Cavriglia, l'eccidio nazista dimenticato Recensione di Mirella Serri
Testata: La Stampa Data: 21 aprile 2021 Pagina: 20 Autore: Mirella Serri Titolo: «Cavriglia, l'eccidio nazista insabbiato»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/04/2021, a pag.20 con il titolo 'Cavriglia, l'eccidio nazista insabbiato' la recensione di Mirella Serri.
Mirella Serri
La copertina (Longanesi ed.)
E’ trascorso quasi un anno da quando il Covid 19 ha ucciso a 96 anni Maurice Goran Nash. La sua scomparsa è stata un lutto che si ricorda a Cavriglia: Nash era stato insignito del titolo di cittadino onorario del paese in provincia di Arezzo e la comunità gli è immensamente riconoscente per quello che l'ex soldato del 13° corpo d'armata alleato ha fatto allo scopo di appagarne la sete di giustizia e di verità. Maurice arrivò a Cavriglia dopo che l'esercito nazista aveva sgomberato il campo, s'imbatté in racconti di case bruciate e ammassi di cadaveri irriconoscibili: scoprì un'umanità devastata fatta di orfani, vedove e madri private dei figli. Il militare inglese, desideroso di individuare gli autori di quegli efferati delitti, recuperò parte dei documenti conservati nei National Archives di Londra e all'epoca ritrovati dallo Special Investigation Branch, si mise in contatto con i superstiti e contribuì a tracciare una mappa con nomi, cognomi e foto dei soldati tedeschi che avevano messo in atto la carneficina. Facevano parte dell'unità militare Hermann Göring, responsabile della strage di Cavriglia in cui tra il 4 e il 18 luglio 1944 perirono più di 200 civili. Per il consistente numero di vittime questo eccidio è il quarto compiuto in Italia, dopo i massacri di Monte Sole, di Sant'Anna di Stazzema e delle Fosse Ardeatine, e adesso viene interamente ricostruito da Filippo Boni nel saggio Muoio per te (Longanesi, pp. 364, €19). Cosa attivò la furia omicida delle SS? A guidare le truppe Gli abitanti uccisi a mitragliate, cosparsi di benzina e bruciati con i loro mobili allo sterminio fu il capitano Wolf che definì la sua operazione una bonifica del territorio. Appena arrivato nei pressi di Arezzo il comandante tedesco individuò numerosi segnali di ostilità da parte della popolazione nei confronti della prepotenza nazista. Il primo approccio che lo infastidì fu il rifiuto di padre Alfonso del convento di San Giovanni Valdarno di consegnargli l'Annunciazione del Beato Angelico. L'opera aveva suscitato gli appetiti di Göring, gran collezionista d'arte, il quale l'avrebbe voluta nella sua tenuta di Kannhall. Padre Alfonso menti e disse che il capolavoro era partito da tempo per gli Uffizi di Firenze. Ma in realtà si trovava al sicuro in Vaticano. Il capitano mangiò la foglia e si insospettì moltissimo. Capì che non avrebbe avuto un terreno facile su cui operare. Fu la rete di solidarietà che circondava i partigiani a far scattare la determinazione omicida di Wolf. Dopo il 20 giugno il bacino minerario di Cavriglia si era venuto a trovare nelle immediate retrovie del fronte. Vi era necessità di sradicare dal territorio le bande partigiane che disturbavano il posizionamento della Wehrmacht. I ribelli, che Mussolini chiamava pistoleros, operavano tra Siena, Arezzo e Firenze. Dalla primavera del 19441e loro azioni si erano concentrate sul sabotaggio delle strade e dei ponti, sul disarmo di fascisti e di carabinieri e sugli agguati ai soldati tedeschi. Per avere informazioni sulle postazioni dei partigiani, il capitano Wolf individuò un bellimbusto piuttosto azzimato, Ivario Viligiardi, il barbiere di Castelnuovo. Spesso raggiungeva i partigiani accampati in montagna a cui faceva barba e capelli. Wolf lo fece arrestare, lo mise in ceppi e lo torturò fino a che Ivario non gli descrisse nel dettaglio grotte, anfratti e boschi dove pernottavano gli uomini della Resistenza.
Dopo averne catturati un numero consistente, il capitano nazista proseguì nel suo nefasto disegno. All'alba i soldati irruppero in ville e casali a Castelnuovo e a Massa dei Sabbioni, a Meleto Valdarno, a San Martino, a Cavriglia e a Civitella della Chiana. Saccheggiarono le case e annunciarono: «Faremo una grande luce». Prima abbatterono con sventagliate di mitra tutti gli uomini, compresi gli anziani e i ragazzini, poi ne coprirono i corpi con mobili e suppellettili, li cosparsero di benzina e incendiarono. I parroci che imploravano pietà, come don Morivi, vennero infilzati con le baionette. Oggi tutti i paesi coinvolti hanno sui loro siti online e sulle loro piazze cippi e scritte che ricordano l'accaduto. Ma per questa riscoperta ci sono voluti decenni e lo scavo nella memoria di persone di buona volontà come il soldato Nash. La documentazione raccolta dalle autorità italiane fu riunita in un faldone che finì sepolto tra le numerose carte contenute nel cosiddetto «armadio della vergogna», che - lo si scoprì nel 1994 - racchiudeva i fascicoli d'inchiesta riguardanti crimini di guerra commessi sul territorio italiano dalle truppe nazifasciste. L'insabbiamento di questi materiali fu dovuto al desiderio di non guastare, in periodo di Guerra fredda, i rapporti con la Germania Federale. Il ritrovamento del faldone che riguardava il caso di Cavriglia, però, non portò ad alcun processo in quanto non venne trovato in vita nessuno dei responsabili dell'ecatombe. Gli uomini di Wolf forse erano periti nel bombardamento di Dresda avvenuto tra il 13 e il 15 febbraio 1945. Filippo Boni ha ricostruito questi avvenimenti tramite un manoscritto lasciato da suo nonno, il cui padre, il macellaio del paese, si consegnò ai tedeschi e salvò la vita del figlio. Lo Stato italiano ha mostrato grande indifferenza e la volontà di occultare le richieste di giustizia dei cittadini di Cavriglia. Sono state così coperte dall'oblio le responsabilità dei fascisti repubblichini che aiutarono i tedeschi nell'identificazione dei partigiani e nella strage dei civili. Per anni ha dominato sovrana una grande distrazione verso il sangue versato.
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