Egitto mediatore per i colloqui Israele-Hamas Cronaca di Vincenzo Nigro
Testata: La Repubblica Data: 29 maggio 2021 Pagina: 15 Autore: Vincenzo Nigro Titolo: «La tela di Al Sisi. Al Cairo via al negoziato tra Israele e Hamas»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 29/05/2021, a pag. 15, con il titolo "La tela di Al Sisi. Al Cairo via al negoziato tra Israele e Hamas" l'analisi di Vincenzo Nigro.
Vincenzo Nigro
Abdel Fattah Al Sisi
Hamas e Israele si preparano a negoziare al Cairo. Saranno negoziati indiretti: al centro ci saranno gli attivissimi mediatori egiziani, che faranno la spola fra le due delegazioni. Se non ci saranno sorprese dell’ultima ora, le due delegazioni saranno di alto livello. Il capo dei negoziatori di Hamas sarà Ismail Haniyeh, leader del movimento all’esterno della Striscia di Gaza. Il capo- negoziatore israeliano sarà invece Gabi Ashkenazi, ministro degli Esteri, ex capo di Stato maggiore, un uomo in grado di interpretare ogni elemento nelle posizioni della politica, della diplomazia e anche della visione militare israeliana sul conflitto. Ancora ieri l’Egitto ha fatto entrare dentro Gaza una delegazione di alto livello del servizio di intelligence esterno, quello a cui il generale Sisi ha affidato il dossier. La guidava il generale Ahmad Abd al-Halek, responsabile per le questioni palestinesi; nelle prossime ore il generale e i suoi uomini ritorneranno a Tel Aviv a incontrare ancora una volta gli israeliani e poi passeranno a Ramallah, a vedere i dirigenti dell’Autorità palestinese. Per Israele gli obiettivi “dichiarati” di questa nuova fase negoziale sono riuscire ad ottenere il rilascio dei due cittadini israeliani prigionieri da mesi nella Striscia e la restituzione dei corpi di due soldati israeliani uccisi anni fa in combattimento. Ma Israele vuole capire anche quale “patto col diavolo” sia possibile costruire per offrire pace e sicurezza al Paese nei prossimi anni. Hamas vuole consolidare la tregua e trovare una modalità per far affluire nella Striscia le centinaia di milioni di dollari promesse da mezzo mondo per ricostruire le infrastrutture e aiutare la popolazione. Yahia Sinwar, il capo del movimento all’interno della Striscia, ha già detto «noi non toccheremo un centesimo di quei soldi, vogliamo che vadano tutti alla ricostruzione». Questo perché Israele vuole che Gaza sia ricostruita, ma chiede innanzitutto a Usa e Unione europea di non far arrivare soldi che potrebbero servire ad Hamas per ricostruire il suo parco-missili. Hamas accetta, perché i suoi finanziamenti militari arrivano in altro modo dall’Iran. In tutto questo l’Egitto si sta consolidando in Medio Oriente come la “potenza necessaria”. Il presidente Al Sisi, col capo del servizio esterno Abbas Kamal, da mesi ha preparato la tela dei rapporti con il Mossad, con le forze armate e con la politica israeliana da una parte e dall’altra con tutte le fazioni palestinesi, nessuna esclusa. L’altro giorno, lasciando Il Cairo dopo la breve visita di ringraziamento ad Al Sisi, il segretario di Stato Antony Blinken ha detto che «l’Egitto si è confermato un partner reale ed efficace, ho avuto ampi e ottimi colloqui con il presidente Al Sisi. Abbiamo un partner influente in Egitto nella gestione degli eventi e lavoriamo insieme in modo positivo». Solo 4 mesi fa Biden aveva lanciato segnali di gelo al presidente egiziano: nessuna telefonata, addirittura la proposta di alcuni deputati democratici di tagliare gli aiuti militari di 1,3 miliardi di dollari l’anno c he gli Usa pagano al Cairo. Biden adesso ha cambiato rotta. La guerra di Gaza ha accelerato un cambio che l’Egitto era pronto a raccogliere come un frutto maturo.
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