|
|
||
L'antisemitismo di Jean-Luc Mélenchon
Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
Jean-Luc Mélenchon Al primo turno delle elezioni presidenziali francesi nel 2017, quasi un elettore su cinque aveva votato per Jean-Luc Mélenchon, il candidato del partito dell’estrema sinistra, di recente formazione, “La France Insoumise”. Tale risultato metteva in risalto che Mélenchon aveva perso la qualificazione per il secondo turno per meno del 2%, avendo il candidato di estrema destra Marine Le Pen (aveva) raccolto poco più del 21% delle preferenze, mentre il candidato di centrodestra, Emmanuel Macron, aveva ottenuto la maggioranza assoluta, prendendo il 24% dei voti al primo turno. I numeri elettorali di Mélenchon potrebbero essere rispettabili, ma le sue idee sul mondo lo sono molto meno, persino per gli standard francesi, dove gli estremisti di sinistra e di destra hanno, purtroppo, sempre goduto di un solido sostegno elettorale. Se la Francia fosse un Paese di lingua inglese, sarebbe stato del tutto possibile che Mélenchon avrebbe guadagnato la stessa notorietà tra gli ebrei americani che il suo co-pensatore, Jeremy Corbyn, aveva ottenuto durante la sua guida del Partito laburista in Gran Bretagna, data la sua gelida ostilità nei confronti della bersagliata comunità ebraica francese. E mentre Corbyn è stato nuovamente relegato nei banchi delle ultime file alla Camera dei Comuni, Mélenchon, anche lui eletto nell'Assemblea Nazionale del suo Paese, sta preparando un'altra sfida presidenziale per il prossimo anno.
Jeremy Corbyn Durante un'intervista della scorsa settimana ad una stazione radio della città di Tolosa, Mélenchon ha offerto una previsione per quanto concerne la campagna del 2022. “Vedrete che nell'ultima settimana della campagna presidenziale avremo un incidente grave o un omicidio”, ha sottolineato. “Nel 2012 era Merah, la scorsa settimana sono stati gli Champs-Élysées”. (Gli “Champs-Élysées” si riferiscono alla recente decisione della più alta corte francese di processare un libanese-canadese, Hassan Diab, accusato dell'attentato dinamitardo del 1980 alla sinagoga di rue Copernic, che si trova vicino al famoso viale parigino. “Merah” si riferisce all'orribile omicidio di un insegnante, dei suoi due figli e di un'altra ragazza nella scuola ebraica Ozar Hatorah di Tolosa da parte di un terrorista islamista il 20 marzo del 2012, circa un mese prima delle elezioni presidenziali che alla fine furono vinte da Francois Hollande.) Gli esempi citati da Mélenchon sono collegati alla sua ribadita affermazione secondo cui, lo "Stato profondo" (oggi ogni Paese ne ha uno), sarà sempre pronto a organizzare un attacco terroristico o una violazione della sicurezza nazionale in momenti politicamente significativi per impedire, diciamo così, che “la France” risorga. Se intendete sottolineare questo punto, in particolare in Francia, dove le teorie sul complotto ebraico sono sempre state sfruttate alla grande, allora non ci sono esempi più efficaci degli ebrei in mezzo a voi. Mélenchon vorrebbe farci credere che l'atrocità di Ozar Hatorah sia stata una specie di operazione sotto falsa bandiera. Vent'anni fa, uno scrittore di nome Thierry Meyssan godette di ampia fama in Francia con un suo libro, diventato bestseller, in cui faceva esattamente la stessa affermazione sugli attacchi terroristici dell'11 settembre negli Stati Uniti; quindi, da un punto di vista puramente cinico, si può capire che affermazioni così squallide abbiano vasta risonanza in una gran parte dell'opinione pubblica francese.
