Ricordando Manfred Gerstenfeld: verità contro mito 05/03/2021
Ricordando Manfred Gerstenfeld: verità contro mito
Analisi di Ben Cohen da JNS
Il 10 marzo, dalle ore 20:00 alle ore 21:00 (ora italiana) si svolgerà uno Zoom con l'Unione delle Associazioni Italia Israele una serata di ricordo in onore di Manfred Gerstenfeld, recentemente scomparso e collaboratore di Informazione Corretta da sempre. Tutti i lettori di IC sono invitati a partecipare. Ecco le credenziali di accesso e la locandina:
C'è una battuta acida che ogni tanto senti girare nei Paesi Bassi, secondo cui la maggior parte degli olandesi faceva parte della resistenza antinazista, ma che vi avevano aderito solo “dopo la guerra”. Come tutte le migliori barzellette, va ad intaccare i miti che noi esseri umani creiamo su noi stessi per scongiurare il senso di colpa e la vergogna che le nostre azioni a volte generano. Tuttavia nel caso dell’Olanda - in cui durante la guerra, la collaborazione con i tedeschi occupanti era diffusa, dove molte persone avevano chiuso un occhio su quel che stava accadendo intorno a loro e dove la stragrande maggioranza degli ebrei del Paese era stata deportata e sterminata - le verità basilari non possono essere tenute nascoste per sempre, non importa quanto cerchiamo di ingannare noi stessi e gli altri. A questo proposito, Manfred Gerstenfeld, scomparso a Gerusalemme lo scorso 25 febbraio, all'età di 84 anni, è stato un maestro impareggiabile nell'arte di decostruire i miti per rivelare la nuda verità. Lo ha fatto attraverso la miriade dei suoi libri e degli articoli che analizzano la persistenza dell'antisemitismo dopo la Shoah, soprattutto nei vari Paesi d'Europa, il continente in cui lui era nato e dove aveva vissuto per gran parte della sua vita. Conoscevo Gerstenfeld personalmente da quasi 20 anni, sia come amico che come mentore intellettuale. Nell’aspetto esteriore, era il modello stesso di un gentiluomo europeo, sempre vestito in modo impeccabile e parlava con un accento che tradiva le sue radici viennesi. In diversi viaggi a Gerusalemme, ho visitato l'appartamento in cui viveva con la sua defunta moglie e dove, seduto nel suo soggiorno tappezzato di libri con un bicchiere di scotch in mano, ascoltavo le sue intuizioni sulle esplosioni di antisemitismo che avvenivano con maggiore frequenza dentro e fuori l’Europa, ammirando immancabilmente la capacità di Gerstenfeld di individuare le idee e i motivi che correlavano eventi apparentemente scollegati tra loro. Quando quello che alcuni osservatori chiamarono il “nuovo antisemitismo” iniziò a prendere piede all'inizio di questo secolo, c'era una manciata di studiosi, tra cui Gerstenfeld, molto ben preparati per spiegare che mentre il vino era nuovo, le bottiglie erano vecchie .
