Gentilissima Signora Fait, per chi, come me, ama Israele e prova disgusto per tutte le menzogne e l’odio che gli vengono rovesciate addosso, è molto importante poter contare su fonti d’informazione affidabili e mi dispiace che si sottovalutino i danni di informazioni imprecise o di fonte inaffidabile anche se favorevoli ad Israele. Nel caso dell’articolo pubblicato il 27 maggio 2021 da IC sul contenuto dell’opera “Palaestina ex monumentis veteribus illustrata” di Adriaan Reland (o Reeland o Reelant), il punto critico non è “se Reeland avesse ragione o torto”, ma il fatto che l’opera non contiene i dati che l’articolo le attribuisce. Cercando su internet, sembra che all’origine dell’articolo pubblicato da IC e di quelli, pressoché identici, in inglese e francese comparsi in vari siti ci sia un articolo in ebraico di un certo Avi Goldreich, tradotto in inglese da una certa Nurit Greenger e pubblicato sul sito Think Israel nel 2007. Donde vengano tutte le affermazioni sullo stato della Palestina nel XVII secolo che questi afferma di aver trovate nel suddetto volume, resta ignoto: potrebbe trattarsi di dati veri (tratti da altre fonti non indicate) o inventati di sana pianta, ma per saperlo occorrerebbe poter compiere ricerche che sono, ovviamente, al di là di ogni mia possibilità. Mi sembra, perciò, molto dubbio che si possa contare su un articolo come quello per fondare affermazioni sulla presenza o, secondo l’articolo stesso, sulla “mancanza assoluta di arabi” in Terra d’Israele poco più di tre secoli fa. Asserzione di cui, tra l’altro, mi sfugge l’utilità: se si tratta di dimostrare che una popolazione ebraica è rimasta in Israele anche nei secoli delle dominazioni arabe ed ottomana, vi sono altre fonti; se si tratta di negare che gli odierni palestinesi abbiano diritto ad uno Stato nazionale su tutti o parte dei territori conquistati da Israele nel 1967, la situazione alla fine del Seicento non vale a dirimere la disputa, dovendosi tener conto della situazione al momento della dissoluzione dell’impero ottomano e degli sviluppi successivi. Con i più cordiali saluti,
Annalisa Ferramosca
Gentile Annalisa,
Da quello che leggo Adrian Reeland, il cui nome originale pare fosse Hadriani Relandi, era un pozzo di scienza, cartografo, geografo, filologo, parlava il greco antico, l'ebraico, l'arabo, il latino e la maggior parte delle lingue europee. Racconta del suo viaggio in Palestina nel Volume 1, negli anni 1695/96. Un autore, certo Amer Bekic, racconta come Reeland fosse abituato a studiare, qui riporto: " in primo luogo, ha mappato la terra. In secondo luogo, Relandi identificò ciascuno dei luoghi menzionati nella Mishnah o Talmud, insieme alla loro fonte originale. Se la fonte era ebraica, la elencò insieme alla frase appropriata nelle Scritture Ebraiche. Se la fonte era romana o greca ha presentato la connessione in greco o latino. Terzo, ha organizzato un'indagine sulla popolazione e un censimento di ogni comunità visitata. Conclusioni importanti: la terra era prevalentemente, desolata, vuota; i suoi abitanti erano pochi, concentrati nelle città di Acco, Gaza, Jaffa, Gerusalemme, Tiberio e Tzfat. La maggior parte degli abitanti erano ebrei e il resto, cristiani. C'erano pochi musulmani e una manciata di beduini nomadi. Nablus, chiamata Shchem, dove vivevano circa 120 persone, membri della famiglia musulmana Natsha e circa 70 Shomroniti. È interessante e degno di menzione che Relandi si riferiva ai musulmani come "beduini nomadi" che arrivavano nella zona come rinforzo del lavoro edilizio e agricolo, lavoratori stagionali. Nella capitale della Galilea, Nazareth, vivevano circa 700 cristiani e a Gerusalemme circa 5000 persone, per lo più ebrei e alcuni cristiani. Reland apprese che nessun insediamento in Palestina aveva un nome di origine araba. I nomi degli insediamenti hanno origine nelle lingue ebraica, greca, latina o romana. Questo libro splendidamente illustrato contraddice qualsiasi teoria postmoderna che rivendica un "patrimonio palestinese" o una nazione palestinese. Rafforza e convalida ulteriormente la connessione, la parentela di questo paese con il popolo ebraico, la rilevanza, la pertinenza e l'assoluta mancanza di proprietà araba, che ha adottato il nome latino Palestina per proprio." https://remarkable-travels.blogspot.com/2013/09/hadriani-relandis-palaestina-ex.html
Questo signor Bekic è ovviamente un ammiratore di Reeland, altri commentatori scrivono non essere mai passato per la Palestina ottomana. Il personaggio è certamente controverso ma quello che salta all'occhio è la sua descrizione della Palestina, la stessa fatta da Mark Twain, due secoli dopo, nei suoi Diari di viaggio: "una terra vuota e desolata".