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Mansour Abbas e la libanizzazione di Israele
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione di Yehudit Weisz)
Mansour Abbas - Benjamin Netanyahu Lo scontro politico in Israele è arrivato a un punto morto perché gli attori non sono concentrati su argomenti da dibattere e ideologie ma su considerazioni personali, settoriali, di fazione e di partito. Gli interessi nazionali sono stati relegati ai margini del discorso politico invece di occupare il loro posto nelle preoccupazioni dei partiti. Un segno di tale situazione è la totale assenza della questione palestinese dal discorso pubblico e politico che ha accompagnato le elezioni, come se il problema fosse stato risolto da tempo. Questo stato di cose ricorda molto il processo vissuto dal Libano dalla sua indipendenza nel 1943 ad oggi. Ciò che ha distrutto “la Svizzera del Medio Oriente” e l’ha fatta scivolare tra le braccia di Hezbollah e dell'Iran è stata la scelta dei politici - cristiani, drusi e musulmani sunniti - di subordinare l'interesse nazionale a interessi personali e settoriali. Hanno sacrificato il Paese sull'altare delle loro carriere, delegittimando gli oppositori e badando ai loro parenti e soci. Peggio ancora, hanno passato 40 anni ad adattarsi alla presenza di Hezbollah come organizzazione militare, per poi accettare il suo ingresso nell'arena politica e persino formare coalizioni politiche con il gruppo terroristico islamista. Questo nonostante il fatto che tutti sanno con assoluta certezza che l’obiettivo fondamentale di Hezbollah è quello di agevolare l’Iran nell’acquisire il controllo totale del Libano. Chi ha seguito la politica israeliana negli ultimi anni, e in particolare negli ultimi mesi, non può sfuggire alla triste impressione che l'esperienza libanese si stia ripetendo in Israele. I partiti sono istituiti e gestiti su base personale e i politici si delegittimano a vicenda a livello personale, senza alcuna minima preoccupazione per il benessere del Paese. Peggio ancora, tutti, senza distinzione, sia di destra che di sinistra, sono ansiosi di essere aiutati dal Movimento Islamico, la cui ideologia è incentrata sull'eliminazione di Israele in quanto è uno Stato ebraico e democratico.
L'organizzazione non cerca nemmeno di nascondere questa aspirazione. Il Movimento Islamico in Israele è un ramo israeliano dei Fratelli Musulmani, la fucina ideologica che ha generato Hamas, al-Qaeda, ISIS e altri gruppi jihadisti sunniti che vedono Israele come un Paese assolutamente illegittimo, che dovrebbe essere cancellato dalle carte geografiche. Anche il cosiddetto Ramo Meridionale, che è stato rappresentato nella Knesset dal 1996, è diventato parte della legislatura israeliana in modo da poter influenzare la politica e la popolazione israeliana nella direzione che desidera. Ciò che sta accadendo oggi - la trasformazione dei Fratelli Musulmani in un partito legittimo - è la realizzazione del sogno del Movimento Islamico e una vittoria per la sua strategia: dominare il sistema politico israeliano sfruttandone le debolezze, che derivano da conflitti personali, contrasti interni e scontri intersettoriali tra i suoi protagonisti. Sia la destra che la sinistra israeliana sono ugualmente responsabili di questo processo. Stanno portando Israele su una strada simile a quella che ha posto fine al Libano, fondato come Paese rifugio per la minoranza cristiana in mezzo alla maggioranza musulmana del Medio Oriente.
La necessità di un tale rifugio fu una conclusione raggiunta dai cristiani dopo il genocidio armeno durante la Prima Guerra Mondiale. La somiglianza tra il caso libanese e Israele è agghiacciante. Lo Stato di Israele è stato fondato per rinnovare la sovranità del popolo ebraico nella sua terra ancestrale. La guerra di sopravvivenza di Israele contro il mondo islamico ha le sue radici nel fatto che l'Islam non lo considera uno Stato legittimo. L'Islam vede il giudaismo (e anche il cristianesimo) come un din batal - una falsa religione - e gli ebrei, non come un popolo, ma come una gamma di comunità religiose appartenenti ai molti popoli del mondo tra i quali hanno vissuto durante i loro 1.900 anni di esilio. L'Islam ha inoltre considerato la Terra d'Israele come parte integrante della “Casa dell'Islam” sin dalla conquista musulmana. Il giorno in cui sentiremo il parlamentare arabo Mansour Abbas rinunciare a queste credenze islamiche e dire davanti alle telecamere, insieme a tutti i membri del suo partito alla Knesset, che lui crede che il giudaismo sia un din hak (una vera religione); che il popolo ebraico esiste e ha diritto a uno Stato nella sua patria ancestrale e che Gerusalemme è la capitale storica ed eterna del popolo ebraico – bene, allora e solo allora, potremo considerare il Movimento Islamico come un gruppo legittimo con cui si può formare una coalizione nello Stato ebraico. Ma le possibilità che il Movimento Islamico faccia una simile dichiarazione, anche in malafede, sono zero.
Tutti gli slogan zuccherini che sono stati forniti ai media negli ultimi mesi, come “un profondo cambiamento interno si è verificato nel settore arabo”, “i giovani arabi la pensano diversamente”, “sono totalmente israeliani nel loro stile di vita”, “vogliono integrarsi nella società e nello Stato”, “vogliono smettere di essere spettatori ed entrare nell'arena politica” - ognuno di essi ha lo scopo di coprire i punti scoperti dei politici e la loro mancanza di interesse nel salvare il sistema politico dalla crisi in cui loro l'hanno fatto precipitare. Se lo volessero, potrebbero risolvere il problema molto rapidamente: rinunciando alle considerazioni personali e settoriali che li guidano e agendo in nome dell'interesse nazionale. Ma no: preferiscono invece riporre le loro speranze su un movimento il cui unico scopo è sradicare Israele in quanto è uno Stato ebraico e democratico. Non dobbiamo lasciarci impressionare dalla giacca e cravatta dei parlamentari del Movimento Islamico, dal loro impeccabile ebraico, dai loro titoli accademici e dagli slogan che esprimono. Il Movimento Islamico in Israele non ha rinunciato al suo obiettivo finale - la distruzione di Israele in quanto Stato ebraico - e tutto quel che ha fatto da quando è entrato nella Knesset è stato finalizzato al momento in cui sarà reso kosher dagli ebrei sionisti, le cui ambizioni personali e controversie politiche hanno paralizzato le loro capacità di mettere il Paese al primo posto.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Studi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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