Negli investimenti dei tedeschi tracce di pregiudizi antisemiti Commento di Tonia Mastrobuoni
Testata: La Repubblica Data: 31 maggio 2021 Pagina: 16 Autore: Tonia Mastrobuoni Titolo: «Negli investimenti dei tedeschi tracce di pregiudizi antisemiti»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA - Affari & Finanza di oggi, 31/05/2021, a pag.16, con il titolo 'Negli investimenti dei tedeschi tracce di pregiudizi antisemiti' il commento di Tonia Mastrobuoni.
Tonia Mastrobuoni
Da settimane in Germania si dibatte ferocemente sul termine "globalismo", ossia da quando un candidato dell'ala destra della Cdu, l'ex capo dei servizi segreti interni Hans-Georg Maassen, l'ha utilizzato pubblicamente, spesso associandolo a un'altra espressione dall'origine discutibile, "great reset". La leader tedesca dei Fridays for Future, Lisa Neubauer, gli ha ricordato qualcosa che nessuno, in Italia, ricorda mai neanche a Giorgia Meloni, che utilizza il termine "globalismo" in modo piuttosto disinvolto. "Globalismo" è un termine usato dall'estrema destra internazionale per descrivere un presunto complotto internazionale ordito da fantomatiche elites per soppiantare l'ordine costituito. È la teoria, appunto, del "great reset". E dietro questa oscura trama ci sarebbero, ovviamente, gli ebrei. Le leggenda nera degli ebrei avidi e disonesti che controllerebbero il commercio e la finanza, che sfrutterebbero le loro abilità per moltiplicare soldi, ampliare il loro potere e controllare il globo, è antichissima, e riemerge in ogni epoca come un velenoso fiume carsico senza che la storia riesca mai a inghiottirla per sempre. «Se ci pungete non ver D siamo sangue, forse?», si infuriava Shylock nel Mercante di Venezia di William Shakespeare, evidenziando un dualismo dannoso che ha accompagnato l'Europa per due millenni, il "noi" dei cristiani" e il "loro" degli ebrei, e che continua a minare i rapporti tra due culture inscindibili che hanno formato l'Europa. Non a caso Angela Merkel parla sempre delle inseparabili "radici giudaico-cristiane" dell'Europa. Una straordinaria mostra sulla mania del risparmio tedesca, "Sparen", organizzata dal Museo della Storia tedesca di Berlino ha tuttavia messo in evidenza di recente che il dualismo "risparmio/tedesco" "debito ebreo" si era già consolidato nell'Ottocento nelle teste dei tedeschi, prima di essere sfruttato con ferocia dai nazisti per rilanciare le tesi su complotti giudaico-massonici globali. Tesi che hanno contribuito ad alimentare, durante il Reich hitleriano, lo sterminio. È proprio dal "noi" e "loro" che due economisti tedeschi sono partiti per uno studio interessante quanto inquietante. Nelle loro scelte finanziarie - hanno scoperto Raphael Max (Technische Universitaet, Monaco) e Matthias Uhl (Technische Hochschule, Ingolstadt) - i tedeschi sono influenzati tuttora da pregiudizi antisemiti. In un paper appena pubblicato, "The downside of moralizing financial markets: Anti-Semitic stereotypes in German MTurkers", i due studiosi dimostrano che se un investimento viene proposto da qualcuno con un cognome ebreo, è considerato più immorale che se viene suggerito da qualcuno con un cognome che suoni cristiano. Se una proposta di investimento arriva da Noah Blumberg, è guardato con maggiore sospetto che se viene da Peter Schmidt, Alessandro Russo o Andrew Smith (per evitare di confondere antisemitismo e razzismo, gli autori hanno condotto l'esperimento anche con cognomi britannici e italiani, continuando a registrare un pregiudizio negativo solo verso quelli ebraici) «Abbiamo scoperto - si legge nel paper- che giovani investitori tedeschi di MTurkers con posizioni politiche centriste mostrano un comportamento che rivela stereotipi antisemiti. È molto più probabile che giudichino lo stesso investimento come immorale se il cognome è percepito come ebraico. E il meccanismo che scatena questo stereotipo dovrebbe indurci a considerare il giudizio morale sugli investitori con prudenza». Peraltro, per chi segue da vicino le cronache della finanza tedesca, i risultati non dovrebbero sorprendere più di tanto. Un rapporto dell'Autorità di vigilanza Bafin sullo scandalo finanziario del secolo, quello della startup bavarese dai bilanci sistematicamente falsificati, Wirecard, sottolinea come fosse «impressionante» che molte vendite allo scoperto sul titolo venissero da Israele. Impressionante, ovvio, è solo il fatto che l'Autorità di vigilanza tedesca abbia sentito il bisogno di metterlo in evidenza. Uno degli autori del saggio, Raphael Max, ci spiega via mail che «la moralizzazione in assenza di I numeri una teoria chiara etica su cos'è un investimento anti etico pub scatenare una logica da branco. Mentre la morale pub indurre a una maggiore coerenza all'interno di un gruppo (ad esempio migliorando la collaborazione), pub anche acuire il conflitto con un gruppo esterno». Peraltro l'economista di Monaco è convinto che non sia un fenomeno specificamente tedesco: «è altamente probabile» che il pregiudizio antisemita nella finanza «possa venire osservato anche in altri Paesi europei». Un approfondimento che l'economista intende fare in un prossimo paper. C'è pera, secondo lo studioso della Technische Universitaet, una tendenza più accentuata in Germania a considerare l'economia attraverso le lenti dell'etica, come dimostra l'ossessione per "l'azzardo morale" o altre discussioni pubbliche degli ultimi anni sulle politiche monetarie della Bce e le traiettorie dei conti pubblici. «Mentre la discussione Focus sulla lotta ai cambiamenti climatici è orientata in altri Paesi alla ricerca di una soluzione, in Germania ci si concentra maggiormente sulla responsabilità e sulla colpa dei singoli», argomenta Max. Un esempio clamoroso, sempre ispirato a cronache recenti, è il video "mia nonna è una scrofa dell'ambiente", cantato dal coro dei bambini dell'emittente pubblica Wdr che ha suscitato un'ondata di proteste. «E un fenomeno - dice Max - che Weber aveva voluto già mettere in evidenza nel 1919 con il suo saggio "La politica come professione", quando distingueva "l'etica del profitto" dall'"etica della responsabilità". Probabilmente è dovuto alla forte impronta kantiana dell'educazione etica in Germania". Mentre in Italia, conclude, «tendono a prevalere e ad avere un maggiore influsso le idee aristoteliche dell'etica della virtù».
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