Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 14/04/2021, a pag. 15, con il titolo "Uranio arricchito al 60%. La sfida di Teheran dopo il blitz alla centrale", la cronaca di Vincenzo Nigro.
Vincenzo Nigro
L’Iran ha deciso di arricchire l’uranio nei suoi impianti nucleari al 60%. Un livello non ancora sufficiente per costruire una bomba atomica (90%), ma che ci si avvicina come mai prima. Il viceministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha annunciato ieri mattina la risposta del suo Paese all’attentato contro il sito nucleare di Natanz di domenica scorsa. Un sabotaggio nel quale tutti vedono un nuovo tentativo di Israele di fermare il programma nucleare della Repubblica islamica. «L’Iran inizierà ad arricchire l’uranio al 60% proprio nell’impianto di Natanz», ha detto Araghchi. E perché il messaggio fosse più chiaro e diretto al destinatario finale (gli Usa), il viceministro ha parlato in inglese alla Press T v, uno dei canali in lingua straniera del sistema televisivo iraniano. Araghchi era arrivato a Vienna dove domani riprenderanno i negoziati indiretti fra Iran e Stati Uniti con la mediazione degli altri Paesi del "5+1", ovvero i firmatari nel 2015 del Jcpoa (Joint Common Plan Of Action). L’accordo prevedeva che l’Iran riducesse il suo programma nucleare e lo mettesse sotto totale controllo della Aiea diretta dall’argentino Rafael Grossi. In cambio, gli Usa avrebbero cancellato le sanzioni economiche pesantissime contro la Repubblica islamica.
Dal 2018 però l’amministrazione Trump ha abbandonato l’accordo e imposto nuove sanzioni. Da allora progressivamente l’Iran ha iniziato a violare le limitazioni che il Jcpoa aveva imposto al suo programma nucleare. «Abbiamo presentato una lettera al direttore generale Grossi per comunicare le nostre intenzioni », ha detto Araghchi, quasi a confermare che la "sfida" di Teheran vuole essere sbandierata al mondo e non condotta in segretezza nel chiuso di un laboratorio clandestino. L’Iran era già passato dal livello di arricchimento del 3,67% (consentito dal Jcpoa) al 20%: anche questa una mossa "politica" per convincere gli americani a ritirare le sanzioni e tornare all’accordo. Ma adesso con uno sforzo relativamente modesto rispetto a quando riusciva a ottenere uranio arricchito al 60%, l’Iran potrebbe raggiungere il livello del 90% senza eccessivi problemi. Gli Usa hanno condannato l’annuncio iraniano come «una provocazione: «Noi confidiamo nel negoziato politico per risolvere questo problema », ha detto la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki. Ma la stessa Psaki poche ore prima aveva commentato la notizia dell’attentato a Natanz attribuito agli israeliani dicendo «non ne sappiamo nulla». Che da tutti è stato interpretato "noi non c’entriamo nulla". E infatti da nessuna parte sulla stampa americana o israeliana emergono indiscrezioni o indizi di un coordinamento fra Israele e Stati Uniti per l’attentato a Natanz. Da mesi il premio israeliano Benjamin Netanyahu ha detto apertamente che il suo governo si oppone con forza a un rientro degli Usa nel Jcpoa. Con la revoca delle pesanti sanzioni decise da Trump, l’Iran sarebbe un Paese sempre più libero e forte nella regione del Golfo Persico. In grado di minacciare gli interessi di tre Paesi che in questa fase sono strettamente alleati fra di loro: Israele, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. E come se non bastasse, ieri nel mare di Oman, al largo del porto emiratino di Fujairah, una nave israeliana è stata colpita da un ordigno. Sicuramente un altro colpo nella guerra segreta che Iran e Israele si combattono per mare. Per mesi è andata avanti clandestinamente, adesso sta salendo sempre più di tono.
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