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Avvenire Rassegna Stampa
21.03.2021 Israele al voto:Il quotidiano dei vescovi lo racconta correttamente
Cronaca di Fiammetta Martegani, analisi di Barbara Uglietti

Testata: Avvenire
Data: 21 marzo 2021
Pagina: 15
Autore: Fiammetta Martegani - Barbara Uglietti
Titolo: «Israele in overdose elettorale si prepara a un nuovo stallo - L'ultimo capolavoro di Netanyahu: solo, controcorrente ma senza concorrenti»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 21/03/2021, a pag.15 con il titolo "Israele in overdose elettorale si prepara a un nuovo stallo" la cronaca di Fiammetta Martegani; con il titolo "L'ultimo capolavoro di Netanyahu: solo, controcorrente ma senza concorrenti", il commento di Barbara Uglietti.

Talvolta alcuni lettori ci criticano per la nostra severità nei confronti dei giornali cattolici. Oggi pubblichiamo con piacere due ottimi servizi sulle imminenti elezioni israeliane tratti da Avvenire. Ci auguriamo che il quotidiano dei vescovi prosegua lungo questa linea, abbandonando quella dei pregiudizi contro lo Stato ebraico.

Ecco gli articoli:

Expand Israeli Absentee Voting Rights - The Israel Democracy Institute

Fiammetta Martegani: "Israele in overdose elettorale si prepara a un nuovo stallo"

Immagine correlata
Fiammetta Martegani

A 48 ore dall'apertura dei seggi, mentre in Israele la campagna vaccinale avanza spedita - facendo dello Stato ebraico il primo Paese al mondo per percentuale di immunizzati -, quella elettorale, ormai la quarta in meno di due anni, procede stancamente, confermando, di nuovo, la spaccatura netta tra il fronte pro e quello contro Benjamin Netanyahu, primo ministro dal 2009, in corsa per il suo quinto governo consecutivo. I giornali parlano di overdose elettorale. E questa volta sarà ancora più difficile mettere assieme i numeri per formare un esecutivo, soprattutto perché il blocco dell'opposizione è diviso come mai. Mentre Bibi ha rinnovato l'alleanza storica con i partiti religiosi, le altre liste, per poter formare una coalizione, dovranno assemblare un puzzle i cui pezzi combaciano a fatica. Nel campo della destra, i sondaggi assegnano 11 seggi al partito di ispirazione religiosa Yamina, di Naftali Bennett, seguito dai laici di Nuova Speranza, la formazione di Gideon Saar, che si attesta sui 10 seggi, poi c'è il nazionalista laico Avigdor Lieberman con i 7 seggi del suo Ysrael Beitenu. Al centro, ma in grande difficoltà, l'ormai ex co-premier Benny Gantz, con il suo Blu Bianco fermo a 4 seggi, e Yair Lapid, leader di Yesh Atid, 20 seggi, attuale leader dell'opposizione assai temuto da Netanyahu. A sinistra, 6 seggi per i Laburisti di Merav Michaeli, 3 all'estrema sinistra Meretz di Nitzan Horowitz. Tra i partiti arabi, vengono assegnati 8 seggi alla Lista Araba Unita e 3 al nuovo partito islamico Raam: una formazione piccola (come Meretz, è ad alto rischio di non superare la soglia di sbarramento del 3,25), nata dalla frattura interna tra gli arabi, ma che potrebbe rivelarsi determinante. Spaccare il fronte arabo è stato uno degli obiettivi (raggiunti) di Netanyahu in questa campagna elettorale, perché i numeri del nuovo piccolo partito dissidente di Mansour Abbas potrebbero essere decisivi per confermare la sua leadership. La corsa per il premier resta però tutta in salita. Oggi gli vengono attribuiti 29 seggi. Sommati ai 15 dei due partiti religiosi, ai 4 della lista religiosa sionista e ai 3 di Raam si arriva a 51 in totale. Esattamente quelli del blocco anti-Bibi. Entrambi i fronti sono ancora lontani dal raggiungere i 61 seggi (su 120) necessari per governare alla Knesset. Sei sondaggi dovessero risultare accurati, tutto, di fatto, si giocherà dopo il voto del 23 marzo, e mai come questa volta il vero kingmaker sarà Naftali Bennett, ex alleato del premier (con cui ora è ai ferri corti) che nel corso di questi mesi non ha mai voluto chiudere accordi con nessuno, per poter tirare fuori all'ultimo l'asso dalla manica la proposta di un governo a rotazione. E una formula che non ha funzionato con la precedente alleanza Netanyahu-Gantz. Ma che, di nuovo, potrebbe essere riproposta come l'unica possibile. Anche se a causa della frammentazione di questa ennesima tornata sono in molti a temere che queste elezioni non porteranno ad alcun risultato. Le quarte elezioni in meno due anni non sono ancora cominciate, e si pensa alle quinte.

