'L'immortale Bartfuss', ultimo libro di Aharon Appelfeld Recensione di Eraldo Affinati
Testata: Avvenire Data: 14 marzo 2021 Pagina: 4 Autore: Eraldo Affinati Titolo: «Appelfeld, dimenticare la Shoah»
Riprendiamo da AVVENIRE Roma Sette di oggi, 14/03/2021, a pag.4 con il titolo "Appelfeld, dimenticare la Shoah" l'analisi di Eraldo Affinati.
Eraldo Affinati
Aharon Appelfeld
Credo di aver letto quasi tutti i libri di Aharon Appelfeld, il grande scrittore israeliano scomparso un paio d'anni fa dopo un'esistenza incredibile, contraddistinta dallo sterminio nazista che in Bucovina gli portò via i genitori. Da piccolo vagò nella foresta riuscendo a sopravvivere come un randagio. Una volta, incrociandolo al Salone del Libro di Torino, gli chiesi a bruciapelo perché non avesse mai raccontato, se non per allusione, il lager che pure conobbe personalmente in Transnistria, allora all'interno della Romania. Mi rispose in un soffio, con gli occhietti socchiusi dietro le spesse lenti, dicendo che quella era stata soltanto "vita animale". Un'espressione rimasta nella mia mente, anche pensando a ciò che poteva significare la reclusione coatta vista dagli occhi di un bambino. Di certo Appelfeld raccontò come pochi altri reduci riuscirono a fare gli effetti che il campo di concentramento produsse nella psiche dei deportati: conseguenze spesso nemmeno percepibili a vista d'occhio, ma in grado di segnare la vita di quegli sventurati, non solo per ciò che subirono, anche rispetto a quello che videro.
La copertina (Guanda ed.)
Penso sia questa l'ottica migliore per leggere l'ultima sua opera pubblicata da Guanda: L'immortale Bartfuss (traduzione di Elena Loewenthal, p. 157,16 euro), che risale ai primi anni Ottanta del secolo scorso e mette in scena una sorta di alter ego dell'autore, appunto il protagonista capace di sopravvivere alle pallottole nemiche, approdato come tanti scampati a Giaffa, dopo una prima parentesi italiana. Ciò che colpisce in questo breve romanzo non sono tanto gli eventi tematici, quanto la rievocazione del "tempo morto" che il cinquantasettenne Bartfuss trascorre in riva al mare cercando in ogni modo di dimenticare la Shoah. La moglie Rose non lo capisce, anzi lo attacca più volte. La stessa cosa fanno le sue due figlie, Brigitte, mentalmente menomata e Paula, sposata che vive ancora in famiglia col marito. Questi parenti sembra non cerchino altro che sottrargli il tesoretto di ori e gioielli da lui nascosto, frutto di loschi traffici di contrabbando. Bartfuss si sente ancora perseguitato: i fantasmi non smettono di assediarlo, insieme a certi amici che inutilmente lo sollecitano a ricordare il passato mentre lui non vuole assolutamente farlo. L'Italia, terra della salvezza, è una visione evanescente. Figure di donne appaiono e scompaiono sul litorale dove l'uomo beve cafe seduto al chiosco e guarda l'orizzonte desolato. l'ultima, in particolare, viandante triste pronta a concedersi al primo venuto in cambio di qualche dolciume, assomiglia a una larva umana, ridotta così dalle presumibili violenze subite chissà come e quando. ll deficit cognitivo di Brigitte lascia un'ombra lunga inquietante, segnalando la cecità della natura di fronte agli scempi della storia. Ed Appelfeld, senza scrivere niente di esplicito, lascia intendere tutto.
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