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La Repubblica Rassegna Stampa
25.04.2021 25 aprile, il secondo Risorgimento
Editoriale di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 25 aprile 2021
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «25 aprile, il secondo Risorgimento»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/04/2021, a pag. 1, con il titolo "25 aprile, il secondo Risorgimento", l'analisi del direttore Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

25 aprile 1945, Milano è libera: un sito per celebrare la memoria viva di  una nazione (contro ogni virus) - Corriere.it
25 aprile 1945: l'ingresso dei partigiani a Milano

Il 25 aprile del 1945 la liberazione dell'Italia dal nazifascismo fu possibile grazie alla scelta di coloro che si unirono alle forze partigiane a fianco degli alleati contro gli eserciti di Hitler e Mussolini. A 76 anni da allora storie, volti e aneddoti di quella sollevazione ci aiutano a comprendere come si trattò di un momento della storia nazionale ancora oggi fonte di insegnamento per tutti noi. Come scrisse nel 1961 Carlo Casalegno, il vicedirettore de La Stampa che sarebbe stato assassinato dalle Brigate Rosse, la "lotta di liberazione dal nazifascismo" è stata un "secondo Risorgimento" perché ha visto una moltitudine di singoli che, portatori di valori diversi, si sono ritrovati uniti nell'intento di risollevare la nazione occupata dallo straniero, oppressa nei suoi diritti e aggredita nella sua identità.

Per comprendere quanto la lettura di Casalegno resti attuale, appartenga alle nuove generazioni e sia vitale per l'orizzonte della Repubblica bisogna guardare da vicino ad alcune delle singole storie del mosaico della Resistenza. Ognuna ha un valore universale ed è impossibile stabilire una gerarchia di importanza fra loro. Ma basta prenderne tre a caso per comprendere quanto il 25 aprile resti una fonte inesauribile di esempio. Partiamo da Arrigo Paladini, il poco più che ventenne sottotenente a Padova reduce dalla campagna di Russia che dopo l'8 settembre 1943 si unisce ai partigiani in Abruzzo, passa le linee tedesche, si offre di collaborare con gli alleati, ne diventa l'ufficiale di collegamento con i partigiani e riesce a portare nella Roma occupata le attrezzature radio che consentono agli angloamericani di essere in contatto con la resistenza. Venduto ai tedeschi da un delatore, il 4 maggio del 1944 finisce nelle mani della Gestapo, la feroce polizia segreta agli ordini di Albert Kesselring e Herbert Kappler. Viene imprigionato nel carcere di Via Tasso — cella numero 2 — e brutalmente torturato dallo stesso Kappler. Così lo definì Carlo Casalegno per avere unito donne e uomini con valori diversi Il suo corpo è flagellato, gli aguzzini tedeschi minacciano di catturare la madre e la fidanzata, ma Arrigo Paladini non cede: non svela le informazioni sui collegamenti fra alleati e partigiani. E consegna ad una scritta sul muro della sua cella quello che ritiene essere l'ultimo messaggio alla madre prima della morte per esecuzione. Paladini sopravvisse e tornò anni dopo in quella cella assieme a tanti giovani studenti — compreso chi scrive — raccontando sempre senza enfasi ma con grande ricchezza di dettagli ció che i nazisti non riuscirono, e non potevano, piegare: l'indomabile amore per la libertà.

In una anonima casa della provincia piemontese, poco fuori Torino, vive l'ultranovantenne Enrico Loewenthal, che nelle valli del San Bernardo ai confini con la Svizzera era il "partigiano Ico" la cui perfetta conoscenza del tedesco — lingua paterna — lo aveva trasformato nell'arma in più della sua formazione: era lui, diciottenne, che interrogava i tedeschi catturati riuscendo a carpire informazioni spesso cruciali. Sviluppando una conoscenza della mente dei nazisti che avrebbe attirato anni più tardi l'attenzione di Simon Wiesenthal, che dedicó la vita a dare la caccia ai criminali di guerra del Terzo Reich. A meno di due ore di macchina dalla casa dove il partigiano "Ico" conserva ancora il fucile di allora c'è il municipio di Domodossola che ospita, nella sala consigliare, le testimonianze della Repubblica dell'Ossola ovvero il primo lembo di Italia che riuscì a cacciare i nazifascisti. Quello spiraglio di libertà durò appena 43 giorni — dal 10 settembre al 23 ottobre del 1944 — prima della riconquista da parte delle soverchianti forze degli occupanti e dei collaborazionisti fascisti. Ma quanto avvenne in quel periodo così breve ha ancora oggi una valenza straordinaria perché — come i documenti dell'epoca descrivono nei dettagli — i capi partigiani che governarono la Repubblica dell'Ossola dedicarono, da subito, ogni risorsa e sforzo a distribuire cibo e acqua alla popolazione, a garantire un'amministrazione efficace del territorio e ad immaginare riforme di vasto respiro. Scegliendo di rinunciare ad ogni vendetta nei confronti dei fascisti. Proprio così: nel bel mezzo della guerra con l'Italia occupata e le stragi nazifasciste che la martoriavano, i partigiani riescono a controllare un fazzoletto di territorio e la scelta è migliorare i servizi per i residenti, senza cercare vendette. Fra loro c'erano personaggi come Umberto Terracini, Piero Malvestiti e Gianfranco Contini ed alcune delle riforme democratiche che immaginarono vennero poi riprese dall'Assemblea Costituente ma ció che più conta è l'esempio che ancora oggi viene dalla scelta immediata di costruire e non distruggere. Che è poi la differenza di fondo fra la democrazia ed i suoi nemici. Arrigo Paladini non è più fra noi ma il Museo di Via Tasso racconta la sua storia così come il partigiano "Ico" ha affidato la propria ad un libro di memorie e la Repubblica dell'Ossola rivive, ogni giorno, nelle testimonianze che ci ha lasciato. Sono frammenti di un mosaico che spiega il valore e l'importanza del 25 aprile come se fosse avvenuto oggi. Perché il tempo del "secondo Risorgimento" è immanente e continua a segnare le nostre vite, che non sarebbero tali senza la democrazia che continua a proteggere le nostre libertà. A dispetto di chiunque tenta di negare, sminuire o riscrivere ciò che avvenne nel vano tentativo di riesumare i demoni di un'ideologia brutale che è stata inequivocabilmente sconfitta. Ciò non significa negare che la lotta di liberazione ebbe — come ogni conflitto — luci e ombre che spetta agli storici descrivere e comprendere ma ció che più conta è trasformare il 25 aprile 1945 in un elemento di formazione delle nuove generazioni, al fine di consolidare le fondamenta stesse della nostra democrazia repubblicana.

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