Israele al voto, si accende la sfida Commento di Sharon Nizza
Testata: La Repubblica Data: 22 marzo 2021 Pagina: 17 Autore: Sharon Nizza Titolo: «Israele alle urne. Rebus alleanze ma la sfida resta su Netanyahu»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 22/03/2021, a pag. 17, il commento di Sharon Nizza dal titolo "Israele alle urne. Rebus alleanze ma la sfida resta su Netanyahu".
A destra: alcuni dei protagonisti delle elezioni. Da sinistra Yair Lapid, Naftali Bennet, Benjamin Netanyahu, Gideon, Sa'ar, Benny Gantz
Sharon Nizza
Era nato come il governo della pacificazione nazionale, solo il 17 maggio scorso, ma ha avuto vita breve: domani gli israeliani sono chiamati nuovamente alle urne, per la quarta volta in due anni. Gli ultimi sondaggi fotografano ancora un Paese spaccato, come è stato per i tre round precedenti, in cui nessuna coalizione incassa la maggioranza di 61 seggi tra gli alleati. Tutto fa prevedere che si aprirà un'altra estenuante fase di negoziati tra i partiti, di incarichi affidati e rimessi, che potrebbe durare mesi, mentre quinte elezioni restano uno scenario reale. Rispetto ai risultati del 2 marzo 2020, l'ultima volta in cui gli israeliani sono andati a votare, il grande perdente è Benny Gantz: l'ex capo di Stato maggiore sceso in campo solo nel 2019, attuale ministro della Sicurezza, da 33 seggi è sceso a 4. Non gli perdonano di essere venuto meno alla promessa di non sedersi con Netanyahu, l'emergenza Covid non è stata un'attenuante. Netanyahu è lontano dal raggiungere 61 con gli alleati comodi (i partiti ultraortodossi) e per ottenere una coalizione stabile deve ancora contare sull'appoggio dei rivali dichiarati. Tra questi, Naftali Bennett, leader di Yamina, partito della destra nazionalista che per posizionarsi come ago della bilancia, si è separato dagli elementi più oltranzisti. Con i suoi 8-10 seggi, potrebbe essere determinante per qualsiasi futura coalizione, essendo l'unico dell'opposizione che non ha giurato "tutto tranne Bibi". Insieme a lui, anche Mansour Abbas, parlamentare fuoriuscito dalla Lista Araba Unita, che dice sosterrà chi gli offrirà di più. Ma Abbas è dato oscillante sui 4 seggi e soprattutto rimane da vedere se potrà davvero unirsi a una coalizione che potrebbe includere la destra religiosa nazionalista di Itamar Ben Gvir, "l'avvocato dei coloni" come lo chiamano, che per la prima volta sembra entrerà nella Knesset. Netanyahu è dato a 32 seggi, dall'anno scorso ne ha persi 4, che vanno a un nuovo rivale: Gideon Saar, fuoriuscito dal Likud, già ministro in passati governi Netanyahu. Con il suo "Nuova Speranza" è dato a 8-10 seggi.
"C'è Futuro" di Yair Lapid, che l'anno scorso si era staccato dalla coalizione con Gantz per non sostenere il governo di unità nazionale, è il secondo partito, con 18 seggi, ma sia Bennet che Saar hanno dichiarato che non è il loro candidato premier. E questo rimane il grande vulnus del campo anti-Bibi che potrebbe pregiudicare una coalizione alternativa: frammentato, senza una vera ideologia collante se non quella di voler rimpiazzare il premier più longevo della storia del Paese. Netanyahu è invece un fiume in piena: la riconferma a primo ministro è critica con il processo che lo vede imputato per corruzione, frode e abuso d'ufficio, che entra ad aprile nella fase dibattimentale. Promette accordi di normalizzazione con altri quattro Paesi arabi, voli diretti Tel Aviv-Mecca per i pellegrini musulmani e non manca di ricordare come è grazie a lui che "il Paese torna a vivere" — slogan che il comitato elettorale gli ha vietato di usare perché "troppo identificato con la campagna vaccini del ministero della Salute". Con metà della popolazione immunizzata in tre mesi, la campagna vaccinale ha combaciato con quella elettorale: domani si voterà con ristoranti, spiagge, musei e bar sovraffollati come negli ultimi giorni. Netanyahu confida che, tra un caffè e un aperitivo, gli elettori non lo dimenticheranno.