Netanyahu: è solo un arrivederci?
Analisi di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
Naftali Bennett, Yair Lapid
Benjamin Netanyahu, che è stato Primo Ministro dello Stato di Israele per dodici anni consecutivi e che è ancora oggi, con trenta deputati, a capo del più grande raggruppamento della Knesset, ha ceduto ieri il suo seggio a Naftali Bennett. Con sette deputati, quest'ultimo è alla guida di un governo eterogeneo che potremmo dire nato dal matrimonio tra la carpa e il coniglio. Il “regno” del cosiddetto “Re Bibi” era stato comunque costellato da successi. In campo economico ha reso verdi di gelosia i Paesi dell’OCSE; ha realizzato un formidabile lavoro di costruzione di strade e opere di ingegneria civile che hanno trasformato il paesaggio di Israele; è suo il colpo di genio che ha assicurato agli israeliani vaccini sufficienti contro il Covid 19 per sconfiggere praticamente il coronavirus: da oggi, martedì 15 giugno, indossare la mascherina negli ambienti chiusi non è più obbligatorio e vengono così rimosse le ultime restrizioni imposte dalla pandemia, mentre l'Europa sta ancora lottando per riuscire ad arginare il flagello.
Benjamin Netanyahu
Anche a livello internazionale i suoi successi non sono stati meno brillanti. Riconoscimento da parte degli Stati Uniti della sovranità di Israele sul Golan e soprattutto di Gerusalemme come capitale di Israele, e il concomitante trasferimento dell'ambasciata in questa città; sotto l'egida del Presidente Trump, la firma degli Accordi di Abramo, che hanno sfatato il mito secondo cui, solo la soluzione del problema palestinese avrebbe reso possibile l'instaurazione di relazioni diplomatiche tra lo Stato ebraico e i Paesi del mondo islamico (mito già crollato con i trattati di pace con Egitto e Giordania). E poi non dobbiamo dimenticare le gesta, a dir poco, titaniche dei servizi segreti israeliani. Insomma, un ritratto da far andare in visibilio. Come spiegare allora la caduta di questo uomo politico così esperto? L'usura del potere? L'ostilità delle “élite” del Paese, in maggioranza appartenenti al centro, se non alla sinistra, nei confronti del partito Likud, presentato spesso come populista se non ignorante? Un'ostilità trasmessa da molti media, mentre dei programmi satirici si divertivano a prendere in giro il Presidente del Consiglio e i principali deputati del suo governo? Senza dubbio. Ma bisogna essere obiettivi e affrontare la dura realtà. Benjamin Netanyahu non sapeva, o non voleva, prepararsi alla successione, preferendo sbarazzarsi di eventuali rivali il più rapidamente possibile, di solito senza mezzi termini. Naftali Bennett, Yair Lapid, Lieberman, Gideon Saar hanno tutti servito come ministri in uno o nell'altro dei suoi governi prima di essere esclusi o espulsi, e troppo spesso sono stati sostituiti da personalità di secondo piano. La tradizionale alleanza del Likud con i partiti religiosi ha conferito loro un peso sempre più crescente, sempre meno sostenuta da ampi segmenti della popolazione.
Gli eccessi della frangia estremista della destra hanno poi portato all’esasperazione. A ciò si deve aggiungere l'atteggiamento da parte del Presidente del Consiglio, a chiudersi nella cerchia famigliare con sua moglie e suo figlio: lei è stata oggetto di critiche e poi di accuse, che hanno offuscato la sua immagine. “Noi torneremo”, ha detto ieri davanti a una Knesset burrascosa. È mai possibile un suo ritorno? Gode ancora di una popolarità eccezionale: il suo partito ha vinto trenta seggi alle ultime elezioni nonostante i problemi sopra citati e, secondo i sondaggi, il 27% degli israeliani pensa che sia il più qualificato per guidare il governo, molto più di Bennett e dei suoi alleati. Il nuovo governo che riunisce un'incredibile schiera di partiti, dall'estrema sinistra all'estrema destra - Bennett e Saar sono più a destra di Netanyahu - insieme a un partito arabo, potrebbe non reggere. Resta da vedere se, in caso di nuove elezioni, “il re Bibi” sarà ancora alla guida del Likud, dove sono già in lizza dei candidati importanti che tentano il tutto per tutto pur di detronizzarlo.
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".