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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Libertà di culto a Gerusalemme 11/05/2021
Libertà di culto a Gerusalemme
Analisi di Michelle Mazel

(Traduzione di Yehudit Weisz)


Temple Mount: Control and not Sovereignty | dis:orient
L'area del Monte del Tempio/Spianata delle moschee a Gerusalemme

Gerusalemme ha celebrato in successione, nella massima calma, la Pasqua ebraica, la Pasqua cattolica e la Pasqua ortodossa, quest'ultima caratterizzata dalla cerimonia del Fuoco Sacro che ha riunito migliaia di fedeli all’interno del Santo Sepolcro. Bisogna sottolineare che solo dopo la rinascita di Israele nel 1948, i cristiani di tutte le confessioni possono finalmente praticare il loro culto in completa libertà. Sono finite le restrizioni imposte dall'Impero Ottomano, che, non potendo sopportare il suono delle campane delle chiese, lo vietava completamente. Certo, ancora oggi si perpetua l'ingiustizia storica secondo cui è una famiglia musulmana a detenere le chiavi del Santo Sepolcro, il luogo in cui la tradizione cristiana colloca la tomba di Cristo, ma è perché i cristiani stessi non osano cambiare lo status quo, per paura di irritare i loro vicini musulmani. Vicini che continuano a praticare il loro culto oggi come ieri. Il venerdì durante le grandi festività, centinaia di migliaia di musulmani si riversano nella “Spianata delle Moschee”, il terzo luogo più sacro dell'Islam dopo la Mecca e Medina.  Questa sacralità, il luogo la deve prima di tutto ad Abramo, perché fu lì che il patriarca era pronto a sacrificare suo figlio Isacco per obbedire al comando divino. La storia è raccontata nella Bibbia, ma molti secoli dopo fu ripresa dal Corano che fece di Abramo un profeta dell'Islam e sostituì Isacco con Ismail. In secondo luogo, ovviamente, la deve a Salomone, che costruì un tempio in questo luogo elevato del giudaismo.

Da qui il nome ebraico del monte Moriah, ‘Har Habait’ per Har Beit Hamikdash, la montagna del tempio. Un nome a cui ha fatto eco il nome arabo 'Beit el Makdess, ' la casa del tempio 'ancora prima dell'arrivo del califfo Omar a Gerusalemme. Lui ha subito chiesto di essere portato lì ed ha fatto erigere sul sito del tempio distrutto la Cupola della Roccia, spesso chiamata erroneamente la Moschea di Omar. I suoi successori costruirono la moschea Al Aksa all’estremità della spianata.  La storia, come sappiamo, è spesso scritta dai vincitori, che nel corso dei secoli hanno fatto di tutto per negare un qualsiasi legame tra la “Spianata delle Moschee” e il giudaismo e gli ebrei. A questi ultimi è stato vietato l'accesso; a malapena è stato permesso loro di venire a pregare davanti alla parte occidentale del muro di sostegno della spianata del tempio costruita da Erode quindici secoli prima della nascita di Maometto e dell'apparizione dell'Islam.  In questo lunedì 10 maggio, in cui si commemora la liberazione di Gerusalemme nel 1967, la polizia israeliana ha appena proibito agli ebrei di raccogliersi sul sito del loro luogo più sacro. Questa visita, ci viene detto, sarebbe considerata come una provocazione, o peggio, una profanazione da parte dell'Autorità Palestinese, di Hamas e di gran parte del mondo arabo per i quali la libertà di culto a Gerusalemme è a senso unico.  È triste che in Occidente non ci sia nessuno che s’indigni.

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Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".


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