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Panorama Rassegna Stampa
03.03.2021 Burqa: in Svizzera un referendum di civiltà
Commento di Daniel Mosseri

Testata: Panorama
Data: 03 marzo 2021
Pagina: 50
Autore: Daniel Mosseri
Titolo: «Giù il burqa»
Riprendiamo da PANORAMA, di oggi 03/03/2021, con il titolo "Giù il burqa", il commento di Daniel Mosseri.

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Daniel Mosseri

Survey: Germans want a burqa ban | News | DW | 26.08.2016

Sono tre i temi sui quali gli svizzeri sono chiamati a esprimersi iI 7 marzo in una consultazione a livello federale, ma solo uno sta dividendo il Paese oltre i tradizionali schieramenti destra-sinistra Non stiamo parlando né del referendum per abrogare il Trattato di libero scambio fra la Svizzera e l'Indonesia né di quello sulla legge per l'identificazione elettronica, due provvedimenti approvati dal Parlamento. A far discutere è un'iniziativa popolare per introdurre nella Costituzione federale della Confederazione elvetica «il divieto di dissimulare il proprio viso». Questo il nome ufficiale del referendum propositivo che punta in soldoni a vietare l'uso del burqa e del niqab su tutto il territorio svizzero. La proposta ha messo in luce le contraddizioni di una società occidentale che, in Svizzera come altrove, invoca la tolleranza per costumi o valori che pure fanno a pugni con quelli fondanti della stessa società. Così in molti fra socialisti, ecologisti e femministe si sono schierati contro il progetto, in nome della libertà delle donne di essere coperte da capo a piedi, libertà che peraltro ben poche reclamano. È l'applicazione del politicamente corretto alla religione: un approccio ideologico che ignora come burqa e niqab non siano previsti dal Corano ma siano invece strumenti di un islam politico che si basa, fra l'altro, sull'oppressione della donna.

Why is a Burqa and Hijab banned in most European Countries?

Non è un caso che contro il velo integrale si siano espressi tanto la moschea-università di al-Azhar al Cairo, importante centro di diffusione del credo islamico di scuola sunnita, quanto l'imam di Berna Mustafa Memeti, secondo cui il burqa non ha nulla a che vedere con la religione islamica. Per Memeti, al contrario, il referendum sostiene l'emancipazione delle donne nell'islam. Se approvata, la norma anti-burqa sarà applicabile in tutti i luoghi accessibili al pubblico: all'aperto, negli uffici, sui trasporti pubblici, allo stadio come nei negozi o al ristorante, dove però si potrà ancora usare la mascherina per ragioni sanitarie. Divieti analoghi sono già in vigore in Francia e in Belgio (dal 2011), in Bulgaria (dal 2016), in Austria (dal 2017) e in Danimarca (dal 2018) solo per restare in Europa. Secondo gli oppositori del progetto, oltre che anti-femminista vietare alle donne di vivere sotto una gabbia di vestiti sarebbe anche islamofobico. Eppure l'uso del burqa è vietato a diverso titolo anche in Paesi musulmani. Nel 2019 l'allora primo ministro della Tunisia, Youssef Chahed, vietava l'uso di niqab e burqa negli uffici pubblici del Paese; una misura meno dura di quella adottata due anni prima dal governo di Rabat che ha anche impedito la produzione e la vendita di niqab e burqa su tutto il territorio del Marocco. «La vera novità è che se la proposta sarà approvata, la Svizzera sarà il secondo Stato al mondo a introdurre tale divieto previa consultazione popolare. Un precedente c'è già: è quello del Canton Ticino». Giorgio Ghiringhelli ricostruisce per Panorama la storia che ha portato all'iniziativa popolare di inizio marzo. Giornalista ticinese, 69 anni ad aprile, Ghiringhelli è probabilmente la persona che meglio conosce la vicenda. Fu lui, nel 2011, a farsi promotore dell'iniziativa per introdurre nella Costituzione del Canton Ticino il divieto di dissimulare il volto. «Approfittando della democrazia diretta in Svizzera, ho raccolto 12 mila firme per proporre di impedire la dissimulazione del volto in pubblico, sulla falsariga del modello francese». Nel 2013 il 65,4 per cento della popolazione ticinese votò a favore del divieto. Una Costituzione non si cambia però dal mattino alla sera: in Svizzera sta al Parlamento federale verificare le modifiche alle costituzioni cantonali. La decisione ottenne luce verde nel 2016, solo dopo che la Corte europea dei diritti dell'uomo respinse il 1° luglio 2014 il ricorso di una donna islamica contro il divieto di burqa adottato in Francia. Ghiringhelli torna alla raccolta delle firme: «A chi mi chiedeva perché volessi lanciare questa iniziativa in Ticino facendomi notare che di donne con il burqa ce n'erano davvero poche, io rispondevo: "Si tratta di una questione di principio, non di numeri"». Principio che ha fatto scuola, salendo dal livello cantonale a quello federale. È stato il comitato di Egerkingen a seguire l'esempio di Ghiringhelli. Vicino all'Udc, il comitato è lo stesso che promosse e vinse il referendum propositivo del 2009 contro la costruzione di nuovi minareti sul territorio nazionale. E oggi l'articolo 72 della Costituzione federale recita: «L'edificazione di minareti è vietata». «Una misura che non ha impedito la nascita di tante nuove moschee nel Paese» riprende Ghirighelli. La sua, spiega, non è una crociata. Il giornalista si definisce ateo, ma ha in testa un obiettivo chiaro: «Impedire l'islamizzazione della Svizzera». L'iniziativa popolare contro il burqa, sostenuta da un comitato creato ad hoc con esponenti dell'Udc ma anche liberali come la giurista ticinese Marina Masoni, ha messo in difficoltà il governo svizzero composto, oltre che da due consiglieri dell'Udc, da rappresentanti socialisti, centristi e liberali. Ritenendo l'iniziativa troppo severa, il Consiglio federale e il Parlamento hanno presentato una controproposta secondo cui il burqa è permesso ma la persona che lo indossa dovrà mostrare il proprio viso non solo al pubblico ufficiale ma anche al controllore dei biglietti sull'autobus. E chi sgarra sarà multato. La controproposta entrerà in vigore se l'iniziativa popolare sarà respinta. A chi chiede di votare «no» in nome della libertà di religione o di quella delle donne, Ghiringhelli risponde: «Credo che quelle femministe che 50 anni fa bruciavano il reggiseno in pubblico avrebbero molto da ridire ». Dello stesso avviso è Mohamed Hamdaoui, esponente del Partito popolare democratico al Gran Consiglio del Canton Berna. Parlando alla radio romanda, il deputato di origine algerina ha definito il burqa «una porcheria ambulante». Da parte sua il Consiglio federale teme danni al turismo proveniente dai Paesi nei quali le donne sono velate integralmente, mentre i liberali preferirebbero che la questione fosse gestita a livello cantonale e non federale. Chi vincerà? Una serie di sondaggi indica che la maggioranza dei cittadini elvetici è per il sì: Srg/Ssr li ha stimati nel 56 per cento dei voti mentre per 20Minuten/Tamedia i favorevoli sarebbero il 63,56 per cento. Poiché si tratta di una questione di rango costituzionale, l'iniziativa sarà approvata solo se otterrà la maggioranza dei voti espressi nella maggioranza dei Cantoni (almeno 14 su 26) . Ghiringhelli non ha dubbi: «Faremo l'en plein».

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