'Fedeltà e tradimento', di Chaim Grade Recensione di Susanna Nirenstein
Testata: La Repubblica Data: 05 giugno 2021 Pagina: 13 Autore: Susanna Nirenstein Titolo: «L'ebreo errante e il suo doppio»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 05/06/2021 a pag.13, con il titolo "L'ebreo errante e il suo doppio", la recensione di Susanna Nirenstein.
Susanna Nirenstein
La copertina (Giuntina ed.)
Elie Wiesel diceva che Chaim Grade era tra i più importanti scrittori yiddish, senz'altro "il più autentico", e nell'affermarlo faceva sicuramente riferimento ai funambolici diavoletti di Isaac Bashevis Singer. Nato nel 1910 a Vilnius (chiamata la Gerusalemme del Nord per la vivacità degli studi rabbinici dalle molteplici tendenze), scomparso nel 1982 a New York dove era arrivato nel 1948, Grade, con talento, impeto ed estremo realismo, fece quel che andava fatto: descrisse con poesie e prose un mondo che era stato cancellato, il suo mondo, le yeshivah dove si approfondivano la Torah e il Talmud e i contrasti che le incendiavano (come nel bestseller La moglie del rabbino, Giuntina), le cittadine polacche e lituane dove gli ebrei affollavano interi quartieri divisi tra ortodossi, comunisti, sionisti..., il modo in cui vestivano, mangiavano, si sposavano, crescevano i figli mentre la modernità faceva il suo ingresso. E certamente lo smarrimento e gli interrogativi dei sopravvissuti alla Shoah. Educato nei primi anni da un padre maskil, illuminista, che morì presto, mandato poi dalla madre nella severa yeshivah di Novaredok intossicata dall'ossessione della purezza fino a forme di ascesi quasi autopunitive che lasciò stremato per cercare la strada della laicità e di un moderato insurrezionalismo (con i nazisti alle porte si rifugiò in Unione Sovietica sperando, a torto, che i tedeschi non avrebbero toccato la moglie e la madre, per venirne via nel '46 e approdare prima brevemente a Parigi e poi in America), in lui soprattutto non cessarono mai il dialogo interiore, le domande sulla contrapposizione tra religione e non osservanza, tra fede e contemporaneità, su come l'ebraismo dovesse accogliere i laici dentro di sé, sulla sostanza dell'identità ebraica.
Ed ecco allora due fulminanti esempi di questo eterno rovello di Chaim Grade, due lunghi racconti tradotti con amore da Anna Linda Callow e raccolti sotto il calzante titolo scelto dalla Giuntina, Fedeltà e tradimento. Nel primo, Il giuramento, lo scrittore poeta ci porta accanto a un mercante benestante sul letto di morte che strappa ai figli due promesse: al maschio che lascerà l'università di agraria, dove l'aveva lui stesso indirizzato, per dedicare la vita allo studio della Torah e del Talmud con un rebbe che vive appartato dal mondo, alla femmina invece che sposerà uno studente di yeshivah: quell'uomo pio in fin di vita si è pentito della sua esistenza mondana, per quanto religiosa, e vuole che la prole ritorni sulla retta via. Ma siamo nei primi decenni del Novecento, scienza e rivoluzione ballano valzer trascinanti, e i due ragazzi, per quanto provino a essere fedeli alla promessa, sono comunque attratti dal mondo secolare. Ma è il secondo titolo, uno dei più famosi del bifronte Grade, portato anche in teatro e sullo schermo, La mia contesa con Hersh Rasseyner, del 1952, a scuoterci nel profondo. Uno dei due protagonisti, Chaim Vilner, è modellato totalmente sull'autore, che 23enne se ne era andato dalla dura yeshivah per diventare un poeta. Ma che tipo di prosa è, una storia, una memoria, un saggio? Qualsiasi cosa sia, è chiaro, come ha scritto la grande critica yiddishista Ruth Wisse, che Grade ha creato una sua speciale forma letteraria per contenere le guerre che lo abitavano, uno spaccato autobiografico che traspone le lotte ai tempi dello studentato rabbinico in un aspro scontro postbellico tra due sopravvissuti, Chaim appunto, e Hersh, ex compagno della casa di studio. Ci sono tre momenti in cui si incontrano, nel 1937 a Byalistok, nel 1939 a Vilnius e nel 1948 a Parigi. Nel primo si incolpano a vicenda di non possedere la verità, per Grade il religioso non si è isolato dal mondo, è solo pieno di orgoglio e non di santità, per Hersch invece Chaim e il suo umanesimo non vogliono dire che perdizione. Al secondo, Vilnius è occupata dai sovietici e Hersch accusa Chaim delle sue simpatie comuniste. Ma è il terzo confronto ad essere il più forte e destabilizzante: siamo all'indomani della Shoah, ambedue hanno perso tutta la famiglia, Hersch è stato in un lager, eppure riprendono subito a puntarsi l'indice contro come se si fossero lasciati il giorno prima. Ora c'è una domanda in più per ciascuno dei due: come fa Hersh a credere ancora in un Dio che ha permesso la Shoah? E come fa Chaim a credere ancora nella cultura europea in cui sono cresciuti il nazismo e i suoi crimini? Ambedue sono Chaim Grade: queste domande deve essersele poste fino all'ultimo giorno della sua vita.
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