Riprendiamo dalla REPUBBLICA - Milano di oggi, 02/04/2021, a pag.6, con il titolo 'Il dipinto depredato dai nazisti restituito ai proprietari' la cronaca di Massimo Pisa.
Il quadro di Nicolas Poussin
Bruciava Poitiers, cominciava la fase finale della Seconda guerra mondiale nelle campagne del Poitou-Charentes, bruciava tutta la Francia occupata. I collaborazionisti avevano fatto deportare tutti i 481 ebrei censiti in città nel campo di raccolta di Limoges, da dove i treni piombati sarebbero partiti per i lager e la Shoah. Lo sbarco americano in Normandia era lontano, i primi (devastanti) bombardamenti alleati sarebbero arrivati solamente nella notte tra il 12 e il 13 giugno, per la liberazione di Poitiers bisognò attendere fino al 5 settembre. E nel frattempo, in quei sette mesi abbondanti, i gerarchi della Wehrmacht depredarono tutto ciò che aveva un valore, soprattutto in quelle case e ville, quelle dei "Juifs", ormai vuote. Tra i tesori in viaggio verso Berlino c'era anche una tela a olio neoclassica di Nicolas Poussin, "Loth avec ses deux filles lui servant à boire". Un argomento biblico tipico della pittura del XVII secolo, lo sfondo bucolico e i toni scuri contrapposti al candore della pelle e dei drappeggi, capolavoro di un artista che — come tanti contemporanei — si era affermato in Italia con il nome di Niccolò Pussino ed era morto a Roma nel 1665. Sparito. E adesso ritrovato e restituito ai legittimi eredi dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Monza, guidati dal maggiore Francesco Provenza. Era finito a Padova, nell'atelier di un antiquario. Che sapesse, o meno, di quella tragica storia, è ora oggetto di approfondimento da parte degli investigatori, guidati dalla pm milanese Francesca Crupi. Ripercorrere la storia, tra cataloghi, certificazioni e denunce, non è stato semplice nemmeno in questo caso per gli specialisti dell'Arma. Di tracce del dipinto ne erano rimaste pochissime, molto datate e tutte scarsamente utili. Solamente il 22 febbraio 1946 i familiari dei proprietari denunciarono il ratto alla Commission de récupération artistique del governo repubblicano di Parigi, creata nel novembre del 1944. Che inserì il Poussin nel "Répertoire des biens spoliés en France durant la guerre 1939-1945", pubblicato alla fine degli anni Quaranta dal Bureau central des restitutions: soltanto 60 mila, delle 100 mila opere trafugate, verranno recuperate e restituite ai loro legittimi proprietari o agli eredi degli ebrei sterminati nei campi. Tante, troppe le opere mai tracciate, nonostante la fattiva collaborazione di Bonn e delle polizie tedesco-occidentali.
Il "Loth" era rimasto nell'oblio. Lì sarebbe rimasto se l'occhio di un esperto d'arte olandese non l'avesse riconosciuto tra le opere esposte a una fiera d'arte a Maastricht, alla fine del 2019. Rintracciare i discendenti sopravvissuti è stata un'altra odissea: una, 98enne, vive in Svizzera e il secondo, 65enne, ha residenza negli Stati Uniti. Entrambi, il 25 maggio, hanno affidato la loro denuncia ai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale tramite l'avvocato milanese Giuseppe Calabi. E sono partite le ricerche. Tracciare l'ultima traiettoria del Poussin — il cui valore di mercato è stimato oggi in qualche centinaia di migliaia di euro — è stato relativamente facile. Meno è colmare i 77 anni di buio, dal 1944 ad oggi. Si sa, ad esempio, che prima di approdare a Padova, il "Loth" aveva avuto un altro proprietario italiano, un altro antiquario, questa volta emiliano, che lo aveva acquistato da un mercante francese e lo aveva poi messo in vendita nel 2017, a una mostra-mercato a Bruxelles. Nulla di certo sul prima. Sulle mani che lo portarono via da Poitiers, su quelle che lo mercanteggiarono e specularono. Questo è solo il primo tempo del film. L'atto del recupero.
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