Rodi, «un mondo straordinariamente felice», che nel giro di pochi giorni si trasformò in un inferno per tutti i discendenti di un gruppo di ebrei che, quattrocento e più anni prima, in fuga dalla Spagna di Isabella la Cattolica, avevano messo radici nell'isola delle rose. Ed è in quest'angolo di paradiso che è ambientato il romanzo di Marco Di Porto "Una voce sottile", che sarà presentato martedì 16 marzo, alle ore 18, nella diretta streaming sulla pagina facebook (
www.facebook.com/sociaIUCEI/) organizzata dalla Comunità ebraica di Napoli e dall'Ucei. A intervenire, oltre all'autore, saranno la presidente della Comunità ebraica di Napoli Lydia Schapirer, il giornalista e storico della Shoah Nico Pirozzi, e il consigliere dell'Ucei, Sandro Temin. Un romanzo, quello di Marco di Porto, che è anche una storia di famiglia, essendo il protagonista (Solly) il nonno materno dell'autore, nonché uno dei pochi sopravvissuti alla deportazione degli ebrei del Dodecaneso. Venuto al mondo nello stesso anno in cui l'impero ottomano esalava l'ultimo respiro (1917), Solly aveva trascorso la sua adolescenza in quel dedalo di viuzze acciottolate e cortili in fiore, dove la lingua parlata era lo judezmo (un giudaico-spagnolo simile al castigliano del 1500), e i profumi quelli penetranti delle spezie utilizzate per preparare le burrekitas (fagottini di verdure cotti al forno). Un mondo dove la convivenza tra gli ebrei, i greci (cristiani) e i turchi (islamici) si era dimostrata una consuetudine. Fino al luglio 1944, quando scattò un tranello nel quale caddero quasi tutti gli ebrei di Rodi. Il viaggio verso l'ignoto per 1767 uomini, donne e bambini cominciò il 23 luglio dal porto di Rodi per concludersi 25 giorni dopo sulla Bahnrampe di Auschwitz-Birkenau.