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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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La Repubblica Rassegna Stampa
31.03.2021 Cina, ecco i crimini contro gli uiguri. Blinken: 'Genocidio'
Cronaca di Filippo Santelli

Testata: La Repubblica
Data: 31 marzo 2021
Pagina: 17
Autore: Filippo Santelli
Titolo: «Cina, telecamere sul volto per riconoscere gli uiguri. E Blinken: 'Genocidio'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 31/03/2021, a pag. 17, con il titolo "Cina, telecamere sul volto per riconoscere gli uiguri. E Blinken: 'Genocidio' ", la cronaca di Filippo Santelli.

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Filippo Santelli

Circa un milione di Uiguri detenuti nei campi di rieducazione cinesi -  Attivismo.info
Uiguri detenuti in un campo cinese

«Il popolo ha occhi penetranti», diceva uno slogan di epoca maoista, che invitava i cittadini cinesi a spiare i propri vicini. Si chiama proprio così, "Occhi penetranti", il grande progetto di videosorveglianza lanciato nel 2015 dal governo di Pechino per controllare la popolazione. Lo sguardo a cui è affidato non è più quello del popolo, bensì l’obiettivo sintetico di milioni telecamere di sorveglianza installate ad ogni angolo di strada. Occhi così acuti e intelligenti da essere in grado di identificare l’età delle persone, il sesso e perfino la loro etnia. Quanto siano avanzati i software di riconoscimento creati dalle aziende del Dragone, e quanto intrusivo l’apparato statale di sorveglianza che li utilizza, lo rivelano alcuni documenti ufficiali analizzati dai ricercatori di Ipvm, società americana di settore. Quei documenti contengono gli "standard" messi a punto in varie province e a livello centrale - con l’aiuto delle imprese private – per i progetti di monitoraggio dei cittadini. E prevedono di creare dei database con informazioni di ogni tipo: dall’altezza all’età, dal colore della pelle (bianco, nero, giallo, marrone o "altro") all’appartenenza etnica. I documenti esaminati da Ipvm mostrano due aspetti centrali del sistema di sorveglianza di massa che la Cina vuole rendere operativo in ogni spazio pubblico. Il primo è la collaborazione tra privati e governo. I campioni degli algoritmi di riconoscimento facciale - tra cui grandi imprese come Dahua e Hikvision o startup come Yitu - hanno supportato gli uffici di pubblica sicurezza e la polizia nella definizione degli standard di riconoscimento. I progetti riguardano vari territori della Repubblica Popolare, compreso lo Xinjiang, teatro della campagna di rieducazione forzata ai danni della minoranza musulmana degli uiguri, per cui la Cina è stata sanzionata dagli Stati Uniti e di recente anche dalla Ue.

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Anthony Blinken

Ieri il segretario di Stato americano Anthony Blinken ha ribadito l’accusa di «genocidio» nei confronti di Pechino. Nel 2019 proprio Dahua e Hikvision sono state inserite nella lista nera del governo statunitense per la loro presunta complicità nella violazione dei diritti umani. Il secondo aspetto è l’inserimento all’interno dei database di sorveglianza di informazioni come il gruppo etnico, che secondo le organizzazioni per i diritti umani possono diventare strumento di discriminazione e abuso. In Cina l’appartenenza a uno dei 56 gruppi etnici è indicata anche sui documenti di identità. Ma, certo, il fatto che le telecamere siano programmate per riconoscerla rappresenta un elemento di allarme, considerate le campagne di assimilazione culturale a cui sono sottoposte minoranze come i tibetani o gli uiguri. In passato anche Huawei aveva depositato un brevetto per un sistema di riconoscimento "etnico". L’ambizione del regime cinese, ossessionato dalla stabilità, è estendere l’apparato di sorveglianza elettronica – compresa l’identificazione di soggetti "pericolosi" prima che commettano un crimine – dalle aree giudicate " a rischio" all’intero Paese. Otto tra le prime dieci metropoli al mondo per numero di telecamere sono cinesi, con la prima, Chongqing, che ne ha 2 milioni e 600 mila. Questo non significa che la Cina, oggi, sia uno Stato di sorveglianza orwelliano. Come hanno mostrato i ricercatori di ChinaFile in una recente analisi il livello delle tecnologie installate varia molto a seconda del territorio e i database sono spesso primitivi e incapaci di comunicare tra loro. In teoria gli "Occhi penetranti" dovevano coprire l’intero Paese entro la fine del 2020, in realtà l’obiettivo resta distante. Ma l’ambizione è chiara: non lasciare nessun angolo in ombra. E i cittadini che cosa ne pensano? La maggior parte appoggia l’utilizzo di tecnologie di sorveglianza, se servono a garantire la loro sicurezza. Di recente sono aumentate le proteste contro l’indebito utilizzo di dati personali da parte di aziende private e il governo sta per approvare la prima legge sulla privacy. Ma la difesa della sfera privata dei cittadini non li tutela dagli occhi dello Stato: la privacy si ferma lì dove iniziano le esigenze di controllo del regime.

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