'Ognuno accanto alla sua notte', di Lia Levi Recensione di Giulio Busi
Testata: Il Sole 24 Ore Data: 25 aprile 2021 Pagina: 6 Autore: Giulio Busi Titolo: «Vicissitudini ebraiche tra passato e presente»
Riprendiamo dal SOLE24ORE/Domenica di oggi, 25/04/2021 a pag.6, con il titolo "Vicissitudini ebraiche tra passato e presente" il commento di Giulio Busi.
Giulio Busi
La copertina e l'autrice
E’ un pendolo, quello del destino? O è uno scivolo, su cui lasciarsi cadere immemori? Per Doriana, il destino è un viottolo stretto. «Si era però poi resa conto che il destino con lei stava esagerando. Tutte le cose con cui si divertiva a sorprenderla avevano come insegna la parola "difficoltà"». Questa insegna, l'annuncio di un fato slabbrato, impervio, ruvido, campeggia in tutto il libro di Lia Levi. Ognuno accanto alla sua notte è un racconto-destino a quattro voci. Tre narrano, una, la più misteriosa, lega, stringe, raccoglie. Tre amici, non si sa bene quanto affiatati, si rifugiano in una villa «piena di dignità [...] solitaria in cima a un'esile collina». D paesaggio sarebbe poetico se non piovesse a scrosci inarrestabili. Al tepore del fuoco, nell'interno confortevole, i tre si scrutano, si cercano, si respingono. Lentamente, si scioglie il groppo delle loro angosce e comincia il racconto. Sono tre storie ormai offuscate, seppellite nella memoria, che si ravvivano come un prato dopo la pioggia. Ma il rovescio interiore che bagna i protagonisti non è né gradevole né ristoratore. Sono vicissitudini ebraiche di esclusione, di agguato, di morte.
Tutte? Levi ha una mano sapiente, tesse le parole una ad una e poi disfa la trama, confonde i ruoli, sostituisce i buoni con i cattivi. Anzi no, i cattivi sono bene in vista, non d si può sbagliare. Piuttosto sono loro, i buoni, gli offesi e i perseguitati d'allora a portare il peso dell'incertezza «Gli ebrei sono state le vittime, questo lo sappiamo, lo sappiamo, lo sappiamo, ma al resto non si pensa. Qual è il resto? È tutta l'Europa che è stata ferita e non è ancora guarita». «Lo sappiamo», tre volte, o forse mille. Credevamo di saperlo, mala Roma palese e segreta, del ghetto e sotterranea, degli abbracci e dei primi amori, che fa da sfondo ai racconti è un altro modo di "sapere". Molto intimo, ben calibrato, il libro ha il ritmo di certe novelle antiche, che dovrebbero servire a ingannare il tempo e che, invece, lo svelano, lo mettono in mostra. Da una novella remota viene Fiammetta, lo spiritello che confonde le trame. Minuta, prodigiosa, Fiammetta fa da levatrice ai ricordi. «C'è una cosa sola che vorrei aggiungere. Forse credevamo tutti che si raccontasse di ieri, e invece abbiamo parlato di oggi. La memoria non è un imperativo, un obbligo morale. È il pane di cui continuiamo a nutrirci come sempre». Chi racconta, per mestiere o per vocazione, lo sa bene. Non esiste il tempo remoto. Provate a limare le frasi per accordare i verbi. Mettete tutto al passato. Basta che vi voltiate un animo, che lasciate la pagina aperta sul tavolo, ed ecco che la prosa si scompiglia, si trasforma dal passato al presente. Per chi vuole ascoltarlo, il racconto è adesso.
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