Tuttavia ci sono tutte le ragioni per pensare che Mélenchon creda a ciò che dice, soprattutto perché è un recidivo. Nonostante la miriade di accuse di Corbyn contro la comunità ebraica nel Regno Unito, non mi risulta che nel dibattito pubblico abbia mai introdotto la calunnia di “deicidio”, la falsa accusa secondo cui gli ebrei sono collettivamente, eternamente responsabili della crocifissione del “Figlio di Dio”. Mélenchon, invece, l'anno scorso ha fatto proprio questo durante un dibattito televisivo, trattando un argomento che, a prima vista, non aveva assolutamente nulla a che fare con gli ebrei. Alla domanda su come gli agenti di polizia francesi dovrebbero reagire alle violenze dei manifestanti, Mélenchon ha suggerito che i poliziotti dovrebbero adottare l'atteggiamento di Gesù durante la sua crocifissione da parte dei romani. “Dovrebbero rimanere come Gesù senza reagire”, ha affermato. Poi ha aggiunto: “Non so se Gesù era su una croce, ma a quanto pare è stato messo lì dal suo stesso popolo.” Quelle frasi bizzarre non avrebbero mai convinto la polizia francese a deporre i suoi amati candelotti di gas lacrimogeni, manganelli e idranti. Ma a chiunque stesse ascoltando veniva opportunamente ricordato il massimo crimine ebraico, il peccato originale, nientemeno, da cui discendono tutte le colpe successive del popolo ebraico. In effetti, è sorprendente che così tanti degli strali di Mélenchon contro gli ebrei, che sono spesso espressi nella retorica dell'anticapitalismo, si basino sulle metafore più ignobili. Nel 2013, ha accusato l'allora Ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici, che non è ebreo ma che ha un nome dal suono ebraico, di essere un membro dei “bastardi dell'Eurogruppo” (altrimenti noti come i ministri delle finanze dell'Unione europea) che “si comporta come chi ha smesso di pensare in francese, come chi pensa solo nel linguaggio della finanza internazionale.”
Quando i critici hanno sottolineato che queste parole ricordavano spiacevolmente gli slogan fascisti degli anni '30 (per non parlare dell'invettiva antisemita degli estremisti di destra e di sinistra durante l'Affair Dreyfus di mezzo secolo prima), Mélenchon ha puntato sulla scusa più falsa di un antisemita. “Non avevo idea della religione di Pierre Moscovici e non ho intenzione di farne un problema in futuro”, ha detto. In altre parole, non intendevo assolutamente rivolgere un insulto razzista, quindi non c'è davvero bisogno di ulteriori discussioni sul fatto che io sia o meno un antisemita: chiunque dica il contrario deve sicuramente essere motivato da un secondo fine. Mélenchon ha anche descritto la Crif, l'organizzazione decisamente moderata che rappresenta gli ebrei francesi, come un calderone di ostilità faziose. In un discorso del 2014, ha volentieri riesumato lo stereotipo antisemita dell'ebreo invadente e odioso, descrivendo la Crif come una di “quelle comunità aggressive che danno lezioni al resto del Paese.”
Quando, quattro anni dopo, Mélenchon ebbe l’ardire di presenziare ad una manifestazione in memoria di Mireille Knoll (la sopravvissuta alla Shoah, brutalmente assassinata nel suo appartamento di Parigi durante una rapina motivata dall'antisemitismo), nonostante la precisa richiesta della Crif di stare alla larga, lui tentò di dirottare l'intero evento, lamentandosi a gran voce che l'organizzazione lo stava prendendo di mira con "settarismo sfacciato, violento e aggressivo". E’ significativo che solo un altro politico si è comportato in modo altrettanto poco dignitoso al raduno per la Knoll: la leader dell’estrema destra Marine Le Pen. Sia gli Stati Uniti che l'Europa hanno offerto diversi esempi dell'estrema sinistra e dell'estrema destra che si sono unite su molte questioni chiave durante l'ultimo decennio, tra cui opporsi alla “globalizzazione”, respingere gli impegni militari all’estero, adottare la retorica populista e l'uso della tecnica dei “fischietti per cani” per indebolire e intimidire gli oppositori politici. Ma in Jean-Luc Mélenchon, l'antisemitismo di sinistra e di destra si mescolano, con il sostegno ai palestinesi e la campagna BDS contro Israele il tutto comodamente accostato a battute xenofobe sugli ebrei arroganti che dimenticano di stare al loro posto. È il peggiore dei due mondi.
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |