|
|
||
Antisemita o semplicemente ‘stridente’?
Analisi di Ben Cohen (traduzione di Yehudit Weisz)
C'è una frase strana che compare nella definizione di antisemitismo, che un gruppo di ebrei americani progressisti sta al momento elaborando. Si legge quanto segue: “Persino la critica controversa, stridente o aspra nei confronti di Israele per le sue politiche e le sue azioni, comprese quelle che hanno portato alla creazione di Israele, non è di per sé illegittima o antisemita.” La definizione di antisemitismo che compare in questa frase è intesa come alternativa a quella adottata formalmente nel 2016 dall'International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA). Quel testo fornisce oggi un quadro di riferimento riconosciuto dalle centinaia di governi, autorità locali, università e altre istituzioni pubbliche che hanno approvato la definizione dell’ IHRA, per verificare se una particolare azione o espressione sia antisemita. In molti atti antisemiti - come ogni anno documentano i report statistici delle organizzazioni ebraiche in tutto il mondo – il responsabile dell’offesa ricorre a Israele o al sionismo come motivo per attaccare un obiettivo ebraico. È quindi fondamentale, soprattutto per le forze dell'ordine e i funzionari giudiziari che si occupano di crimini dettati dall'odio, avere una chiara comprensione di come l'odio per lo Stato ebraico possa alimentare attacchi alle comunità ebraiche che vivono al di fuori dei suoi confini. Tuttavia, come suggerisce la formulazione della frase che ho citato sopra, l'obiettivo di questa definizione alternativa non è quello di migliorare le nostre capacità a questo riguardo. Sotto forma di preoccupazione per l '”odio più lungo”, la missione qui è di assolvere dall’etichetta di “antisemiti”, coloro che esprimono questo odio attraverso gli attacchi contro Israele. E’ inutile, la definizione alternativa qui discussa non fornisce alcun esempio di come potrebbe apparire o suonare “una critica controversa, stridente o aspra nei confronti di Israele.”
Se partecipo ad un corteo anti Israele brandendo un manifesto con sopra una bandiera israeliana che al posto della sua stella di David ha una svastica, sono semplicemente “stridente” oppure ho superato il limite e ho esplicitamente schernito gli ebrei paragonandoli ai Nazisti? Se indossassi una maglietta con la scritta “Campo di Auschwitz” senza dubbio verrei definito un antisemita, ma cosa succederebbe se ne indossassi una con la scritta “Rovesciare il Sionismo”? Se pubblicassi un articolo in cui sostengo che "i difensori di Israele invocano sempre la Shoah per preservare l'oppressione sionista dei palestinesi, ignorando guarda caso le radici comuni che questa brutale forma di colonialismo condivide con il nazismo,” sto parlando al potere con franchezza, o sto riadattando “la calunnia del sangue medioevale” per il pubblico contemporaneo? Su tutti questi punti, la definizione alternativa non è in grado di fornire risposte che siano, diciamo, definitive. Possiamo immaginare le sopracciglia aggrottate e i mormorii tra i loro autori se tali espressioni anti-israeliane potrebbero essere "inappropriate", ma ancora di più, si può immaginare l'impiego generoso di parole come “stridente” per giustificare subdolamente quelle frasi e slogan su Israele, che la maggior parte degli ebrei e molti non ebrei sarebbero d’accordo nel definire antisemiti. Ci sono altri modi con cui questa definizione alternativa - fornita da un gruppo che si fa chiamare “Nexus Task Force su Israele e Antisemitismo” - offre vie di scampo a coloro la cui opposizione all'esistenza di Israele è considerata antisemita da altri. “L'esperienza personale o nazionale di qualcuno potrebbe essere stata influenzata negativamente dalla creazione dello Stato di Israele” suggerisce la definizione, nel sostenere perché l'antisemitismo non può essere la spiegazione predefinita per parole o azioni “dure” riguardanti il Sionismo. Ancora una volta, questo suscita molte più domande che risposte. Innanzitutto, la formulazione qui è ridicolmente vaga. Stiamo parlando di individui le cui vite sono state direttamente e immediatamente influenzate dalla Guerra d'indipendenza di Israele del 1948, o “l'esperienza personale o nazionale” copre le generazioni successive, non importa quanto siano lontane o dove siano nate? Se dico a uno studente ebreo del campus che mi rallegro quando gli israeliani vengono uccisi in attacchi terroristici, perché parte della mia famiglia discende da palestinesi fuggiti nel 1947-48, questo mi darebbe una protezione quando venissi accusato di antisemitismo? Ma se fosse il contrario, per esempio, se uno studente ebreo della Generazione Zeta (i nati tra metà anni ’90 ed il 2010) la cui famiglia ha legami con qualcuno degli 800.000 ebrei espulsi dal mondo arabo, in una riunione del campus si lasciasse andare ad un flusso di generiche invettive anti-musulmane, un tale sfogo giustamente sarebbe considerato razzista, quindi perché il doppio standard? E poi c'è questo: “Prestare a Israele un'attenzione sproporzionata e trattare Israele in modo diverso rispetto ad altri Paesi non è a prima vista prova di antisemitismo.”
In senso teorico, forse è vero, ma se prestare quell’attenzione è sempre il tuo punto di partenza quando si tratta del mondo reale, è improbabile che tu giudichi qualsiasi cosa che sappia di sproporzionalità, come antisemita. Il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite è antisemita per avere all'ordine del giorno una questione permanente dedicata ai presunti crimini di Israele e di nessun altro Stato membro delle Nazioni Unite, o questa attenzione sproporzionata è giustificata dalla realtà sul campo? Come possiamo spiegare la posizione di Stati come il Venezuela e l'Iran che denunciano Israele come il peggior aggressore del mondo, e poi aiutano a proteggere la Cina dal controllo internazionale sulla sua persecuzione genocida della minoranza uigura? Se dichiaro che il Sionismo di Theodor Herzl è una forma di razzismo, ma il nazionalismo arabo di Michel Aflaq non lo è, si può essere certi che l’anti-semitismo non faccia parte del mio ragionamento? Sono scettico sul fatto che gli entusiasti della definizione alternativa di antisemitismo non IHRA, siano preoccupati in particolare per queste domande. Quello che hanno architettato non è uno strumento per il dibattito, ma piuttosto uno strumento di disturbo. Non è così impossibile che ogni volta che la definizione IHRA di antisemitismo verrà utilizzata per evidenziare un caso di odio nei confronti degli ebrei che coinvolga Israele, ci sarà sempre qualche mente illuminata che cercherà su Google la definizione di “Nexus” per spiegare perché quello non è un caso di antisemitismo. Se questa dovesse diventare una tendenza, allora stai sicuro che gli autori di questa definizione avranno arrecato il più profondo danno al popolo ebraico.
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |