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La Repubblica Rassegna Stampa
23.05.2021 Gaza: il regno del terrore di Hamas
Cronaca di Vincenzo Nigro

Testata: La Repubblica
Data: 23 maggio 2021
Pagina: 10
Autore: Vincenzo Nigro
Titolo: «Il ritorno di Sinwar. Il capo di Hamas si mostra e sfida Israele»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 23/05/2021, a pag. 10, con il titolo 'Il ritorno di Sinwar. Il capo di Hamas si mostra e sfida Israele' l'analisi di Vincenzo Nigro.

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Vincenzo Nigro

Yahya Sinwar re-elected as Hamas chief in Gaza Strip | Gaza News | Al  Jazeera
Yahiha Sinwar

Se erano nascosti nei tunnel, sono tornati a farsi vedere alla luce del sole. Se erano stati sconfitti, sono stati riesumati dai loro capi, si sono organizzati e marciano marziali e meccanici, incappucciati di nero come soldati pronti ancora a un nuovo martirio. I militanti di Hamas ma anche quelli della super-segreta Jihad Islamica, la formazione ancora più radicale che a Gaza viene sostenuta dall’Iran, tornano nelle strade. Ieri hanno celebrato la tregua dopo l’ennesima guerra con Israele. L’hanno organizzata, propagandata, venduta come una vittoria: le loro armi, i loro missili sono stati distrutti. Ma loro ci sono, Hamas e Jihad ancora controllano Gaza. Il più clamoroso è Yahiha Sinwar, l’ex capo militare che è diventato da anni il capo politico del movimento islamico nella Striscia. Durante gli 11 giorni dei bombardamenti israeliani, mentre ordinava di lanciare razzi a pieno ritmo contro le città israeliane, Sinwar si è nascosto in un luogo che nessun sistema di intelligence di Israele è riuscito a scovare per eliminarlo. Sinwar si è presentato al funerale di uno dei suoi comandanti, Bassam Hissa, capo di una delle unità di lancio dei missili. Circondato da guardie del corpo, difeso da decine di miliziani neri. Di sicuro i droni che ronzano ininterrottamente sulla striscia lo avranno individuato: ma Israele ha firmato una tregua, e come dice Joe Biden, «io mi fido della parola di Bibi Netanyahu». Gli slogan sono i soliti, quelli di morte e vendetta contro Israele.

La sfida è chiara: siamo ancora qui, e siamo più forti perché siamo il movimento militare e politico che ha messo nell’angolo la Anp dell’anziano presidente Abu Mazen Ma ieri è stata una giornata di ritorno anche per la segretissima Jihad Islamica. Nata come costola dei Fratelli musulmani egiziani, Jihad Islamica palestinese negli anni è diventato il primo movimento a inventare e organizzare in massa gli attentati suicidi nel cuore di Israele, a Tel Aviv come in altre città centrali del paese. A Gaza ha trovato terreno fertile per crescere, e i finanziamenti dell’Iran per rafforzarsi. Ieri a Beit Lahia, pochi chilometri a Nord di Gaza City, la Jihad ha organizzato il funerale di uno dei suoi miliziani. Hisham el Shurafa 28 anni, era uno dei lanciatori di razzi colpiti dai missili di Israele nelle notti dei combattimenti. All’ingresso una lunga fila di incappucciati neri, tutti con kalashnikov in mano, erano i suoi camerati. All’interno di un cortile le sedie dei parenti, di qualche attivista medio del movimento. Da un altoparlante gli slogan di vendetta e aggressione contro Israele. Se possibile, la Jihad vorrebbe cancellare Israele “dal fiume Giordano al mare” ancora più velocemente di quanto vorrebbe fare Hamas.

A Gaza Jihad palestinese è tornata ad essere la pedina decisiva di Teheran. La Repubblica islamica sostiene anche Hamas, ma negli ultimi anni anche fra loro c’è stata una seria divergenza, Hamas da movimento rivoluzionario, ha appoggiato i ribelli che nel 2011 diedero il via alla rivolta per cacciare il siriano Assad. L’Iran ha combattuto per Assad, ha perduto decine di uomini delle sue forze d’élite. Un riavvicinamento è nelle cose, anche se adesso Hamas avrà un elenco di “donatori” pronti a puntare su questo movimento che ha le carte per guidare la resistenza palestinese. I suoi sostenitori più concreti sono diventati il Qatar dello sceicco Al Thani e la Turchia dei fratelli musulmani del presidente Erdogan. I militanti della Jihad ieri al funerale non accettavano domande di politica. Anche perché una grande nebbia è scesa sul futuro di questa galassia di milizie armate e violente. È un grande gioco di influenza attorno alla questione palestinese. In cui l’unica fazione moderata, quella del vecchio presidente Abu Mazen, ormai sembra in declino irreversibile. Tutto questo sulla pelle dei cittadini di Gaza.

La Striscia è riemersa con gioia dalle case, dagli scantinati in cui le famiglie si sono nascoste per 11 giorni di bombardamenti. Anche ieri ristoranti, mercati, bancarelle aperte, passeggiate di famiglie, di coppie, mandrie di giovani irruenti per tutto il lungomare e attorno ai palazzi bombardati, da visitare per un selfie. Ma Gaza ha bisogno di tutto. La guerra ha fatto 150 milioni di dollari di danni. All’Ansa l’Onu dice che «77mila sfollati sono stati distribuiti in 58 scuole e nei rifugi segnati come tali nelle carte dell’esercito israeliano, e quindi protetti». Ma 600 mila studenti devono tornare a scuola. Le case distrutte sono centinaia. Settanta strade principali sono state bloccate dalle bombe, per 130 chilometri, ci sono 7 chilometri di tubatura d’acqua e 11 chilometri della rete fognaria saltati per aria. Adesso nell’aria, quasi dappertutto c’è il tanfo putrido delle fogne che rigurgitano i liquami in strada. L’odore della guerra è questo, la puzza delle fogne.

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