Israele prima nel vaccino, l'accordo con Austria e Danimarca Commento di Sharon Nizza, cronaca di Alberto d'Argenio, Tonia Mastrobuoni, la censura del Fatto Quotidiano
Testata: La Repubblica Data: 03 marzo 2021 Pagina: 11 Autore: Sharon Nizza - Alberto d'Argenio, Tonia Mastrobuoni Titolo: «Produzione e ricerche. Ora Netanyahu stringe con Moderna e Pfizer - Austria e Danimarca, strappo Ue: 'Accordo con Israele sulle fiale'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 03/03/2021, a pag. 11, il commento di Sharon Nizza dal titolo "Produzione e ricerche. Ora Netanyahu stringe con Moderna e Pfizer"; con il titolo "Austria e Danimarca, strappo Ue: 'Accordo con Israele sulle fiale' ", la cronaca di Alberto d'Argenio, Tonia Mastrobuoni.
Tutti i quotidiani riportano l'accordo di Austria e Danimarca con Israele sui vaccini tranne uno, il Fatto Quotidiano, che censura la notizia. La linea ostile a Israele del Fatto non è nuova, ma l'omissione odierna è particolarmente significativa.
Ecco gli articoli:
Sharon Nizza: "Produzione e ricerche. Ora Netanyahu stringe con Moderna e Pfizer"
Sharon Nizza
Si apre domani a Gerusalemme il "vertice dei vaccini", con l’incontro tra il premier israeliano, il cancelliere austriaco e la prima ministra danese. Sono tre dei First mover, sette Paesi considerati virtuosi nella lotta al Covid che nei mesi scorsi hanno creato un’alleanza per condividere strategie di contenimento della pandemia. L’idea era stata di Kurz, dopo aver ricevuto a inizi marzo 2020 una telefonata di Netanyahu – una «wake up call », l’ha definita il Cancelliere: «State sottovalutando la cosa in Europa». Da consultazioni virtuali si parla ora di un consorzio per la produzione di vaccini efficaci con le diverse mutazioni. Netanyahu ne parla da settimane, affer-mando di essere in trattative con Moderna per l’apertura di un centro di ricerca e sviluppo in Israele e con Pfizer per lo stabilimento di un centro di produzione vaccinale, che sembra troverà dimora a Yeruham, nel Negev. Altri potenziali investitori già sentiti da Netanyahu sono Brasile e il neo alleato Bahrein. Israele ieri ha ufficializzato la decisione di inoculare con una sola dose anche chi è guarito dal Covid, a tre mesi dalla convalescenza, mentre si fa concreta la possibilità che sia necessario un richiamo dopo sei mesi. Gli occhi ora sono puntati all’attesa visita in Israele di Albert Bourla, il Ceo di Pfizer, prevista la settimana prossima. Lo stesso Bourla ha parlato del successo del «laboratorio Israele»: nei giorni scorsi uno studio su 1,2 milioni di israeliani, il più ampio realizzato sul preparato Pfizer, ne ha confermato l’efficacia al 94%. E di certo la casa farmaceutica, mentre conduce i test clinici per estendere la copertura vaccinale agli under 16, guarda alle vaccinazioni di centinaia di bambini tra i 12 e i 16 anni che da settimane vengono inoculati in Israele – casi straordinari con malattie pregresse e che finora non hanno riportato effetti collaterali. Continua anche l’apertura graduale dell’economia israeliana: palestre, piscine, hotel, teatri e cinema iniziano a funzionare secondo le direttive del "pass verde", che per ora limita l’ingresso ai vaccinati e ai guariti. Da domenica si aggiungeranno anche sale eventi e ristoranti.
