IC7 - Il commento di Davide Romano: Dopo Netanyahu Dal 7 al 12 giugno 2021
Testata: Informazione Corretta Data: 14 giugno 2021 Pagina: 1 Autore: Davide Romano Titolo: «IC7 - Il commento di Davide Romano: Dopo Netanyahu»
IC7 - Il commento di Davide Romano
Dal 7 al 12 giugno 2021
Dopo Netanyahu
L'intesa tra Yair Lapid, Naftali Bennett, Mansour Abbas
Netanyahu non è Israele. Senza dubbio ha fatto molto per lo Stato ebraico, pensiamo solo all'invidiabile gestione dell'ultima emergenza Covid, tra le migliori al mondo. Ma Israele saprà andare avanti anche senza di lui. Sarebbe grave se qualcuno pensasse il contrario...dico questo perché in Israele e nella diaspora la tensione è molto alta in vista della "detronizzazione" di Bibi. Le minacce e la scorta date a cinque dei sette parlamentari della lista Yamina (Destra, in ebraico) che si appresta a formare un governo alternativo a quello Netanyahu, spiegano meglio di mille parole la forte tensione. Tra i sostenitori dell'attuale premier, i partiti religiosi sono molto duri contro Bennett: "il governo guidato da Bennett distruggerà lo shabbat" (Ariye Deri del partito religioso Shas), "quel malvagio. Il nome del malvagio marcirà" (Moshe Gafni, del partito religioso Degel Hatorah) e "dopo la firma dell'accordo di governo, Bennett dovrà togliersi la kippah, la sta facendo vergognare" (Yacov Litzman, del partito religioso Agudat Israel). Se fossero parole dette da ebrei laici, potrebbero essere viste come battute, ma dette da leader politici religiosi, suonano molto più pesanti. Il costituendo governo Bennett sarà un coacervo di forze che non hanno politicamente nulla in comune, è vero.
Ma la violenza verbale dei partiti religiosi ci aiuta a mettere il focus su un tema che è sfuggito a tanti media, troppo concentrati sulla questione palestinese o la caduta di Netanyahu: la modifica dello status quo tra Stato e religione che vige in Israele. Bennett non è certo un ateo antireligioso, anzi. Sarebbe il primo premier israeliano a tenere la kippah sul capo. E il probabile ministro agli affari religiosi Matan Kahana (del partito Yamina) ha già detto che i fondi alle yeshivot (le scuole religiose) non saranno toccati, e così il rapporto tra Israele e il mondo religioso. Ma ha anche aggiunto che sicuramente vorrà indagare a fondo sul disastro avvenuto sul monte Meron (45 morti e 102 feriti, la più grande tragedia avvenuta in Israele in tempo di pace) durante una festività religiosa, cosa che il governo Netanyahu non ha voluto fare per la contrarietà dei partiti religiosi che ne temono la faziosità. Poi c'è il fatto che il laicissimo Lieberman andrà a guidare il Ministero delle Finanze, cosa che lascia intuire che forse qualcosa cambierà nell'erogazione dei fondi governativi che vanno alle comunità più religiose. Stare fuori dal governo del resto, ha ovviamente un costo. L'impressione è che questi partiti religiosi siano principalmente interessati alla continuità dei fondi che permettono la sopravvivenza di un sistema di vita comunitario all'interno dello Stato, piuttosto che alle battaglie di principio sulla legislazione statale (per esempio il rispetto del sabato in tutto il Paese o i matrimoni solo religiosi. Questioni che toccano lo Stato di Israele, che ha minore importanza per loro rispetto alle comunità in cui vivono). L'esistenza di un sistema elettorale proporzionale in Israele ha permesso a questi piccoli partiti religiosi, essenziali per avere una maggioranza, di ottenere molti fondi. Un gioco che il partito arabo Ra'am ha imparato, e che entrando in maggioranza si appresta ad applicare anche per la propria comunità.
Davide Romano Conduttore televisivo, scrittore, collabora conLa Repubblica- Milano Già Assessore alla Cultura della Comunità ebraica di Milano