Simona Weisz
Levi de Veali. Ricordi ed eventi che ne fanno una storia
Editris euro 20
Il desiderio, anzi il bisogno di raccontare le vicende che hanno visto protagonista la famiglia Levi de Veali, “una delle pochissime famiglie ebree nobili in Italia”, nasce come gesto d’amore che l’autrice dedica al nipote Leo perché “sappia chi è e da dove viene, anche se sarà poi lui a decidere dove vorrà andare”. Senza essere scrittori di professione molti ebrei, religiosi o atei hanno avvertito con il trascorrere degli anni la necessità di tramandare ai giovani i ricordi delle famiglie di origine, affinchè quella memoria non si estingua con la morte dei genitori, nonni o bisnonni. “Ogni generazione deve assumersi il carico di portare avanti il ricordo dell’infamia nazista come se l’avesse vissuto in prima persona” così scrisse Luisella Schreiber Segré nel suo libro “Questa mia pazza fede nella vita” (Luglioeditore, 2011).
Un impegno che si è rivelato importante anche per Simona Weisz, consapevole che la storia dei Levi de Veali non è solo personale, “bensì anche il frammento, sia pur minuscolo, della più ampia storia di un’epoca e di tante tragedie”. L’immagine di copertina che ritrae tre bimbe dallo sguardo dolce e dagli occhi vispi ci introduce a una narrazione intensa che attraversa oltre un secolo di storia. Sandra, la madre dell’autrice, nata a Torino nel 1920, è ritratta insieme alla sorella Elena, maggiore di due anni, e alla piccola di casa Lydia. Insieme ai genitori Arnaldo e Marcella Sacerdote vivono nel prestigioso palazzo di Via Accademia 40 al “piano nobile” mentre i nonni paterni Alessandro e Fausta occupano il secondo piano. Pagina dopo pagina l’autrice ci introduce nella quotidianità di una famiglia nobile con il padre di Sandra, Arnaldo Levi de Veali, erede del titolo, un uomo colto, brillante, pieno di passioni, attento a molti aspetti del mondo moderno e la madre Marcella, anch’ella proveniente da una famiglia prestigiosa, amante della vita di società, delle iniziative di beneficenza e generosa nel dedicarsi alle persone bisognose. In un ambiente di lussi, di comodità e pervaso da un clima familiare armonioso crescono le figlie Levi de Veali, affidate per la loro istruzione a istitutrici e insegnanti private di francese e di pianoforte, almeno fino al liceo quando iniziano a frequentare un ambiente più ampio ma sempre esclusivo. Si allarga la cerchia di amicizie e di conoscenze ma lo studio rimane un dovere imprescindibile al quale vengono richiamate con severità da papà Arnaldo. Oltre alle vacanze nei luoghi di villeggiatura più rinomati, grande importanza hanno per le giovani Levi de Veali i viaggi che “furono fondamentali per formare gusto, senso artistico e amore per il bello”. Sandra, sin da piccola molto vivace e poco incline all’obbedienza, cresce sicura negli affetti e del suo posto nel mondo, un inalienabile patrimonio di sicurezza che l’avrebbe accompagnata nella vita.
Qual è il rapporto della famiglia con l’ebraismo? Papà Arnaldo, ci racconta l’autrice, è attaccato alle origini ebraiche che per lui sono soprattutto identità, cultura, appartenenza; per mamma Marcella l’ebraismo unisce sia la fede che gli aspetti pubblici e sociali dell’esistenza. Sandra, invece, non può dire con certezza quando apprende di essere ebrea, le pare di averlo sempre saputo senza per questo sentirsi diversa o in qualche modo separata dagli altri. E’ negli anni dell’adolescenza, quando si affacciano i primi amori, che le sorelle Levi de Veali cominciano ad avvertire la presenza del regime fascista, soprattutto con l’obbligo di indossare la divisa da Giovani Italiane nelle occasioni ufficiali, dato che l’ambiente privilegiato in cui vivono le protegge, almeno per il momento, dalle persecuzioni. La passione per i viaggi, le vacanze da sogno al lido, l’incontro di Sandra con Rudi Weisz, padre dell’autrice, rimangono ricordi speciali perché molti degli amici di quelle spensierate stagioni estive avrebbero visto la loro vita volgere in tragedia nell’arco di qualche anno. Dopo il racconto della storia della famiglia Weisz di probabili origini ungheresi e dell’incontro di Sandra con Rudi nel 1942 a Torino - che significò anche la fusione tra una famiglia sefardita di ceppo mediterraneo e una askenazita di ceppo germanico slavo - è con il capitolo “Il mondo crolla” che la Storia entra nell’esistenza di persone che sino ad allora erano state privilegiate, seppur non si fossero mai percepite come tali.
