Yossi Cohen racconta il Mossad Analisi di Daniele Raineri
Testata: Il Foglio Data: 12 giugno 2021 Pagina: 1 Autore: Daniele Raineri Titolo: «Il Mossad canta»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 12/06/2021, a pag.1, con il titolo "Il Mossad canta", l'analisi di Daniele Raineri.
Daniele Raineri
Yossi Cohen
Roma. Giovedì sera la rete tv israeliana Channel 12 ha trasmesso una strana intervista di più di un'ora a Yossi Cohen, che ha lasciato il posto di direttore del Mossad dodici giorni fa. E' strana perché perla prima volta un ex capo dell'intelligence rivela informazioni a proposito dei sabotaggi e delle operazioni in Iran - di solito Israele mantiene un silenzio ambiguo - e lo fa a distanza così breve dalla fine del suo incarico. Ed è strana anche perché in molti casi è la giornalista che lo intervista, Ilana Dayan, a rivelare dettagli importanti senza essere contraddetta. L'impressione è che Cohen voglia sfruttare i successi di quando era direttore del Mossad per accumulare capitale politico in vista di una futura candidatura a primo ministro di Israele, che infatti a fine intervista "non esclude", anche se "non ora" (per un po' non ci dovrebbero essere più elezioni dopo quattro elezioni in soli due anni). Cohen racconta di avere estrema familiarità con i siti nucleari iraniani e che se potesse farebbe vedere alla giornalista i sotterranei di Natanz.
Dove "giravano" (al passato) le centrifughe. Natanz è stata colpita da due esplosioni a luglio e ad aprile. La Dayan spiega che la prima volta l'esplosivo era contenuto in una scrivania e la seconda, molto più distruttiva, l'esplosivo era contenuto in una piattaforma di marmo molto pesante usata per stabilizzare le centrifughe. Cohen non commenta. In entrambi i casi, sono stati gli iraniani stessi a piazzare senza saperlo le bombe dentro il loro sito nucleare più sorvegliato. "Le centrifughe non girano più ora?", chiede lei. No. "Ma magari le hanno riparate nel frattempo". Quel posto non è più come era prima, dice lui, alludendo così al fatto che il Mossad avrebbe immagini delle conseguenze dell'esplosione dentro Natanz. Cohen dice: "Ci rivolgiamo con chiarezza all'Iran: non vi lasceremo avere la bomba atomica. Che cosa non capite?". Su Mohsen Fakhrizadeh, il generale e scienziato iraniano ucciso in un agguato per strada a novembre, Cohen rivela che era sorvegliato da anni dal Mossad e gli agenti erano arrivati molto vicino a lui fisicamente - ma non si prende la responsabilità dell'omicidio. E però dice: "Se un uomo ha una capacità che mette in pericolo i cittadini di Israele, deve smettere di esistere". Chiede la giornalista: è mai capitato di avvicinare uno scienziato iraniano - sto facendo soltanto un esempio - e dirgli: "Caro amico, forse preferisci diventare un insegnante di piano?". Sì. "Capiscono l'alternativa?". Vedono i loro amici. "Capiscono chili ha avvicinati?". Anche se non lo capiscono, sanno chi c'è dietro. Cohen conclude questo segmento dicendo che ci sono scienziati iraniani che hanno ascoltato il consiglio. L'ex capo del Mossad racconta quello che considera uno dei suoi successi più grandi e il solo che può rivendicare: l'aver messo le mani sui documenti segreti del programma nucleare iraniano nascosti in trentadue casseforti dentro un palazzo sorvegliato di Teheran sud nel 2018.
Il programma spiega che ad agire fu una squadra di 20 agenti, nessuno dei quali israeliano (se fosse un'informazione vera, confermerebbe che Israele dispone di un network di agenti iraniani dentro l'Iran), che fu preparata per due anni in una replica di quel luogo "in un altro paese" - com'è ovvio, perché agenti iraniani non potrebbero andare ad addestrarsi in Israele. Forse l'Azerbaigian che confina a nord? Cohen quella notte seguì in diretta dal comando di Tel Aviv le operazioni durate sette ore per scassinare le casseforti e portare via il contenuto. Quando arrivarono le immagini dei documenti in farsi, che descrivevano il programma nucleare dell'Iran, gli israeliani capirono l'importanza del colpo. Sguinzagliarono per Teheran alcuni camion civetta per ingannare l'apparato di sicurezza dell'Iran, che all'alba avrebbe scoperto cosa era successo. Intanto, a bordo del camion con i documenti, gli agenti copiavano e trasmettevano tutto quello che era loro possibile nel caso fossero stati fermati. Riuscirono a portare via tutto anche se il regime aveva bloccato i confini. Alcuni agenti, dopo l'operazione, dovettero essere portati in salvo via dall'Iran. Un segmento è dedicato alla vicinanza di Cohen al primo ministro uscente, Benjamin Netanyahu. Lui assicura che l'ottimo rapporto andava tutto a vantaggio delle operazioni del Mossad e che ogni cosa che faceva "era per uno scopo più alto".
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