Una nuova proposta per la soluzione della questione palestinese
Analisi di Antonio Donno
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Nell’ultimo fascicolo di “Foreign Affairs” (March-April 2021) è stato pubblicato un articolo assai interessante a firma di Hussein Agha e Ahmad Samih Khalidi, docenti del St. Anthony College della University of Oxford, dal significativo titolo A Palestinian Reckoning (La resa dei conti palestinese). È importante seguire i passaggi di tale articolo e commentarli, perché rivelano finalmente gli errori macroscopici commessi dalla dirigenza palestinese (Palestinian National Authority, Pna) e dalla Palestine Liberation Organization (Plo), fondata e diretta da Yasser Arafat fino alla morte di quest’ultimo, durante i decenni del secondo dopoguerra.
Gli autori iniziano il loro saggio affermando che la pace concordata da Israele con alcuni Stati arabi, benché di estrema importanza, non vuol dire che si giungerà alla pace con i palestinesi. Perché? La ragione sta nel fallimento diplomatico che ha connotato la dirigenza palestinese dal 1948 sino ad oggi e nella sua pretesa che la causa palestinese fosse una causa araba in toto. I palestinesi hanno ritenuto spocchiosamente che la loro causa fosse la causa del mondo arabo e, nello stesso tempo, che fossero essi soltanto ad avere il diritto di governare il processo che li avrebbe condotti ad un loro Stato. In sostanza – è opportuno aggiungere a commento – gli Stati arabi avrebbero dovuto eliminare Israele dalla carta geografica del Medio Oriente e poi donare ai palestinesi uno Stato indipendente e sovrano. Un’assurdità. Ora che Israele ha firmato la pace con diversi paesi arabi sunniti mediante gli Accordi di Abramo, la storia ha svelato la verità: il mondo arabo ha interessi cruciali che vanno ben al di là della questione palestinese. Ecco in che consiste “la resa dei conti palestinese”. Tornando all’articolo di Agha e Khalidi, nonostante i successivi passi compiuti dalla dirigenza palestinese, compresi gli Accordi di Oslo del 1993, la realtà – sostengono i due autori – è che “il programma politico del PLO poggia sui pilastri presenti nel suo documento fondativo, che rigetta il principio della spartizione della Palestina sulla base di argomenti politici e morali.
Al centro, una fotografia di Abu Mazen
La carta non è stata formalmente rivista ed aggiornata a partire dal 1996”. Inoltre, secondo gli autori, nel corso degli anni i rapporti tra Pna e Plo si sono complicati a tal punto che la gestione politica del movimento ha perso di vista un compito fondamentale, cioè la difesa dei basilari diritti dell’individuo: la libertà di pensiero e di espressione, di vivere e lavorare per la prosperità di sé e della propria famiglia sono stati relegati ai margini, il che ha prodotto sofferenza e impoverimento progressivi. Il deterioramento dei rapporti interni si è riprodotto nelle fasi negoziali, nelle quali la dirigenza palestinese si è rivelata sempre più vittima di una sorta di “cultura della dipendenza piuttosto che dell’intraprendenza, dell’attesa di una salvezza proveniente dall’esterno piuttosto che della fiducia in se stessi”.
Da qui la dipendenza dalle organizzazioni internazionali, l’incapacità di cogliere il momento più propizio per accettare le soluzioni proposte e di accettarle dopo alcuni anni, ma in un contesto non più favorevole. Un fallimento diplomatico totale e continuato nel tempo. È tempo, dunque, di voltare pagina, se la dirigenza palestinese è in grado di capire il momento favorevole, concludono Agha e Khalidi. La normalizzazione delle relazioni tra Israele e i paesi arabi può offrire un contesto favorevole ad una ripresa dei negoziati, ma è fondamentale che i palestinesi si astengano dal diffondere propositi minacciosi nei confronti di Israele nella speranza di ottenere qualche concessione. Sarebbe un altro esempio della storica incapacità palestinese di negoziare con senso della realtà. Gli autori traggono le conclusioni della loro analisi in questi termini: Israele non accetterà mai la soluzione dei due Stati e, per questo motivo, la dirigenza palestinese dovrà elaborare una nuova visione della propria gestione politica interna, assicurando il rispetto dei diritti individuali e collettivi, incrementando il dibattito, il dialogo e la tolleranza. La situazione attuale è favorevole a tutto questo. Ogni altra soluzione non potrà che produrre nuove sofferenze per il popolo palestinese.
Antonio Donno