Riprendiamo dalla REPUBBLICA online di oggi, 08/05/2021, il commento di Sharon Nizza dal titolo "Gerusalemme, la Corte suprema israeliana decide su una causa dell'800 ed esplode la rivolta".
A destra: un'immagine delle violenze a Gerusalemme
Sharon Nizza
Giornate all’insegna della tensione tra israeliani e palestinesi. Al centro degli eventi che potrebbero innescare un’escalation su tutti i fronti c’è Gerusalemme, dove da diversi giorni si assiste a scontri violenti tra manifestanti palestinesi e israeliani nel quartiere di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme Est. Qui una controversia legale che si prolunga da oltre vent’anni sulla proprietà di alcune case, potrebbe giungere a una conclusione nei prossimi giorni, risultando nell’evacuazione di 25 persone appartenenti a quattro famiglie palestinesi. La Corte Suprema israeliana dovrà decidere lunedì se accettare il ricorso delle famiglie palestinesi, respinto finora in due precedenti gradi di giudizio, o confermare l'esproprio delle abitazioni a favore di un’associazione israeliana che rivendica la proprietà dei terreni, acquistati dalla comunità ebraica locale alla fine del XIX secolo, intorno a un sito religioso identificato come la tomba di Simeone il Giusto. Ieri è fallito un tentativo di mediazione legale tra le parti, infiammando nuovamente il territorio e portando all’arresto di 15 manifestanti palestinesi da parte della polizia.
La Corte Suprema israeliana
Mohammad Deif, capo delle Brigate Ezzedin al-Qassam di Hamas e in cima alla lista dei terroristi ricercati da Israele, in un rarissimo messaggio pubblico ha avvertito Israele che “la leadership della resistenza al-Qassam sta osservando attentamente ciò che accade nel quartiere di Sheikh Jarrah nella Gerusalemme occupata” si legge nella nota. “Questo è il nostro ultimo avvertimento: se l'aggressione contro la nostra gente non si ferma immediatamente, l'occupazione pagherà un prezzo pesante”. Due settimane fa erano stati lanciati nell’arco di 24 ore 40 razzi dalla Striscia Gaza sulle cittadine israeliane di confine, in seguito a scontri avvenuti a Gerusalemme tra palestinesi, manifestanti di estrema destra ebraica e polizia intorno alla porta di Damasco in città vecchia. Domenica un palestinese ha aperto il fuoco a una fermata dell’autobus nei pressi dell’insediamento ebraico di Itamar in Cisgiordania, ferendo tre giovani, di cui uno deceduto mercoledì. Nelle operazioni di ricerca dell’attentatore nell’area di Nablus, ci sono stati scontri tra l’esercito israeliano e la popolazione locale, portando all’uccisione di un ragazzo palestinese. Il livello della tensione è il più alto a cui si assiste negli ultimi anni. E il nodo continua a essere Gerusalemme, dove l’allerta è alta in vista delle migliaia di fedeli che oggi parteciperanno alla preghiera per l’ultimo venerdì di Ramadan alla Moschea di Al Aqsa.
Lunedì inoltre, in concomitanza con Eid al-Fitr, le celebrazioni solenni per le ultime giornate del Ramadan, ricorre anche il Giorno di Gerusalemme, in cui Israele indica i 54 anni “dall’unificazione della capitale unica e indivisibile”, la cui parte orientale fu annessa a quella occidentale dopo essere stata conquistata dalla Giordania in seguito alla Guerra dei sei giorni, nel 1967. L’Unione Europea ha condannato la ripresa della violenza, invocando calma e moderazione delle parti. Nello stesso comunicato, Peter Stano, portavoce per gli affari esteri e di sicurezza dell’UE, ha condannato anche l’autorizzazione da parte d’Israele alla costruzione di 540 nuove unità abitative nel quartiere di Har Homa, che, minacciando la continuità territoriale tra “Gerusalemme Est e Betlemme, minerebbe gravemente futuri negoziati verso una soluzione a due Stati”, si legge nella nota.Ieri il ministero degli Esteri israeliano ha convocato gli ambasciatori di diversi Paesi europei (Spagna, Svezia, Regno Unito, Belgio, Olanda, oltre che all’ambasciatore dell’UE) a seguito della pubblicazione di un’inchiesta dei servizi di intelligence dello Shin Bet che ha rivelato un meccanismo che negli anni ha consentito il trasferimento di fondi umanitari europei al Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Pflp), definito organizzazione terroristica dall’UE. Nell’ambito dell’inchiesta, Israele ha arrestato quattro palestinesi – tra cui una donna con cittadinanza spagnola - membri del Pflp che lavoravano per la Ong Health Work Committees.
Secondo le accuse, la Ong era utilizzata per convogliare illegalmente fondi europei al Pflp, attraverso progetti umanitari fittizi, risultati in milioni di dollari arrivati a finanziare le attività dell’organizzazione terroristica. Nel 2019, il direttore amministrativo del Pflp era stato arrestato per l’omicidio della diciassettenne israeliana Rina Shnerb. La tensione a Gerusalemme va inquadrata anche nell’ambito del recente annullamento delle elezioni palestinesi. La settimana scorsa, il presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha annunciato definitivamente il rinvio – a data da definirsi – delle prime legislative in quindici anni, che si sarebbero dovute tenere il 22 maggio. Abbas ha giustificato la mossa con l'impedimento posto da Israele a svolgere le elezioni anche a Gerusalemme Est.
Tuttavia, Israele non si era espressa in merito e in passato (1996, 2005, 2006) la votazione era stata possibile anche da Gerusalemme. In un incontro con gli ambasciatori di 13 Paesi europei in Israele il 28 aprile – un giorno prima dell’annuncio di Abu Mazen – Alon Bar, capo della divisione politica del ministero degli Esteri israeliano, aveva chiarito che “Israele non sta cercando di impedire le elezioni palestinesi e si aspetta che i Paesi europei non prestino attenzione alle accuse mosse da funzionari palestinesi in merito”. Anche stando agli analisti palestinesi, l’annullamento dell’atteso appuntamento elettorale è legato alla perdita dei consensi da parte dell’86enne presidente palestinese e dall’emergere di nuove fronde interne al suo partito, Fatah, frammentatosi in tre liste concorrenti, in aggiunta a quella degli arcirivali di Hamas. Da Gaza, Hamas ha condannato la decisione di Abu Mazen e ora entrambe le fazioni cavalcano l’ondata delle proteste a Gerusalemme per conquistare consensi tra un’opinione pubblica palestinese sempre più alienata dalla politica locale.