Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 03/03/2021 a pag. 25, con il titolo "David Grossman, la letteratura oltre la situazione", la recensione di Alessandro Zaccuri.
Alessandro Zaccuri
La copertina (Mondadori ed.)
La prima vota che andò "lassù" David Grossman fu sopraffatto da qualcosa di incomprensibile, forse addirittura di innominabile. Non era esattamente paura, piuttosto sgomento, incredulità, sorpresa. Si addormentò di colpo, appena arrivato in albergo, e dormi per quasi ventiquattr'ore. «Come se sperassi - racconta - che la mia visita sarebbe trascorsa nel sonno». Era "lassù"; invece, è cioè in Germania, per la precisione a Monaco di Baviera, dove nel 1923 Adolf Hitler aveva tentato di salire al potere con un colpo di Stato. L'impresa gli sarebbe riuscita dieci anni più tardi per via elettorale, con le conseguenze che sappiamo: il regime nazista, la Seconda guerra mondiale, la Shoah, i sei milioni di ebrei sterminati nei lager. Nella sola famiglia di Grossman le vittime furono ottanta. Per questo in casa sua, come nelle altre case israeliane, non si parlava mai della Germania, ma di "lassù". Da allora è passato molto tempo, Grossman - nato a Gerusalemme nel 1954 - è diventato uno degli autori più importanti della letteratura contemporanea, non soltanto israeliana. Ha lettori ovunque ed è molto amato anche in Germania, tant'è vero che quasi la metà dei saggi e dei discorsi raccolti in Sparare a una colomba (traduzione di Alessandra Shomroni; Mondadori, pagine 144, euro 17,00) sono stati originariamente pensati per il pubblico tedesco. E tedesca, in effetti, è anche la prima edizione del volume ora presentato con una serie di integrazioni che comprendono anche una riflessione sugli effetti e sulla possibile eredità della pandemia.
David Grossman
Affermatosi come narratore dopo un importante apprendistato nel giornalismo radiofonico, Grossman coltiva da sempre un'idea molto personale ed efficace dell'impegno civile e letterario. Che non si mescolano tra di loro, ma sono l'uno il complemento dell'altro. Nei saggi di Sparare a una colomba sono frequenti i rimandi ai più noti romanzi di Grossman, dal capolavoro giovanile Vedi alla voce: amore (1986) ai più recenti Un cerbiatto somiglia il mio amore (2008) e Caduto fuori dal tempo (2012), entrambi segnati dalla perdita del figlio Uri, morto nel 2006 durante un'operazione dell'esercito israeliano al confine con il Libano. Un lutto al quale Grossman si riferisce con lucidità e pudore, senza mai rinunciare ad affermare la necessità di andare oltre quella che in Israele viene solitamente indicata come "la situazione". Al di là di ogni accomodamento linguistico, si tratta di uno stallo tutt'altro che provvisorio, il cui superamento richiede una libertà coraggiosamente declinata come assunzione di responsabilità: «Israele - riassume Grossman - non sarà una casa fintanto che i palestinesi non avranno una casa propria». E la cosiddetta soluzione dei due Stati, che prevede l'attribuzione di una piena sovranità territoriale ai palestinesi mediante un disegno finalmente stabile dei confini israeliani. La letteratura interviene a questo punto, per evitare che il progetto rimanga astratto o, peggio, finisca prigioniero delle buone intenzioni (illuminanti, in merito, le riflessioni sul fallimento degli accordi sottoscritti a Oslo nel 1993). Per Grossman, infatti, la letteratura è l'arte di dare concretezza all'immaginazione, «è la stupefazione per l'uomo, per la sua complessità, per la sua ricchezza, per le sue ombre». E ancora: «La letteratura, al suo meglio, può portarci a toccare le fondamenta della comprensione, dell'intuizione e dell'esperienza umana». Anche quando prende posizione sull'attualità, lo scrittore ricorre sempre allo strumento del racconto, si sofferma su un particolare, riconosce l'unicità e l'insostituibilità di ciascun individuo. Discendono da questa attitudine i piccolo apologhi che costellano anche le pagine di Sparare a una colomba, storie dal vero che spesso si interpretano a vicenda: i ragazzi ebrei di Vilnius che, dal treno su cui sono stati costretti a salire, assistono alla partita di calcio che stavano disputando con gli amici prima di essere catturati; i figli di Grossman che, durante un viaggio in Olanda con i genitori, vengono invitati a giocare a pallone da un gruppetto di coetanei... «Anche se una disgrazia ci ha colpito - si legge in un passaggio particolarmente rivelatore -, non sarà quella a definirci. Potrebbe forse imporci un cognome, ma noi saremo liberi di sceglierci un nome. E questo vale sia per il singolo che per una società, per un intero popolo». Nessuna "situazione" è immutabile, nessun "lassù" è destinato a restare inesplorato e minaccioso.
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