Manfred Gerstenfeld 1937-2021
“La diffusa rinascita dell'antisemitismo europeo dopo la Shoah suggerisce che esso è connaturato alla cultura e ai valori europei”, aveva affermato con estrema chiarezza in un articolo del 2005. Come il balletto, ha proseguito, l'antisemitismo europeo ha avuto molti critici e detrattori e tuttavia - ancora una volta come il balletto - la sua importanza nello sviluppo della cultura europea era innegabile e ha mantenuto un numero considerevole di ammiratori. “Le statistiche probabilmente rivelerebbero che il numero di antisemiti europei supera di gran lunga quelli a cui piace il balletto", aveva osservato. L'influenza di Gerstenfeld era presente su quasi tutti i terreni di scontro che coinvolgevano l'antisemitismo negli ultimi due decenni: il boicottaggio accademico di Israele e il più ampio movimento di "boicottaggio, disinvestimento e sanzioni" (BDS) che si è allargato con estrema gravità dopo il 2003; i cliché sul denaro e sul potere degli ebrei, e sulla doppia lealtà che hanno caratterizzato la ri-energizzata ostilità nei confronti di Israele sia nell'estrema sinistra che tra i liberali e i socialdemocratici tradizionali; la controversia internazionale scatenata dalla pubblicazione nel 2006 del libro The Israel Lobby a cura dei politologi americani John Mearsheimer e Stephen Walt; la crescente tendenza a schernire e falsare la Shoah come mezzo per attaccare Israele e gli ebrei più in generale; le campagne globali per demonizzare Israele come uno Stato canaglia che hanno accompagnato le guerre del 2008-2009 e del 2014 contro il regime di Hamas a Gaza; e l'impatto dell'immigrazione di massa dai Paesi musulmani sul carattere dell'antisemitismo in Europa. È su quest'ultimo punto che il lavoro di Gerstenfeld ha generato opposizione, in particolare da parte della sinistra. Il suo stile schietto si scontrava con la riluttanza per loro a riconoscere che le comunità musulmane, che erano senza dubbio vittime del razzismo, potevano incubare esse stesse un antisemitismo che - come abbiamo visto negli ultimi anni in Francia in diverse occasioni - può assumere un carattere omicida. Durante una conferenza accademica a Londra alcuni anni fa, l'enfasi di Gerstenfeld sul numero sproporzionato di aggressori musulmani nei casi segnalati di attacchi agli ebrei, aveva spinto un professore britannico a precipitarsi fuori dalla stanza, urlando le parole “Sei un razzista!” e rifiutando in modo plateale di accettare una conversazione privata per abbassare le tensioni che il sempre educato Gerstenfeld gli aveva offerto. Ma chiunque si fosse imbattuto in Gerstenfeld, sapeva che non era mai stato il tipo di persona da fare concessioni al dogma politico, di qualsiasi sorta fosse. Molti nazionalisti e cristiano democratici sarebbero stati probabilmente sbalzati fuori dalle loro zone di comfort, leggendo l'analisi di Gerstenfeld del 2005 dei tre principali errori strategici commessi dall'Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il primo errore, ha detto, anticipando una denuncia simile tra i conservatori americani più di un decennio dopo, è stata la “riluttanza dell'Europa ad assumersi la responsabilità della propria difesa contro il comunismo totalitario”. Ciò aveva portato ad un “atteggiamento a bassa resistenza” che sosteneva che la protezione del continente da minacce come il comunismo e, più tardi, come il terrorismo islamista, fosse la responsabilità di altri, principalmente degli Stati Uniti. Il secondo errore, secondo Gerstenfeld, è stato che la dipendenza dell'Europa dal petrolio arabo e iraniano ha frantumato quello che restava della spina dorsale morale dei suoi leader politici. Un esempio a lungo dimenticato di ciò, è stata la decisione presa nel 1977 dal Presidente francese Valéry Giscard d'Estaing di concedere asilo politico all'ayatollah Ruhollah Khomeini, che ha poi continuato a guidare la conquista islamista in Iran due anni più tardi. Guardando ai suoi interessi energetici, ha detto Gerstenfeld, la Francia ha svolto un ruolo chiave nel legittimare un regime che più di 40 anni dopo continua a essere una minaccia esistenziale. Il terzo errore dell'Europa, secondo Gerstenfeld, è stata la sua “eccessiva dipendenza” dall'immigrazione pur di promuovere il proprio benessere economico. Gli immigrati stranieri, in gran parte dai Paesi musulmani vicini all'Europa e dalle ex colonie, “erano necessari per fornire manodopera, per compensare la carenza di natalità in Europa e anche per garantire le pensioni future di coloro che lavorano oggi”. Presi insieme, questi tre “errori” hanno avuto conseguenze profondamente negative per le comunità ebraiche in Europa, così come per le relazioni europee con lo Stato di Israele. Hanno anche svolto un ruolo fondamentale nell'aiutare gli europei a rinominare se stessi come la coscienza del mondo – nella lotta contro il razzismo, opponendosi alle prese di posizione americane e israeliane in Medio Oriente e così via - dopo quattro secoli di espansione imperiale. Il popolo ebraico ha avuto la fortuna di avere una persona con l'intelletto di Gerstenfeld che ha evidenziato queste persistenti ipocrisie. Come sempre accade con le menti migliori e davvero speciali, lui non è qualcuno che possa essere facilmente sostituito, anche se la sua influenza sicuramente sarà duratura. Possa la sua memoria rimanere in mezzo a noi come una benedizione.