Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/05/2021, a pag.26, con il titolo "Israele, cambio di scena Usa-Ue" l'analisi di Lorenzo Vidino.
Lorenzo Vidino
Joe Biden con il Segretario di Stato Anthony Blinken
Ogni volta che, ciclicamente, esplode la violenza tra Israele e palestinesi, il mondo si schiera in allineamenti che hanno un impatto variabile sul conflitto ma sono sempre rivelatori di trend politici più ampi. A poche ore dalla fine delle ostilità si può dire che, sullo scacchiere mediorientale, Iran, Turchia, Qatar e Fratellanza Musulmana hanno confermato il proprio sostegno per Hamas e, al tempo stesso, gli Accordi di Abramo tra Israele e i vari Paesi arabi che si contrappongono al predetto fronte hanno retto al non facile test. Ma forse stupisce di più come il conflitto sia stato visto in Occidente. Israele da sempre conta simpatizzanti e detrattori su entrambe le sponde dell’Atlantico. Ma non è un’eccessiva semplificazione dire che l’Europa è sempre stata tendenzialmente più ostile allo Stato ebraico, mentre sia la popolazione che la classe politica americana si sono tradizionalmente dimostrate più vicine alle ragioni israeliane. Ci sono elementi per pensare che questo assioma sia da rivedere. In Europa le manifestazioni di piazza e le condanne di Israele da parte di politici ci sono state, come sempre. Ma il tono dei governi e di buona parte degli establishment europei è stato marcatamente diverso.
Può non stupire che il cancelliere di centro-destra austriaco Kurz faccia esporre la bandiera israeliana sul suo palazzo, ma è rivelatorio che la leader dei Verdi tedeschi, Annalena Baerbock, in testa nei sondaggi elettorali per la successione di Angela Merkel, affermi il diritto di Israele di difendersi e che il suo compagno di partito, Cem Özdemir, di origini turche, citi la celebre frase di Golda Meir, “la pace arriverà quando gli arabi ameranno i propri figli più di quanto odino noi.” Dinamiche analoghe in quasi tutta Europa, con simpatie trasversali. In Italia rappresentanti di tutti i maggiori partiti in Parlamento hanno partecipato ad un evento pubblico a Roma a sostegno di Israele aggredita da migliaia di razzi di Hamas. Un insieme di fattori spiegano il cambiamento. Negli ultimi anni Israele ha migliorato le relazioni diplomatiche con Bruxelles ed ha stretto forti sinergie economiche con molti Stati membri nei settori tecnologici, militari ed energetici (questi ultimi favoriti da scoperte petrolifere nel Mediterraneo Orientale). Vi è poi anche una consapevolezza nelle cancellerie europee che, contrariamente a quanto si pensasse in passato, il conflitto israelo-palestinese non è la chiave per pacificare la regione: i conflitti dell’ultima decade (Siria, Libia, Yemen…) nulla hanno a che fare con Israele. E gli Accordi di Abramo hanno mostrato che il mondo arabo non è (più) compattamente schierato da una parte. Infine, un numero crescente di europei, soprattutto nei Paesi che più sono stati toccati dal terrorismo jihadista, si immedesimano, a torto o a ragione, nella lotta di Israele. Non deve pertanto stupire che il portavoce di En Marche!, il partito di Macron, dica che “abbiamo un fronte comune con Israele: la lotta contro il terrorismo islamista.” Se l’Europa è in qualche modo più vicina a Israele di prima, segnali opposti si registrano oltreoceano. Lo Stato ebraico può sempre contare sull’appoggio deciso dei repubblicani e dell’establishment democratico, come dimostrato dal supporto dato da Joe Biden a Israele durante la crisi. Ma il partito democratico è spaccato, e la parte più giovane e radicale (e in forte ascesa) vede il conflitto mediorientale attraverso l’ottica identitaria che prevale in America: Israele viene visto quindi come uno “Stato coloniale e razzista”, esempio di “privilegio bianco da smantellare”.
È un approccio che attrae il mondo di Black Lives Matter e molti giovani, anche ebrei americani, che i sondaggi danno sempre meno legati rispetto ai loro padri all’idea di Israele. L’evoluzione del partito democratico, diviso tra establishment clintoniano e obamiano, di cui Biden è forse l’ultima emanazione, da una parte, e una base radicale dall’altro, rischia di avere un forte impatto sul rapporto tra America e Israele negli anni a venire. Inoltre, per la prima volta il conflitto mediorientale ha avuto un importante strascico di violenza sul territorio americano, con gruppi di supporter pro-palestinesi che sono entrati in quartieri a maggioranza ebraica di New York, Los Angeles e altre città e hanno compiuto una vera e propria caccia all’uomo aggredendo ebrei. Dinamiche mai viste prima in America e che fanno crescere l’apprensione della comunità ebraica americana.
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