Barbara Uglietti: "L'ultimo capolavoro di Netanyahu: solo, controcorrente ma senza concorrenti"

File:Benjamin Netanyahu 2018.jpg - Wikipedia
Benjamin Netanyahu

Uno strano silenzio ha accompagnato gli israeliani alle urne perla quarta volta in meno di due anni. La campagna elettorale di fatto non c'è stata: il premier Benjamin Netanyahu si è presentato senza avversari di fronte al Paese che l'ha contestato aspramente (e rumorosamente) per mesi. Smobilitati i picchetti a Balfour, anche ai più critici non è rimasto che assistere all'ultimo (ma solo in ordine di tempo) capolavoro politico di Bibi. Un successo che gli va riconosciuto a prescindere dall'esito del voto di martedì. Netanyahu è il premier più longevo della storia del Paese: governa da 15 anni (da 12 ininterrottamente). Nessuno, neanche i più severi detrattori, si è mai sognato di rimproverargli la mancanza di fiuto politico, piuttosto il contrario. Ma questi ultimi mesi di difficoltà sembrano aver affinato le sue capacità: come un animale braccato (da rivali temibili, da una stampa agguerrita, da un'opposizione tenace, e, soprattutto, dai giudici), Netanyahu, protagonista di mille resurrezioni, si è sbarazzato di ogni ostacolo con un'abilità che ha sorpreso tutti. Ammutolendo un intero Paese. Per tre tornate elettorali (aprile 2019, settembre 2019, marzo 2020), si è ritrovato a fare i conti con un nemico atipico: Benny Gantz, ex generale e uomo per bene, per niente avvezzo ai sofismi della politica, che pure ha saputo combattere su un terreno non suo, riuscendo a intercettare il malcontento di un Paese lontano da una dirigenza chiusa su sé stessa e preoccupato per le ombre giudiziarie che hanno iniziato ad allungarsi su Netanyahu (tre inchieste: corruzione, frode e abuso d'ufficio). Per tre volte a Bibi è toccato digerire un pareggio tra il suo Likud e Blu Bianco, la formazione centrista dell'ex ramatkal. Fino all'intesa, una anno fa, su un governo di unità a rotazione che sembrava, allora, l'unico salvagente possibile per un Paese finito nella palude in piena pandemia. Gantz ha aderito al progetto con una mossa, onesta ma ingenua, che gli è costata tutto. Il partito non gli ha perdonato quel matrimonio compromettente: Blu Bianco si è sfaldato. Difficile, adesso, non pensare che Netanyahu avesse già in mente, ben chiara, tutta la rotta. Nei fatti, si è ritrovato a navigare controcorrente ma senza concorrenti. Da solo ha combattuto la diffusione del virus, sistemando Israele al primo posto nella classifica dei Paesi più efficaci nella campagna di immunizzazione. Da solo ha manovrato sul fronte iraniano, lisciando le ambizioni dell'ultimo Donald Trump per un piano regionale, quello degli Accordi di Abramo, cui vengono riconosciuti valore e solidità. Da solo si avvia ora ad affrontare il quarto 'referendum': Martedì, secondo i sondaggi, potrebbe ritrovarsi alle prese con un ennesimo testa a testa, e (persino) con un altro governo a rotazione. Questa volta con Naftali Bennett. Il giocatore è nuovo, lo schema è lo stesso. Soprattutto, è identico il risultato: Netanyahu va avanti. Aggiunge mesi agli anni. Il premier è atteso da un lungo iter processuale: qualcuno pensa che riuscirà a confezionarsi un provvedimento su misura per scamparla; qualcuno pensa che pagherà un prezzo molto alto. Comunque vada a finire, non finirà adesso. E ancora una volta Bibi tirerà fuori la sua bacchetta magica. Per segnare il tempo, di cui ha bisogno.

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