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Israele, colpevole ad ogni costo?
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
A destra: ecco come i media presentano il conflitto israelo-palestinese Molti anni fa, quando il giovane Stato ebraico uscì dalla Guerra d'Indipendenza in cui dovette combattere contro gli eserciti di cinque Paesi arabi, uniti nel loro desiderio di annientarlo per sempre, si trovò di fronte a un'ondata di attacchi terroristici lanciati dalla Siria, dalla Giordania e dall’ Egitto, soprattutto dal Nord della Penisola del Sinai e dalla Striscia di Gaza che questo Paese aveva occupato durante la guerra. Non avendo accettato la loro sconfitta, questi vicini di Israele tentavano di continuare la lotta con altri mezzi. Questi raid mortali prendevano di mira principalmente gli agricoltori ed i civili israeliani che vivevano vicino alle linee del cessate il fuoco, consentendo agli aggressori di ritirarsi rapidamente, portandosi via il bottino che avevano arraffato. Tra le atrocità commesse: Maalè Akrabim: agguato a un autobus in viaggio da Eilat a Tel Aviv, i terroristi sono saliti sull'autobus e hanno ucciso uno ad uno i passeggeri. Ramat Rachel: 4 archeologi uccisi e 16 feriti quando i terroristi hanno sparato da una postazione giordana. Kfar Chabad: 3 bambini uccisi e 5 feriti, quando i terroristi hanno aperto il fuoco su una sinagoga piena di bambini e di adolescenti. E tutto questo è successo molto prima della Guerra dei Sei Giorni. Non c’erano né coloni né colonie. Rinunciando a combattere, Israele istituisce delle unità speciali sia per cercare di fermare i terroristi sia per effettuare operazioni di rappresaglia al fine di scoraggiare il proseguimento degli attentati. Il più delle volte, la comunità internazionale attendeva queste rappresaglie per reagire a modo suo. Una vignetta dell'epoca mostra il portavoce delle Nazioni Unite che, alla notizia di un nuovo attentato, inizia a scrivere la condanna della reazione israeliana che non avrebbe tardato ad arrivare.
L'atteggiamento dei media in Occidente oggi ricorda quel triste periodo. Così, durante l'ultimo scontro tra Israele e Hamas, è stato solo dopo la risposta di Israele al lancio di missili contro Gerusalemme e il resto del Paese che la stampa ha menzionato questi lanci. O meglio, li “spiegava” con gli scontri avvenuti a Gerusalemme durante il Ramadan. Ma con quali analisi di casistica tali scontri, che peraltro non hanno fatto vittime, potevano giustificare quella che deve essere definita come aggressione contro uno Stato sovrano da parte di un movimento considerato terrorista dalla maggioranza dei Paesi occidentali? E oggi, di nuovo, stiamo assistendo alla stessa messinscena. La stampa cita attacchi israeliani alle postazioni di Hamas in risposta alla pioggia di palloncini incendiari che ha causato una serie di incendi particolarmente gravi durante questo periodo di canicola; un grappolo di palloncini multicolori è esploso, terrorizzando i bambini di un asilo. Secondo l'organizzazione terroristica, questa violazione del cessate il fuoco, rispondeva alla “provocazione” presumibilmente costituita dall'annuncio della manifestazione detta "danza delle bandiere" che si sarebbe tenuta in serata a Gerusalemme e che ha riunito cinquemila persone che sventolavano la bandiera sul capo. Una motivazione ripresa senza battere ciglio dalla stampa, che non ci vede niente di strano.
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