Riprendiamo da ITALIA OGGI di oggi 26/03/2021, a pag.13 con il titolo "Le foto del figlio del rabbino" il commento di Roberto Giardina.
Roberto Giardina
Fred Stein
Come regalo di nozze, Fred Stein e la moglie Lilo, si comprarono una Leica, che divenne l'unica fonte di guadagno, quando all'avvento di Hitler partirono in luna di miele per Parigi e non tornarono più. Le sue foto vengono esposte a Berlino al Deutsches historisches Museum, fino al 21 giugno. Report from Exil, questo il titolo della mostra, 130 immagini in bianco nero, scattate in esilio, a Parigi e a New York, e molti ritratti. Ein Augenblick, un momento, un istante, il tempo di uno scatto, ti può cambiare la vita, diceva Stein (1909-1967), che divenne il fotografo preferito dell'amica Hannah Arendt. Era il figlio del rabbino di Dresda, studiò legge, si impegnò in politica nel partito socialista, nel 1933 i nazisti lo licenziarono dal tribunale dove era impiegato come funzionario. Un amico lo informò in tempo che la Gestapo stava per arrestarlo, in esilio trasformò il suo hobby in una professione, a Parigi aprì uno studio fotografico nel suo appartamento a Montmartre. Entrò nell'associazione dei giornalisti tedeschi antinazi, fu invitato a mostre collettive insieme con i grandi fotografi del tempo, Ilse Bing, Brassaï, Man Ray, Dora Maar.
Robert Capa usava la camera oscura di Stein, e la sua compagna Gerda Taro viveva a casa di Fred e Lilo, contribuendo a pagare l'affitto. All'inizio della guerra, con la figlia Marion appena nata, lasciarono Parigi per Marsiglia, da dove nel 1941 infine riuscirono a imbarcarsi per gli Stati Uniti. La Leica rimase in un deposito in Francia, a New York riuscì con l'aiuto di amici a comprare una Rollei 6X6, quella dei fotoreporter, un formato adatto ai ritratti. Nel tempo libero vagava per le strade, coglieva l'istante, un Augenblick, per fermare la vita, i passanti, un uomo o una donna, volti sconosciuti. Ma per i ritratti voleva conoscere il soggetto con lunghe conversazioni preliminari, che spesso finivano in discussioni, in litigi. E i primi negativi venivano distrutti. Nel suo archivio ha lasciato oltre 1.200 ritratti, quasi tutti i protagonisti del Ventesimo secolo. Stein fotografò più volte Hannah Arendt dal scorso 1941, quando era ancora sconosciuta fino al 1966, dopo il processo Eichmann e la pubblicazione della Banalità del male. E continuarono sempre a discutere, quasi mai d'accordo, per ore, nello studio fotografico, o a casa di lei, due stanze ammobiliate dove viveva con il marito Heinrich e la madre Martha. Devo conoscere anche dove vive, dorme, mangia, chi ritraggo, i suoi mobili, i libri negli scaffali, spiegava Stein. «Sei uno dei migliori ritrattisti del nostro tempo», gli scrisse Hannah nel 1944. Molti ritratti celebri di Einstein o di Willy Brandt, di Arnold Zweig, Bertolt Brecht, Marlene Dietrich o Salvador Dall, sono opera sua. «Mio padre aveva tre metodi», ha spiegato il figlio Peter, «il primo era di visitare i clienti che gli chiedevano un ritratto a casa loro. Quando non era possibile, venivano nello studio, cioè a casa nostra. Il terzo era di andare a incontrarli in occasioni pubbliche, una mostra, una conferenza, sorprenderli mentre erano a confronto con il pubblico». Li osservava per ore, in diverse situazioni, a distanza di giorni o settimane, per cogliere il giusto istante che ritrae una vita intera.
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