Vi entra con un crescendo continuo di provvedimenti di legge che discriminano gli ebrei, escludendoli dalle scuole e dalle attività produttive, oltre che dai luoghi di svago e di ritrovo. Per Sandra che si trova preclusa l’università è un colpo che la lascia attonita ma le infonde la volontà di opporsi in ogni modo possibile a quel sopruso. Con il peggiorare della situazione, gli allarmi aerei, i bombardamenti, l’inizio delle deportazioni, la fuga in Svizzera appare come l’unica soluzione possibile. La famiglia dei Levi de Veali da privilegiati si trasformano in rifugiati, un’esistenza impensabile fino a poco tempo addietro, ma è almeno una vita di salvezza per cui Sandra – nonostante il campo di raccolta, i controlli, le difficoltà di movimento- avrebbe sempre nutrito profonda gratitudine verso gli svizzeri. Dopo la Liberazione il ritorno a Torino è accolto con gioia e con il proposito di rimboccarsi le maniche per ricominciare una vita normale (A Ginevra nel settembre 1944 Rudi e Sandra si erano sposati). Per Sandra significa rientrare in possesso della casa di Via Accademia recuperando mobili e suppellettili, per Rudi riprendere la sua professione di medico con un’attività intensa e appassionata. Dopo la laurea e la nascita di Simona di cui apprendiamo i momenti più salienti della sua crescita, Sandra, che aspira ad essere indipendente, accoglie la proposta di diventare direttrice di un noto negozio di arredamento, operando una scelta tutt’altro che consueta in quegli anni, che la rende orgogliosa di se stessa. Un esempio cui guardare con ammirazione oggi come allora.
Decisamente interessante è il racconto nelle ultime pagine del “salotto dei Weisz” dove in un’atmosfera serena da “salotto intellettuale” si ritrovano gli amici per discutere di politica, letteratura o per ascoltare musica. Di quel circolo esclusivo fanno parte, fra gli altri, personalità come Franco Momigliano, Luciana Nissim, Primo Levi. Per Sandra quest’ultimo “era una figura eccezionale, dal punto di vista personale e umano, ancor prima che come intellettuale e scrittore”. Nell’ultima parte del libro Simona Weisz ci dà contezza dei cambiamenti più significativi intercorsi nella vita della sua famiglia con descrizioni accurate di luoghi, persone e ambienti che coinvolgono il lettore nelle movimentate dinamiche familiari. Il racconto si chiude con l’arrivo del nipotino, al quale questa storia è dedicata. Dalla lettura del libro si coglie, innanzitutto, un’urgenza da parte dell’autrice, un desiderio non rinviabile di trasmettere la propria storia familiare per non disperdere quei ricordi speciali che, con il trascorrere del tempo e il venir meno delle persone più care, potrebbero scivolare nell’oblio. La narrazione che in alcuni punti indugia su descrizioni troppo minuziose è funestata, purtroppo, da qualche refuso che un editing più accurato avrebbe evitato. Ciononostante, l’opera di Simona Weisz è una scintilla di conoscenza e di dignità, uno strumento prezioso da cui il nipote potrà attingere per conoscere le sue radici, in attesa di scoprire quale strada vorrà percorrere.
Giorgia Greco