Ludwig Pollak e gli ebrei di Roma Analisi di David Meghnagi
Testata: Moked Data: 20 giugno 2021 Pagina: 1 Autore: David Meghnagi Titolo: «Ludwig Pollak e gli ebrei di Roma»
Riprendiamo da MOKED di oggi, 20/06/2021, con il titolo "Ludwig Pollak e gli ebrei di Roma" il commento di David Meghnagi.
David Meghnagi
Ludwig Pollak
Di fronte alle notizie terribili e angoscianti provenienti dalla Germania, dopo l’ascesa di Hitler al potere, Ludwig Pollak,con estremo atto di resilienza annotava nei suoi diari: “Una nazione che conta 5693 anni sopravvivrà anche a Hitler”. Otto mesi dopo, commentando una biografia di Alfred Mond di Hector Bolitho, aggiunse: “Il ritorno di Melchett al sionismo è commovente. Un libro che rafforza e illumina in questi tempi tristi”. Come fosse ‘un oggetto transizionale’ da proteggere, la preziosa Haggadah spagnola del XIV secolo che aveva acquistato, fu affidata alle cure del rabbino Prato, con cui in quegli anni difficili aveva intrecciato un intenso legame. Nelle intenzioni di Pollak la preziosa opera doveva restare all’interno di una comunità ebraica. Perciò ne fece dono al Rabbino Prato. Come Freud anche Pollak, condivise un’illusione diffusa nelle cancellerie europee, secondo cui l’Italia fascista, per ragioni geopolitiche e culturali, si sarebbe ritrovata alleata con le potenze occidentali per porre un argine all’espansionismo nazista e alle derive dell’antisemitismo. La storia prese un altro corso e nel giro di pochi anni il regime fascista fece in pochi mesi quello che al nazismo richiese degli anni. I dieci anni di pace, immaginati e sognati da Pollak per la reazione di Mussolini alle mire tedesche sull’Austria e per le rassicurazioni date al rabbino Sacerdoti sul rifiuto del razzismo tedesco, furono in realtà l’inizio di una catastrofe che andò oltre ogni immaginazione. Dopo l’Anschluss, Freud lasciò Vienna e, grazie a una mobilitazione internazionale, trovò un rifugio a Londra con la famiglia. Vecchio e mortalmente malato avrebbe dedicatole sue ultime energie ai Tre saggi su L’uomo Mosè e la religione monoteista. Cinque anni dopo, nel culmine della tragedia, Pollak, secondo alcune testimonianze, poco prima della retata del 16 ottobre rifiutò di salire in un’auto appositamente inviata per portarlo al sicuro in Vaticano. Anziano e malato, seguì con la famiglia gli ebrei romani deportati ad Auschwitz.
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