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La Stampa Rassegna Stampa
15.05.2021 Mordechai Kedar: 'Israele non ha scelta. Deve difendersi'
Lo intervista Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 15 maggio 2021
Pagina: 5
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «'Hanno dichiarato la jihad contro Israele dobbiamo difenderci'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/05/2021, a pag.5, con il titolo 'Hanno dichiarato la jihad contro Israele dobbiamo difenderci' l'intervista di Giordano Stabile a Mordechai Kedar.

In altra pagina di IC l'analisi di Mordechai Kedar.

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Giordano Stabile

Israeli professor Mordechai Kedar claims wrong man convicted of killing  Rabin | The Times of Israel
Mordechai Kedar

Mordechai Kedar è stato a lungo nelle forze armate israeliane, è ancora colonnello della Riserva. Dalla sua residenza nei sobborghi di Tel Aviv segue da vicino gli sviluppi militari. Hamas «è certo più forte che nel 2014, ha più missili, più sofisticati, nuove armi e organizzazione», ma in ogni caso «non è in grado di infliggere gravi danni o tanto meno una sconfitta» a Israele. Preoccupa di più la rivolta interna, che definisce una «jihad». Quale direzione prenderà il conflitto dipende soprattutto da fattori politici, in quanto l'aviazione israeliana è in grado da sola di «dare una lezione» ai gruppi militanti.

Ci sarà l'operazione di terra? «Dipende da qual è l'obiettivo finale. Se è l'annientamento totale di Hamas è chiaro che serve anche un'invasione della Striscia per distruggere tutti i tunnel, annichilire i reparti combattenti e la leadership. Va detto che le esperienze del 2014 hanno migliorato le loro capacità. Ma anche quelle delle forze armate israeliane. La distruzione dei tunnel procede anche dal cielo. L'aviazione colpisce qualsiasi asset legato ad Hamas. Laboratori per assemblare i razzi, gallerie di collegamento, centri comando e logistici, i media. Ha fatto scalpore la distruzione delle torri delle tv, ma pure la propaganda fa parte delle armi dei terroristi».

Così le vittime civili sono destinate ad aumentare. «Li usano come scudi umani, che possiamo fare? Non sarà questo a paralizzare Israele».

E un obiettivo più limitato a che cosa punta? «L'obiettivo in questo caso è infliggere tali danni da impedire nuovi attacchi per un certo periodo di tempo. Si tratta di far capire alla leadership di Hamas che aver scelto l'escalation è stato un errore terribile. Ciò ristabilirà la deterrenza israeliana e guadagneremo un poi di tranquillità. In questo caso i raid, per una settimana,10 giorni, dovrebbero essere più che sufficienti. Hamas ha già utilizzato oltre un terzo dei suoi missili. Finirà le munizioni. Ma la vera sconfitta arriverà a livello politico, in Israele, una conseguenza che non aveva previsto».

E cioè? «Per Israele la vittoria definitiva è in realtà il ricompattamento della destra. La maggioranza degli elettori israeliani ha scelto la destra, in tutte le ultime quattro elezioni. Solo che è divisa. Ma di fronte al lancio indiscriminato di razzi, alla rivolta degli arabi, è logico che Naftali Bennett, e anche Avigdor Lieberman, comprendano che è il tempo della riunificazione, di un governo di destra. Per Hamas e tutti i gruppi jihadisti sarebbe la fine perché un esecutivo di questo tipo metterebbe al primo posto la lotta senza quartiere alla jihad che ci è stata dichiarata contro».

In che senso jihad? C'è un legame fra gli attacchi di Hamas e le proteste nelle città arabo-israeliane? «Senza ombra di dubbio. Quando migliaia di musulmani a Gerusalemme si rivoltano al grido "con il nostro sangue, con il nostro spirito, salveremo la moschea di Al-Agsa", siamo di fronte a una guerra religiosa. Quando i rivoltosi nelle città israeliane di Lod, Giaffa, Acre, e tante altre, si uniscono nello slogan "Khyber, Khyber, o giudei, l'esercito di Mohammad tornerà", in riferimento ai massacri di ebrei durante la prima espansione dell'islam, siamo di fronte a una guerra religiosa. Hanno dichiarato la jihad contro Israele».

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