo basato sulla ragione non sulle emozioni».
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