Alberto d'Argenio, Tonia Mastrobuoni: "Austria e Danimarca, strappo Ue: 'Accordo con Israele sulle fiale' "
Alberto D'Argenio
Tonia Mastrobuoni
Prima di partire per Israele, dove domani incontrerà Benjamin Netanyahu, Sebastian Kurz lancia la bomba: Austria e Danimarca «non intendono più affidarsi alla Ue e svilupperanno insieme a Israele i vaccini di seconda generazione contro le mutazioni del coronavirus e faranno ricerca comune per le cure». Vienna e Copenaghen puntano il dito contro la lentezza dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, che in assenza della corsia preferenziale delle procedure d’emergenza ha impiegato più tempo degli Usa o del Regno Unito per il via libera ai primi immunizzanti. I due "frugali" rompono il fronte europeo per convergere con il Paese che vanta il più alto numero dei vaccinati al mondo. E la Ue è già terremotata dalla decisione di alcuni Paesi dell’Est come Ungheria, Slovacchia, Repubblica ceca, Estonia ma anche della Croazia di rivolgersi alla Russia per ottenere il vaccino Sputnik anticipando un eventuale ok dell’Ema, che non ha ancora ricevuto la richiesta di autorizzazione da Mosca. Tanto che la Lega a vocazione populista si è risvegliata e in un comunicato ha fatto sapere che la mossa di Vienna e Copenaghen «rappresenta l’ennesima e clamorosa conferma del fallimento della strategia portata avanti finora da Bruxelles». Kurz e la premier danese Mette Fredriksen lanciano la sfida alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ma anche ad Angela Merkel, sponsor dell’affidamento a Bruxelles dei negoziati con le case farmaceutiche. «In linea di principio », ha sottolineato il cancelliere austriaco, «è giusto affidarsi alla Ue». Ma oltre alla lentezza dell’Ema, Kurz punta il dito contro «i colli di bottiglia nelle produzioni». Una fonte governativa austriaca fa notare che «stiamo parlando di intese future, che potrebbero valere a partire dall’autunno del 2021, e che non intendono essere alternative, ma complementari agli accordi europei». Per questa ragione, nonostante la tensione che si respira a Bruxelles, per ora la Commissione europea preferisce mostrare di credere che la mossa di Kurz sia ad uso interno dell’opinione pubblica austriaca. E così il portavoce dell’Eurogoverno commenta: «Gli Stati membri hanno sempre avuto la possibilità di chiudere contratti con compagnie che non rientrano nella strategia Ue. Il Covid colpisce tutti e le lezioni che possiamo imparare da approcci diversi, di diverse parti del mondo, sono sempre ben accolte, ci possono rafforzare". Von der Leyen ieri ha comunque tenuto a ribadire che sta lavorando per dotare anche l’Ema di una procedura d’emergenza. Servirà per i prossimi vaccini, ma non per Johnson& Johnson, il cui via libera Ue è atteso per l’11 marzo, in ritardo rispetto ai partner internazionali. Von der Leyen ha anche rimarcato che prosegue l’impegno ad aumentare entro un paio di mesi la produzione dei sieri nel continente con il lavoro del titolare dell’Industria di Bruxelles, Thierry Breton. L’iniziativa di Kurz e Fredriksen nasce dal "Gruppo first mover", che da aprile del 2020 riunisce le europee Austria, Danimarca, Norvegia, Grecia e Repubblica ceca con Israele, Singapore, Australia e Nuova Zelanda. Per ora non hanno aderito altri Paesi, ma da Vienna non escludono che non accada in futuro. La Danimarca ha già fatto di testa sua sulla strategia vaccinale adottando la "linea inglese" della monodose, estendendo i tempi per il richiamo. Una scelta che viola le raccomandazioni dell’Ema ma che si sta dimostrando vincente: Copenaghen è tra le capitali Ue più avanti nelle vaccinazioni. Nelle scorse settimane, Austria e Danimarca, insieme ai mediterranei, sono stati tra i paesi che hanno chiesto con maggior forza la creazione di un passaporto vaccinale. E anche su questo fronte, Kurz aveva minacciato accordi bilaterali in assenza di un’intesa europea. Che poi è arrivata.
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