Riprendiamo da LIBERO di oggi, 25/05/2021, a pag.18 con il titolo "E Macron non difende Israele per non innervosire gli islamici", il commento di Gianluca Mazzini.
Emmanuel Macron con Benjamin Netanyahu
La dodicesima guerra in 70 anni tra israeliani e palestinesi è stata molto diversa dalle precedenti. Questa volta non è stato necessario schierarsi con una delle tifoserie contrapposte per essere coinvolti. La guerra di Gaza ha investito direttamente Italia ed Europa. Fino a un recente passato le guerre "lontane" in Asia, Medio Oriente, Caucaso riguardavano solo la politica estera. Oggi si stanno trasformando, drammaticamente, in questioni di politica interna. Questo a causa della forte ondata immigratoria che ha investito il Vecchio Continente negli ultimi decenni e che non sembra destinata a calare. Anzi. L'assenza di una linea europea sul problema e l'idea tutta italiana dei "porti aperti" accrescerà il rischio "travaso" di crisi internazionali all'interno dei singoli stati europei. Non hanno avuto grande rilevanza mediatica le manifestazioni di piazza a favore della Palestina che ci sono state in queste ultime settimane in tutta Europa. Anche in Italia migliaia di persone sono scese in piazza da Milano a Palermo passando per Roma. I manifestanti, sventolando bandiere palestinesi, chiedevano la fine dei bombardamenti su Gaza dove sono state uccise centinaia di persone tra cui 70 bambini.
STRANIERI IN PIAZZA Il fatto curioso è che anche da noi nessun partito politico ha preso ufficialmente posizione a favore della causa araba. Anzi. Tutti i partiti presenti in Parlamento, da destra a sinistra, hanno sostenuto il diritto alla difesa dello Stato d'Israele. Chi erano i manifestanti pro-Palestina nelle nostre piazze? Gruppuscoli extra-parlamentari di destra e sinistra? No. Si trattava, in gran parte, di giovani immigrati o di italiani di seconda e terza generazione. Ad organizzarle sono state le comunità di immigrati che risiedono da noi. Ecco la guerra israelo-palestinese da scontro politico che negli anni '70 divideva e infiammava i partiti, con la destra filoisraeliana e la sinistra filopalestinese si è oggi trasformata in una questione religiosa ed etnica che mobilità musulmani e arabi (in parte minore israeliani). Manifestazioni di piazza che non possono non creare un condizionamento politico anche dell'approccio internazionale che i singoli governi europei devono tenere.
VARIANTE ERDOGAN Ma c'è di più: la variante Erdogan. Da anni Vincenzo Sofo europarlamentare dei Conservatori Riformisti europei denuncia il problema. «Il leader turco è divenuto a tutti gli effetti un interlocutore interno all'Ue e ai singoli stati in virtù della sua astuta e inquietante strategia geopolitica. Erdogan si muove su tre direttrici. Controlla la rotta balcanica e in parte i flussi migratori dalla Libia. Insomma controlla i nostri confini. Gioca una partita energetica cercando di porsi come dominus nel Mediterraneo, da Cipro al Mar libico. Favorisce la diffusione dell'islamismo radicale in Europa. La sua strategia è ancor più significativa perché la Turchia è membro della Nato. Purtroppo a Bruxelles tutti fingono di non vedere il problema. Anche nella partita israelo-palestinese Erdogan ha giocato le sue carte ponendosi come difensore della causa palestinese ma anche come possibile mediatore all'interno dei paesi europei dove la presenza massiccia di comunità islamiche condiziona pesantemente i governi. In Francia Macron è stato costretto a esprimersi con cautela sul conflitto preoccupato dalle possibile reazioni di gruppi musulmani».
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