Gaza 6: la posizione degli Stati Uniti Commento di Stefano Graziosi
Testata: La Verità Data: 16 maggio 2021 Pagina: 15 Autore: Stefano Graziosi Titolo: «I democratici americani sparano su Israele»
Riprendiamo dalla VERITA' di oggi, 16/05/2021, a pag. 15, con il titolo "I democratici americani sparano su Israele", il commento di Stefano Graziosi.
Il palazzo di Al Jazeera a Gaza, distrutto da un intervento israeliano (dopo un'ora di preavviso)
Non si arresta l'escalation tra Israele e Hamas. Nonostante gli sforzi più o meno sotterranei della diplomazia, la giornata di ieri ha infatti visto continuare gli scontri. Dopo averne intimato l'evacuazione, le forze di difesa israeliane hanno distrutto la torre Al Jalaa a Gaza City: un edificio che ospitava diversi media, tra cui Associated press e Al Jazeera. In particolare, secondo l'esercito dello Stato ebraico, quel palazzo avrebbe custodito «asset militari» utilizzati da Hamas: quella stessa Hamas che, in risposta all'episodio, ha minacciato ritorsioni contro Tel Aviv e la parte centrale di Israele. Dura la presa di posizione dell'ad dell'Associated press, Gary Pruitt, su quanto accaduto. «Questo è uno sviluppo incredibilmente inquietante [...] Una dozzina di giornalisti e liberi professionisti di Ap erano all'interno dell'edificio e per fortuna siamo stati in grado di evacuarli in tempo. Il mondo saprà meno di ciò che sta accadendo a Gaza a causa di ciò che è accaduto oggi», ha dichiarato. La questione rischia di irrigidire i rapporti tra Israele e gli Stati Uniti. È pur vero che, in una nuova telefonata ieri con Joe Biden, Benjamin Netanyahu ha ringraziato Washington per il «sostegno incrollabile», assicurando inoltre il proprio impegno nell'evitare di colpire civili innocenti. Tuttavia l'amministrazione americana ha espresso preoccupazione per la distruzione della torre Al Jalaa. «Abbiamo comunicato direttamente agli israeliani che garantire la sicurezza e l'incolumità dei giornalisti e dei media indipendenti è una responsabilità fondamentale», ha twittato la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki. Non solo: perché la questione ha riacceso le critiche a Israele da parte dalla sinistra del Partito democratico, con la deputata Rashida Tlaib che ha avuto parole durissime: «Israele prende di mira le fonti dei media in modo che il mondo non possa vedere i crimini di guerra di Israele condotti dal capo dell'apartheid Netanyahu». Il ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz, è nel frattempo intervenuto sui violenti scontri in Cisgiordania. «Lo Stato di Israele non ha interesse a un'escalation in Giudea e Samaria ma è pronto per qualsiasi scenario», ha detto. In tutto questo, nella notte di venerdi, tre missili sono stati lanciati dalla Siria contro Israele, appena poche ore dopo l'uccisione di un membro di Hezbollah da parte delle truppe israeliane. Costui era tra i manifestanti filo-palestinesi che venerdì erano penetrati dal Libano nello Stato ebraico, innescando la reazione delle forze israeliane che avevano sparato contro di loro. Hezbollah ha proclamato «martire» il dimostrante rimasto ucciso, mentre ieri si sono tenuti i suoi funerali. Sempre ieri diversi manifestanti hanno lanciato al confine libanese bombe molotov contro Israele, le cui forze di difesa hanno frattanto reso noto di aver bombardato la casa del vice capo di Hamas nella Striscia di Gaza, Khalil al-Hayya. Resta per ora incerta la possibilità di una tregua. Nella tarda notte di venerdì, il Times of Israel aveva riferito che le due parti potessero raggiungere l'accordo per un cessate il fuoco in pochi giorni. La stessa testata ha riportato tuttavia ieri sera che Israele non sarebbe favorevole a un armistizio imminente. Il diplomatico americano Hady Amr è intanto arrivato a Tel Aviv per cercare di favorire una de-escalation. Biden, dal canto suo, ha avuto una conversazione col presidente dell'Anp, Mabmoud Abbas. Gli occhi restano comunque puntati sulla riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, prevista per oggi. Proteste filo palestinesi si sono nel frattempo tenute ieri a Londra e Madrid. Tafferugli con la polizia si sono inoltre verificati a Parigi, dove si è tenuta una manifestazione nonostante il divieto emesso venerdì dalla prefettura. In tutto questo, ieri sono anche esplose delle tensioni diplomatiche tra Vienna e Teheran: il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha cancellato una visita in Austria, dopo che - due giorni fa -il premier austriaco, Sebastian Kurz, aveva fatto sventolare la bandiera israeliana sulla sede della Cancelleria in segno di solidarietà con lo Stato ebraico. Ricordiamo che non soltanto Iran e Israele sono acerrimi nemici, ma anche che Teheran ha storicamente fornito il proprio appoggio ad Hamas. Vale inoltre la pena sottolineare che proprio la città di Vienna è la sede dei colloqui in corso per cercare di rilanciare il controverso accordo sul nucleare con l'Iran. Senza poi trascurare che l'Austria ha recentemente classificato la filo iraniana Hezbollah come organizzazione terroristica. In questo quadro, è bene ricordare che, a giugno, si terranno le elezioni presidenziali in Iran. E che svariati esponenti del fronte ultraconservatore hanno registrato la propria candidatura. Come riportato dalla rivista Foreign Policy, tra costoro compare anche Saeed Mohammad, generate di brigata delle Guardie della rivoluzione: una realtà che, secondo gli Stati Uniti, sostiene attivamente llamas. Vicino alle Guardie è, secondo Reuters, anche un altro candidato: il capo della magistratura iraniana Ebrahim Raisi. Non è quindi del tutto escludibile che sull'attuale crisi di Gaza pesino (anche) le dinamiche della politica interna iraniana.
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